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 2010  marzo 29 Lunedì calendario

BUGIE, DIMENTICANZE, DISTRAZIONI. NEL CASO CLAPS NON SI SALVA NESSUNO

Un pentito che depista, un team di investigatori che commette una serie di errori, una cappa di omertà che parte dalla Chiesa di Potenza e si estende alla città. Il caso di Elisa Claps, sparita 17 anni fa, è l’esempio di una inchiesta di cui nessuno può andar fiero. L’unico risultato, per ora, è il ritrovamento del corpo, nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità. Una scoperta che sembrava casuale, dovuta ad alcuni operai. Sulla quale c’è ora più di un sospetto: perché da mesi il vice parroco sapeva dello scheletro in quella stanza ma, secondo il vescovo Superbo, si «era scordato di segnalarlo».
L’unico indagato era e resta Danilo Restivo. Due giorni dopo la scomparsa di Elisa, il 14 settembre 1993, la procura dispose l’intercettazione del telefono del ragazzo. Ma non perquisì l’abitazione, ritenendo che il controllo avrebbe compromesso la genuinità delle intercettazioni. Restivo venne arrestato per falsa testimonianza. Entrò in scena un ragazzo albanese: di lui si disse che scambiò un cenno d’intesa con Restivo prima di essere interrogato. Di sicuro emigrò, in Romagna, da dove era sparita, prima di un appuntamento in un convento, Cristina Golinucci.
Dal 1993 al 1999 non venne trovato alcun indizio utile a incriminare l’assassino (o gli assassini) di Elisa. Poi entrò in scena un collaboratore di giustizia. Disse che Michele Cannizzaro, marito della pm titolare dell’inchiesta, Felicia Genovese, aveva stretto un accordo con il padre di Restivo: cento milioni di lire per far insabbiare l’inchiesta sul figlio. E il fascicolo finì così a Salerno. Potenza non poteva più indagare, perché un magistrato di quella procura era sotto inchiesta. Una bugia. Ci sono voluti due anni ai pubblici ministeri di Salerno per stabilire che quel pentito mentiva. Intanto la polizia raccoglieva soffiate. Qualcuno, il 25 luglio 2001, informò gli agenti che lo scheletro di Elisa si trovava nella Chiesa della Trinità. Vennero perquisiti i sotterranei, non il sottotetto. Così sono stati necessari altri 9 anni per dare una tomba ai poveri resti di Elisa. Un disastro investigativo? No, per i pm di Salerno le indagini furono «penetranti e rigorose». Lo scrissero pochi giorni dopo la perquisizione nei sotterranei.
Luciano Ferraro