STEFANO SEMERARO, La Stampa 30/3/2010, pagina 52, 30 marzo 2010
YANKEES, UNA SQUADRA DI NABABBI
Modesto suggerimento ai professionisti dello sport: se badate al soldo, oltre che alla gloria, vi conviene scegliere il baseball e cercare di farvi ingaggiare dai New York Yankees.
I bombardieri del Bronx infatti non sono solo uno dei 5 team sportivi più famosi del mondo, insieme a Ferrari, All Blacks, Real Madrid e Manchester United, ma anche la squadra che «paga» meglio del pianeta. Lo sostiene uno studio inglese, il primo Annual Review of Global Sports Salaries (ARGSS), che verrà pubblicato questa settimana da Sporting Intelligence e che monitorizza i migliori 211 team dei principali sport pro del mondo, dal calcio al baseball, dal football americano al basket, all’hockey su ghiaccio, al cricket.
Uno yankees «medio», secondo lo studio, guadagna quasi 5,2 milioni di euro all’anno, contro i 4,7 di un «galactico» del Real Madrid, i 4,5 di un blaugrana del Barcelona, i 3,9 di un blue del Chelsea, e i 3,7 di un cestista dei Dallas Maverick, la squadra Nba di Dirk Novitski. Le prime 30 posizioni della classifica sono dominate da franchigie della Nba e della Mlb, le due grandi leghe pro americane di basket e baseball, non comprendono nessuna squadra di calcio italiana, ma includono anche tre team della Indian Premier League, la danarosissima serie del campionato indiano di cricket «Twenty20» che nel ranking per leghe si piazza seconda, con un valore stimato di 4,3 miliardi di dollari, appena dietro la Nba, e nettamente davanti alla Premier League inglese (quarta), che pure è il campionato di calcio più ricco del mondo.
Del resto l’Asia è il più popoloso dei continenti, e un mercato sportivo in grande espansione. Kevin Pietersen, il giocatore di cricket meglio pagato della IPL l’anno scorso ha incassato poco più di 1,1 milione di euro, ma per appena sei settimane di lavoro, e gli stipendi medi della NPB, la lega pro giapponese di baseball, sono superiori a quelli della nostra Serie A di calcio.
Va detto che «l’intrusione» di tre club calcistici al secondo, terzo e quarto posto del ranking ARGSS è favorita dal fatto che nel calcio europeo non esiste il salary cap (che è stato invece introdotto nel rugby inglese), ovvero la limitazione al monte-stipendi che costringe le squadre delle grandi leghe americane - specie quelle del football e dell’hockey su ghiaccio - a complicatissimi calcoli e a dolorose rinunce. Così a fare bella figura, o una figura da spendaccione, a seconda dei punti di vista, è il calcio spagnolo, che piazza i suoi due gioielli davanti al «Chelsky» di Mr Abramovich, proprio nel momento in cui il paese è colpitissimo dalla crisi economica. Madridisti e catalani, anche loro indebitati, possono permettersi di pagare stipendi faraonici e fare piazza pulita di campioni grazie al sistema dell’azionariato popolare e ad alcuni oculati investimenti extra-calcistici (nel caso del Real l’operazione immobiliare a Valdebebas), ma l’assenza di un limite al budget può provocare sconquassi finanziari, e l’esempio è proprio la Premiership inglese (o la nostra serie A, con 2 miliardi di debiti), dove molti club hanno bilanci disastrati o addirittura, vedi il Portsmouth, fallimentari. Il Manchester United, non a caso solo 14esimo nella classifica (2,9 milioni di salario medio), è stato acquistato nel 2005 dall’americano Malcom Glazer. Nel 2009 ha annuciato 322 milioni di euro di introiti, ma nel gennaio di quest’anno Glazer ha dovuto rifinanziare il debito strutturale del club emettendo obbligazioni «a rischio» per 575 milioni euro. Risultato: i debiti stimati dei Red Devils si aggirano attorno agli 800 milioni di euro. La possibilità di assumere e foraggiare grandi stelle passa anche attraverso la capacità e la modernità degli impianti, ma gli Yankees - che girano 21 milioni di euro ad Alex Rodriguez - a differenza del Real sanno di dover pagare due volte certe campagne acquisti «galattiche». Il salary cap del baseball si chiama luxury tax e colpisce, in maniera percentuale e progressiva, chi eccede il budget stabilito: l’anno scorso a sforare sono stati Boston, Anheim, Detroit e appunto gli Yankees, ma i newyorchesi hanno pagato il 95 per cento del salasso, oltre 164 milioni di dollari, che la MLB ha provveduto a reinvestire nel business a beneficio dei club minori. Capitalismo sportivo sì, ma etico.