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 2010  marzo 28 Domenica calendario

LA 3D MANIA SPACCA IL MERCATO DEL CINEMA

La data che toglie il sonno a mezza Hollywood è il 2 aprile, venerdì di passione e giorno di uscita negli Stati Uniti di «Clash of Titans». Perché lì si capirà se il 3D, dopo gli incassi record di «Avatar» e di «Alice in Wonderland», è la bacchetta magica che salverà il cinema nelle sale oppure un costoso giocattolone che uscirà dalle nostre vite alla stessa velocità in cui ci è entrato. «Scontro di Titani» è un polpettone con gli dèi dell’Olimpo, remake di un vecchio film con Laurence Olivier e Ursula Andress e, secondo voci di corridoio, tutt’altro che un capolavoro. stato girato in modo tradizionale. Il fatto è che, dopo, temendo il flop, la Warner ha deciso di riconvertirlo in 3D, per la modica cifra di 5 milioni di dollari. Risultato: anteprime di gran successo e produttori che sperano di averla scampata. Ma anche grandi polemiche, perché il 3D è una risorsa tecnica eccellente, a patto che sia bene applicata. Un mezzo e non un fine; soprattutto, non un trucco per coprire le magagne di una sceneggiatura. James Cameron, autore di «Avatar», colui che, letteralmente, ha aperto il vaso di Pandora delle immagini in rilievo, è stato chiarissimo.
Chi fa i giochi di prestigio dell’ultimo momento rischia di mettere in gioco un prodotto scadente capace di rovinare il mercato a tutti noi che ci abbiamo creduto fin dall’inizio». E che ci hanno investito un sacco di soldi, visto che Cameron ha brevettato (e produce) una rivoluzionaria macchina da presa per il 3D, che permette al regista di controllare già sul set l’efficacia delle riprese. Tim Burton, dall’alto degli incassi della sua «Alice» (265 milioni di dollari solo negli Stati Uniti, dati del 21 marzo), riassume: «Avremo buoni film in 3D e brutti film in 3D, come accadde col sonoro. Ma io non lo considero un trucco e basta. A me, per esempio, è servito a rendere quella storia e quel mondo». Insomma, un conto è se ti disegna intorno un pianeta in cui perderti, un conto se serve a scagliarti negli occhi oggetti contundenti o peggio ancora il nome del regista in caratteri gotici.
Ma il fatto è che, ora, tutti lo vogliono. E non c’è allarme sulle infezioni da occhialini che tenga. Racconta Luigi Branca, direttore commerciale della Cinemeccanica, l’azienda leader nel mercato tra quelle che attrezzano le sale in Italia: «Non riusciamo a star dietro alle ordinazioni, un boom che nessuno avrebbe potuto prevedere. La grana degli occhialini? Congelata per le elezioni, in attesa che un tavolo con ministero della Salute e gestori delle sale esamini tutta la documentazione. Mi chiedo però perché all’estero nessuno si sia mai sognato di sollevare il problema. Viene soltanto ai bambini italiani la congiuntivite?». Lionello Cerri, produttore cinematografico ed esercente, considera il 3D come «un modo per re-insegnare agli spettatori la strada per andare al cinema». A prezzo maggiorato, aggiungiamo noi: chi ci dice che la famiglia che sarebbe andata due volte al cinema in una stagione, così non si limiti a una? «Non possiamo lavorare sulle ipotesi. Chi ci dice che non ci sarebbe andata affatto?». C’è anche chi è certo che questi film, alla fine, penalizzino il cinema italiano. «Ma il cinema italiano ha un problema con quello hollywoodiano, mica solo con quello in 3D. Le demonizzazioni non servono. Io credo che ci sia posto per i film spettacolari ad alto contenuto tecnologico e per quelli d’autore».
Come accadde negli Anni Cinquanta, quando per arma-fine-di-mondo contro la tv si sfoderò una forma rudimentale di proiezione stereoscopica, e allora furono baracconi come «Bwana Devil» e «House of Wax» (ma anche capolavori come «Delitto perfetto» di Hitchcock, e quel telefono in rilievo che squillava nel momento fatale una certa impressione la provocava), oggi, assediati dalla pirateria e dagli scaricatori in Internet, i cervelloni hanno riscoperto l’uovo di Colombo. Finora gli ha detto bene: «Avatar» in tutto il mondo ha superato i 2 miliardi e 6 di dollari d’incasso. Al tempo della guerra fredda, la nemesi del primo 3-D fu il Cinemascope. Oggi potrebbe essere l’effetto «il troppo stroppia». Non se insieme agli effetti speciali arriveranno anche le idee speciali.