ATTILIO BOLZONI, la Repubblica 29/3/2010, 29 marzo 2010
DON RAFFAELE, IL LEGHISTA DEL SUD
L´ultima volta che ha parlato in pubblico è stato un po´ più borioso e insolente del solito persino con i suoi amici di sempre. Ha detto l´altro giorno: «Siamo al crepuscolo del berlusconismo». E ha annunciato l´altro giorno: «Dopo le elezioni regionali noi ripartiremo con il Partito del Sud». Dopo le elezioni regionali ripartirà da dove era partito anche l´altro governatore della Sicilia: da un sospetto di mafiosità. E´ il destino che tocca a tutti i potenti dell´isola, i troppo potenti e prepotenti.
Dopo Totò Cuffaro anche Raffaele Lombardo entra nel labirinto del «concorso esterno», telefonate ambigue, relazioni pericolose, amicizie fatali. Proprio lui che si vantava di non volere stringere la mano a nessuno, che non era come quel Totò vasa vasa che si mischiava con tutti a battesimi e matrimoni e prime comunioni in ogni paese e in ogni borgata della città. Proprio lui che ci teneva alla fama di gelido, uno che non dava confidenza a nessuno tanto da sembrare un robot pieno di manie e di fobie. Era la sua forza in una Sicilia che cambia ma che non cambia mai. E si sentiva forte Raffaele Lombardo, fortissimo, l´incontrastato signore dell´isola. E anche tanto protetto nella sua Catania, ridotta a un feudo dove controllava pure l´aria che si respira, un califfo. E però, proprio da Catania, è arrivato il colpo mortale: le accuse d´intrattenere rapporti con gli eredi dei Santapaola, i peggiori mafiosi mai visti nella Sicilia che sta a oriente.
Moralizzatore (a parole) a Palermo e invasore di ogni palazzo di potere a Catania, tagliatore di teste nelle province che furono regno dell´ormai odiatissimo Cuffaro e procacciatore di poltrone dall´altra parte dell´isola, dichiarazioni di guerra ai baroni della Sanità ad Agrigento e dichiarazioni di pace con quelli di Caltagirone e Piazza Armerina, un dottor Jeckill e un mister Hide ecco che cosa è stato il governatore Raffaele Lombardo in questi quasi due anni al comando di una Regione che è sempre un Eldorado. Mese dopo mese ha dedicato tutto se stesso per cancellare le influenze del «cattivo» Cuffaro (un vecchio amico che non ha esitato a tradire alla prima occasione) e a presentarsi sulla scena politica come l´innovatore, il «moderno», l´incorruttibile, l´efficiente, il duro che non scende a patti con nessuno. Ha riempito la sua giunta di magistrati, ha chiamato accanto a sé imprenditori di nome, si è circondato di facce pulite per continuare a fare quello che aveva fatto - ma senza mai nascondersi - il suo predecessore. Quell´altro fermo sempre alle Madonne e all´antico amore democristiano, lui - Raffaele - sempre più «leghista». Del Sud. Sempre più infervorato con l´autonomismo, sempre a chiedere «zone franche» per la Sicilia, sempre a parlare di federalismo e sempre a marciare per protesta contro il Ponte che non si fa più. Intanto ha raccattato tutti i «cuffariani» che poteva raccattare.
A Gianfranco Micciché qualche giorno fa ha dato un ultimatum: «Ti devi decidere: o stai con il Pdl o con noi del Partito del Sud». A quelli del Pd ha lanciato l´amo: «Non escludo possibili accordi futuri di governo con voi». Abile prestigiatore, un vero giocoliere. Alle regionali sarde si era alleato con la destra di Francesco Storace, alle Europee dell´anno scorso si diceva in sintonia perfetta con Vendola e Bassolino e Loiero «per difendere tutti insieme gli interessi del Mezzogiorno». Destra, sinistra, ex fascisti, ex e post comunisti: sta con tutti e con nessuno. E´ uno che è stato solo e sempre con se stesso Raffaele Lombardo.
Il suo nome alcuni mesi fa affiorò in una «breve» di cronaca sulle pagine interne dei quotidiani locali: «Archiviata dalla procura di Catania un´indagine di mafia che ha sfiorato il governatore». Sette righe per raccontare il fatto. «A me avete dedicato intere collezioni di giornali per molto meno», si lamentò Totò Cuffaro. Archiviata e a quanto pare riaperta quell´indagine di mafia che sembrava sepolta per sempre.
Il suo nome qualche giorno fa è circolato anche per quell´architetto che chiedeva udienza da lui, quel Giuseppe Liga arrestato come mafioso, uno che andava in giro per Palermo a cercare «angeli da fare», picciotti da combinare, da far diventare mafiosi. Chissà che cosa si saranno mai detti il governatore e l´architetto? Chissà se il governatore si sarà mai accorto di certi personaggi che ogni mattina arrivano nelle alte stanze della sua Regione per trattare e trafficare, barattare e appaltare. Uomini senza passato e uomini con una «storia». Come quel Tonino Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano arrestato per mafia (assolto) e traffico di stupefacenti (condannato) che fino a un paio di anni fa era in contatto epistolare con Matteo Messina Denaro, il latitante di Cosa Nostra più ricercato del momento. Si scrivevano lungissime lettere: Vaccarino si firmava «Svetonio» e Matteo Messina Denaro si firmava «Alessio». L´ex sindaco, che ha sempre avuto buoni amici anche nel servizio segreto civile, dicono che sia diventato un abituale frequentatore anche della Presidenza della Regione Sicilia. Chi saranno mai lì dentro i suoi amici?