Dario Di Vico, Corriere della Sera 30/03/2010, 30 marzo 2010
E IL CARROCCIO NEO LABURISTA CONQUISTO’ OPERAI E PADRONI
La Darimec fa ingranaggi meccanici ed è una piccola azienda subfornitura di Segrate. Il direttore Cordiano Dagnoni l’ha messa a disposizione della Lega per presentare i candidati alla Regione. E Giancarlo Giorgetti, vestito con una felpa alla Lapo con super-scritta «Lombardia», ha fatto notare che Roberto Formigoni invece le liste le aveva presentate al teatro Dal Verme. Enrico Bracalente è un imprenditore calzaturiero marchigiano, prima vicino al Pdl e ora leghista sfegatato. Il marchio «Nero Giardini» è conosciuto dappertutto e grazie al suo impegno Fermo è diventata uno degli avamposti leghisti nel Centro Italia. Renato Cecchi è il titolare della Rifinizione Santo Stefano, una delle aziende tessili pratesi di maggior prestigio, ha ospitato Pierluigi Bersani dopo la vittoria delle primarie ma poi ha chiamato la Lega in fabbrica per presentare i candidati. Umberto Bossi, del resto, ai suoi aveva detto di fare campagna «sul lavoro» e i risultati sono venuti. A dimostrazione che tra Carroccio e imprenditori c’è una vicinanza antropologica che vale non solo per i tradizionali insediamenti (Varese) ma anche a Fermo e a Prato.
Nel Varesotto la passione per la Lega la parola «museo» ricorre spesso e i leghisti ne propongono dappertutto, magari in versione di eco-museo come nella valle Olona. L’intento è conservare le culture locali e rassicurare le comunità sul rischio di perdita di identità. A Lecco l’ipotesi di lavoro di Roberto Castelli è rivitalizzare la tradizione manzoniana e lanciare Renzo & Lucia come testimonial della città nel mondo.
Rassicurare vuol dire mettere al primo posto le risposte alla paura dei cittadini. Uno degli atti più significativi della campagna elettorale leghista è stato a Verona l’inaugurazione di un nuovo e avanzato sistema di videosorveglianza, che con tecnologie Ibm e Italtel integra e mette in rete tutte le telecamere presenti sul territorio cittadino, comprese quelle dei privati cittadini. Finora ne sono state censite 400 ma si pensa di arrivare a un network orwelliano di 3 mila. A Brescello, il paese di Don Camillo e Peppone, la Lega ha fatto campagna contro la presenza in paese di 2 mila calabresi provenienti dalle zone di Cutro e Isola Capo Rizzuto. L’accusa, nemmeno tanto velata, è quella di aver traslocato in Emilia le famiglie della ”ndrangheta. A Prato la Lega ha addirittura diffuso un volantino finto-cinese in cui gli asiatici annunciavano la già avvenuta invasione della città. E Zaia in Veneto ha promesso che mai e poi mai permetterà la nascita di una Chinatown a Nordest. Ma la novità più importante dovrebbe venire dalla Lombardia: Andrea Gibelli pensa a conquistare per la Lega l’assessorato all’Urbanistica e vuole proporre il modello Harlem, un’esperienza che lo ha affascinato e che dovrebbe combinare sicurezza e riqualificazione delle aree dove vivono le concentrazioni di immigrati. Primo banco di prova: via Padova aMilano. Auguri. e per l’impresa convivono. Tanti parlamentari, da Marco Reguzzoni a Massimo Garavaglia, sono titolari di azienda e quando vanno a Roma sono le mogli a farla funzionare. Non è un caso quindi che le richieste dei Contadini del tessile per regolamentare il made in Italy e mettere le briglie agli stilisti siano nate in un capannone di Busto Arsizio e poi diventate legge dello Stato, grazie innanzitutto alla spinta degli deputati con il fazzoletto verde.
L’immedesimazione tra leghismo e Piccoli è così forte che gli uni e gli altri diffidano persino delle aggregazioni tra imprese e rimangono tifosi dell’individualismo proprietario. Il nemico comune è la concorrenza dei prodotti cinesi, le parole che ricorrono più spesso – sottovoce ma non tanto – sono «dazi» e «protezionismo». Un passo dopo Pechino nella lista nera ci sono i banchieri e capita che un leghista nelle assemblee degli artigiani racconti per filo e per segno le peripezie a cui è stato costretto dal direttore di filiale. La campagna i leghisti l’han fatta battendo le aziende, esaltando la rinascita del distretto del vetro di Murano, aprendo uno sportello per le Pmi direttamente in via Bellerio, coprendo scientificamente qualsiasi istanza nata sul territorio. A Torino la Lega ha sostenuto le proteste degli ambulanti contro il recepimento della direttiva europea Bolkestein che metteva a repentaglio le loro licenze. Lo stesso Bobo Maroni l’ha teorizzato, dichiarando che «noi siamo il sindacato territoriale del Nord, il Pdl ha un altro compito». Quale non l’ha detto.
Luca Zaia è eletto in una delle province dove la piccola impresa è tanto forte da esprimere anche il presidente dell’Unione industriali, ma a differenza dei leghisti lombardi mescola l’amore per le partite Iva con una forte adesione ai valori della civiltà contadina. E questa peculiarietà, oltre al cosiddetto doroteismo dei leghisti trevigiani, ha fatto sì che in molti accostino la sua azione a quella dei Rumor, i ministri dc veneti di una volta. La battaglia di Zaia contro gli Ogm unita all’iniziativa per l’hamburger McItaly ha sicuramente fatto breccia. Il neo-governatore del Veneto ha un’altra particolarità: si dichiara sostenitore del neo-laburismo, niente a che vedere con Tony Blair ma un credo politico dove la laboriosità dell’industriale, del contadino e dell’operaio hanno la stessa valenza. Il politologo Piero Ingnazi sostiene, per esempio, che più è diffusa la piccola proprietà terriera più la Lega penetra.
L’attenzione per il territorio porta a sposare qualsiasi battaglia. A Trevenzuolo la Lega ha fatto campagna contro la creazione dell’autodromo Veneto Motor City e promettendo di mobilitarsi per fermare il passaggio quotidiano in paese di 300-400 camion. Il senatore Garavaglia ha rivolto un altolà addirittura al ministro del turismo Michela Brambilla, che voleva presentare in Consiglio dei ministri un provvedimento per incentivare la costruzione di campi di golf. A Brescia il Carroccio si è impegnato a sostenere l’abbattimento delle Torri di S. Polo ideate dall’architetto Leonardo Benevolo. In quest’ansia di aderire alle rivendicazioni territoriali
Dario Di Vico