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 2010  marzo 30 Martedì calendario

Auslander Shalom

• Monsey (Stati Uniti) 1970. Scrittore • «[...] l’irriverentissimo, si può dire blasfemo, e ironicissimo autore del Lamento del prepuzio, un uomo [...] cresciuto nella comunità ebraica ultraortodossa di Monsey, New York, tra rabbini e genitori che secondo lui gli insegnavano solo a temere l’ira di Dio (nell’aldilà bollirai eternamente nello sperma che hai sprecato, piuttosto che il Signore è così potente che ti può annientare se tu non adempi a tutti i 613 precetti dell’Halachà!) [...]» (Susanna Nirenstein, ”la Repubblica” 30/3/2010) • «’Quand’ero bambino i miei genitori e i miei insegnanti mi raccontavano di un uomo che era molto forte. Mi dicevano che era capace di distruggere il mondo intero. Mi dicevano che era capace di sollevare le montagne. Mi dicevano che era capace di dividere le acque del mare. Era importante che tenessimo quell’uomo di buon umore. Quando obbedivamo ai suoi comandamenti, gli eravamo simpatici. Gli eravamo così simpatici che uccideva chiunque non ci amasse. Ma quando non obbedivamo ai suoi comandamenti, non gli eravamo simpatici. Ci odiava. Certi giorni ci odiava tanto da ucciderci; altri giorni lasciava che ci uccidessero altri. Noi chiamiamo questi giorni ”giorni di festa’. Purim è quando cercarono di ucciderci i persiani. Pesach è quando cercarono di ucciderci gli egiziani. Chanukah è quando cercarono di ucciderci i greci”. Così comincia Il lamento del prepuzio [...] figlio di una coppia di ebrei ortodossi così autoritari (padre falegname, madre casalinga) che alla domanda ”Che cosa avrebbe fatto se non avesse scritto queste memorie?” – consigliate da uno psichiatra – risponde: ”Sarei morto”. E dopo aver spiegato di aver dovuto troncare ogni rapporto con la famiglia, spiega: ”Mi sarei ammazzato, senza ombra di dubbio. [...] anni fa ci sono arrivato veramente vicino. La sola ragione per cui mi sono rivolto a uno psichiatra è che avevo una moglie che amavo, e ho pensato: glielo devo. Altrimenti, suicidarsi è la sola soluzione sensata quando hai la testa piena di cose che rendono ogni momento della tua vita insopportabilmente doloroso”. Salvo aggiungere con un sorriso malizioso: ” anche il più grande atto di ribellione contro un Dio che può controllare tutto tranne quel gesto. Per questo ti insegnano fin da piccolo che il suicidio è il peccato più grave di tutti”. Prima di diventare una celebrità grazie alla radio e al ”New Yorker” che hanno anticipato Il lamento del prepuzio scatenando un polverone (’Ho ricevuto centinaia di e-mail d’odio e di minacce. Fortuna che quando il libro è uscito e la gente lo ha letto, si è accorta che non l’ho scritto per sostenere che la religione ebraica è terrorizzante e abusiva, ma che così è stata insegnata a me”), Shalom Auslander scriveva pezzi comici per ”Harper’s” (’l’umorismo è l’unica cosa che renda la vita sopportabile”), racconti (la raccolta Beware of God) e lavorava in pubblicità, nascosto con la moglie Orly nei boschi di Woodstock, il più lontano possibile dal suo ambiente d’origine, ”dove era proibito mangiare carne di vitello insieme ai latticini. Per cui se uno aveva mangiato del vitello, gli era proibito mangiare latticini per sei ore; e se aveva mangiato latticini, non poteva mangiare vitello per tre ore. E a tutti era proibito mangiare maiale, almeno fino all’avvento del Messia, giorno in cui i malvagi sarebbero stati puniti, i morti sarebbero risorti e i maiali sarebbero diventati kosher”. Nell’attesa di tutto ciò, Shalom cresce cercando di schivare i pugni di suo padre e le polpette consolatorie di sua madre, studiando alla Yeshiva e introiettando insegnamenti minacciosi come ”l’uomo pianifica, dicevano i miei genitori, e Dio ride”, nella consapevolezza che per sua madre ”guidare l’automobile di Shabbat è finire il lavoro che Hitler ha cominciato”, che per un uomo come suo padre ogni nemico è un nazista. E che siccome in una sola eiaculazione muoiono cinquanta milioni di spermatozoi (come gli spiegano quando raggiunge la pubertà) ogni volta che Shalom si masturba ”fanno circa nove olocausti, il che mi rendeva colpevole di genocidio dalle tre alle quattro volte al giorno”. Altre tentazioni peccaminose per un giovane ortodosso sono la pizza non kosher, i marshmallows e gli hamburger di McDonald. E Il lamento del prepuzio continua nel racconto di una perdizione adolescenziale fatta di orge di cibo non kosher, giornali pornografici e spinelli, fino al momento in cui l’autore s’innamora, si sposa e scopre che sta per diventare padre. ”E a quel punto ho cominciato a pensare a me stesso come a Mosè che porta in salvo gli ebrei ma muore prima di arrivare alla Terra Promessa. E a dirmi: forse non mi libererò mai di questo Dio vendicativo che si è avvinghiato ai miei anni formativi, ma posso portare mio figlio a una Terra Promessa dove non c’è alcun Dio. Ed è questo il vero argomento del mio libro”. Un’ode all’agnosticismo, dunque. Peccato che malgrado non sia più osservante, Shalom Auslander sia rimasto ”penosamente, straziatamente, incurabilmente, miserabilmente religioso”, il che alla luce di quanto ha raccontato [...] significa che vive nel terrore che Dio si vendichi di questo suo imperdonabile libro. ”Quindi ti prego, Dio – scrive nella pagina finale che di solito gli autori dedicano ai ringraziamenti – non uccidere mia moglie a causa di questo libro. Non uccidere mio figlio e non uccidere i miei cani. Se devi per forza uccidere qualcuno, uccidi Geoff Kloske alla Riverhead Books (il suo editore ndr). Uccidi David Remnick del ”New Yorker’, e uccidi Carin Besser, che è qui in fondo al corridoio... e se voi uccidi anche Craig Markus (che ha disegnato la copertina ndr) ... ma non uccidere me. E non uccidere Orly. E non uccidere nostro figlio. Dopotutto è solo un libro!”» (Livia Manera, ”Corriere della Sera” 14/1/2009).