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 2010  marzo 10 Mercoledì calendario

Giallo sul testamento di don Gianni Baget Bozzo. Il consigliere politico di Berlusconi, morto l’8 maggio scorso, non ha lasciato nulla alla Chiesa e poco all’amatissima famiglia, nominando erede universale il medico genovese Patrizio Odetti

Giallo sul testamento di don Gianni Baget Bozzo. Il consigliere politico di Berlusconi, morto l’8 maggio scorso, non ha lasciato nulla alla Chiesa e poco all’amatissima famiglia, nominando erede universale il medico genovese Patrizio Odetti. In particolare, Odetti ha ereditato sette fra alloggi e negozi, valutabili occhio e croce in un paio di milioni di euro, oltre a tutti i diritti d’autore e a tutti gli oggetti di casa. Il medico, geriatra di fama, ha assicurato al Secolo XIX che non intende intaccare il patrimonio, «ma impiegarlo per allestire un centro studi che onori la sua memoria». Il testamento è stato depositato il 7 febbraio 2000 presso il notaio Rosaria Bono di Genova e prevede la revoca «di ogni altro mio precedente», perché don Gianni ne aveva redatti parecchi in diversi momenti della sua vita. Pare tuttavia che avesse un appuntamento con un avvocato romano, il 25 aprile 2009, per sistemare definitivamente la questione; e l’incontro sia saltato a causa di un inconveniente aereo, e poi non sia più avvenuto per l’insorgere della malattia. Ultimamente aveva ribadito l’affetto per la Chiesa genovese, della quale era stato prete ribelle ma orgogliosissimo, e per la famiglia Bozzo che l’aveva allevato. Perché non ha lasciato nulla alla cattedra di San Lorenzo? E come mai pochissimo alla famiglia? Anche il partito che aveva contribuito a crescere è rimasto fuori dal testamento, e così pure l’amata rivista Ragion Politica: e persino l’orologio d’oro, regalo di Silvio Berlusconi, è stato assegnato al geriatra. «Io non credo - riflette Patrizio Odetti - che don Gianni volesse punire la Chiesa per come era stato trattato. Siri lo aveva sospeso a divinis, ma mi raccontava che quando lo convocò per comunicarglielo fu affettuosissimo. Don Gianni, gli disse il cardinale, io so che tu fai politica per avvicinare chi non vive in Cristo, e io sono con te: ma come ministro di Santa Romana Chiesa non posso permetterlo». Amici intimi, Odetti e Baget Bozzo? «Dagli anni Settanta. Ne ho seguito il percorso spirituale, l’evoluzione politica, la salute. Quando si è ammalato di tumore, la diagnosi gliel’ho fatta io. E sono stato il primo ad ascoltare quella sua battuta sdrammatizzante, sono un tumorato di Dio...». Di fronte all’eredità, ricorda il geriatra, «sono caduto dalle nuvole. Poi mi sono detto che forse don Gianni aveva pensato a me per fare qualcosa di buono, e allora mi è venuta l’idea del centro studi. Vorrei annunciarlo entro l’anniversario della sua morte, l’8 maggio. Se poi non ci riuscirò, vorrà dire che farò della beneficenza». Alla cugina Francesca Tedeschi sono andati un appartamento e un po’ di soldi, mentre più cospicui benefici - considerato il grado di confidenza - sono stati ereditati da personaggi più lontani. Un sesto «del denaro liquido, titoli, quote, azioni e attività bancarie in genere «al parroco di Torrazza don Sergio Simonetti (a lui anche un appartamento in Carignano), un sesto «al signor Saverio Soldani», un sesto «alla signora Angela Volpini Prestini» di Santa Margherita di Straffora, in provincia di Pavia», che aveva frequenti visioni della Madonna. Un altro appartamento «in via Mura delle Cappuccine al dottor Giorgio Sacchi, ivi domiciliato», e poi basta. I libri al professor Claudio Leonardi, la statua di Maria che teneva accanto alla poltrona al vecchio segretario Tiberio Santomarco. Ma nulla alla Chiesa genovese, clamorosamente, e neppure alla parrocchia del Sacro Cuore della quale era cappellano. Il parroco, don Rocco Denisi: «Anch’io mi aspettavo qualcosa, non per me ma per la comunità. Non è andata così. Amen». Un gesto polemico? L’anomalia avrebbe dovuto essere sanata il 25 aprile 2009? Oppure, come qualcuno mormora, ci sarebbe un altro testamento in giro, più recente rispetto a quello del 2000? Con la cugina Albertina, per esempio, il rapporto di don Gianni era più che fraterno, i due erano cresciuti insieme. Pensava di sopravviverle, visto che l’ha assolutamente ignorata? In un secondo documento venuto alla luce dopo la morte, che porta la data del 27 agosto 2000 (nell’occasione don Gianni assegna i libri e la statua di Maria) ci sono le disposizioni per la sepoltura. Una tomba semplice, a Santa Margherita di Straffora dov’è anche una zia paterna. Giallo nel giallo: negli ultimi tempi, Baget Bozzo aveva confidato più volte agli intimi di voler riposare a Genova: c’è chi lo ricorda molto malato, debole, solo. Odetti ricorda invece che «non aveva paura della morte, citava spesso la massima di Seneca: la vita ci è stata data a patto di morire... E poi ripeteva che lui si sarebbe rimesso alla volontà del Piano di sopra. Era un grande». Sulla lapide don Gianni ha voluto la scritta latina Cor loquitur cor, il cuore parli al cuore: magari, un giorno, anche dell’eredità. Paolo Crecchi