Armando Torno, Corriere della Sera 29/03/2010, 29 marzo 2010
UNA DONNA INDAGHERA’ SUI SACERDOTI AUSTRIACI
La scelta della Chiesa Cattolica austriaca, annunciata dall’arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn, di nominare l’ex governatrice regionale Waltraud Klasnic «rappresentante indipendente» delle vittime per indagare sui casi di abusi sessuali, è dunque una novità. E invita a meditare sul ruolo della donna nella Chiesa. I cattolici, a differenza dei protestanti, non hanno conosciuto sacerdoti o vescovi del gentil sesso; meno che mai, cardinali o papi. La papessa Giovanna’ ne parla tra gli altri Giovanni Boccaccio nel De mulieribus claris – è una leggenda medievale (la complessa questione si trova nel saggio di Alain Boureau, intitolato appunto La papessa Giovanna, edito da Einaudi).
Eppure il ruolo della donna non fu marginale nel Nuovo Testamento. Tra i molti riferimenti, va ricordato innanzitutto quanto si legge nel capitolo 20 di Giovanni: Gesù risorto appare per primo a Maria di Magdala. Al Calvario le donne «che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme» (Marco 15,41) non abbandonano il Signore. E anche gli Atti degli Apostoli, dopo aver ricordato i nomi dei diretti seguaci di Cristo, sottolineano: «Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui» (1,14). Inoltre nelle comunità paoline sono numerose le donne (Atti 16,14; 17,4). Non sono che alcuni degli esempi possibili.
Di contro non mancano riferimenti biblici che ne hanno, per così dire, limitato il ruolo. Valga per tutti il celebre passo della Prima Lettera ai Corinzi di Paolo: «Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea » (14,34-35). Parole che, prese alla lettera, favorirono per secoli nelle chiese il solo canto degli uomini, avallando una pratica raccapricciante: dalla cappella Sistina e ai semplici luoghi consacrati le parti con i registri più acuti, riservate alle ugole femminili, erano interpretate dai castrati (l’ultimo, Alessandro Moreschi, morì nel 1922).
Eppure senza di esse non si può comprendere la rivelazione. Sante come Caterina da Siena o Teresa d’Avila, Maria Goretti o Rita da Cascia sono essenziali per cogliere non pochi aspetti della fede. Così come è necessario tener presente che il ripensamento della tradizione passa attraverso il loro ruolo. Rammentiamo la Woman’s Bible, la Bibbia della donna, edita nel 1895 da Elisabeth Cady Stanton; aggiungiamo che nello stesso periodo ci fu in Italia un «femminismo cristiano» che si vide respingere le proprie istanze dall’autorità ecclesiastica perché sospette di modernismo. Eppure tra le due guerre fu un’organizzazione come la Gioventù Femminile di Azione Cattolica, fondata a Milano da Armida Barelli, a radicarsi anche nelle piccole realtà e a diventare un riferimento per la Chiesa. Oggi, dopo Giovanni XXIII che ha riconosciuto quale segno dei tempi l’accesso della donna alla vita pubblica ( Pacem in terris) e Paolo VI che ricordò come nel magistero ecclesiale saranno definite «complementari» agli uomini, sino ad arrivare a essere «reciproche» ( Mulieris dignitatem di papa Wojtyla), le prospettive sono ulteriormente cambiate. Per comprendere la tendenza, occorre ricordare Giovanni Paolo II: nel 1995, indirizzandosi alla parte femminile la vigilia della conferenza dell’Onu di Pechino, reinterpretando il primo capitolo della Genesi, riconobbe a uomini e donne il comune compito di «produrre cultura».
Talune censure, poi, recano marca laica e non ecclesiastica. Prova ne fu nel 2005 la fotografia di Brigitte Neidermair, per reclamizzare una griffe di moda: venne fatta ritirare dalla magistratura francese, mentre in Italia l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria ne sconsigliò l’utilizzo. Ispirandosi al celebre dipinto di Leonardo, la Niedermair ha scattato un’Ultima Cena con sole modelle (e un uomo di schiena). Che dire? Che alla fondazione della Chiesa c’erano «loro»? Ora la foto è in mostra all’Accademia di Brera a Milano (Sala napoleonica, sino al 7 aprile), nell’ambito di una rassegna che offre echi e rilanci del capolavoro vinciano. Tra l’altro, all’inaugurazione è intervenuta la Cappella musicale «Pueri Cantores» di Rho, eseguendo deliziosi cori. E di essa fanno parte numerose donne.
Armando Torno