Giovanni Caprara, Corriere della Sera 29/03/2010, 29 marzo 2010
SE LA CINA INQUINATRICE DEL PIANETA PRIMA ANCHE NELL’ENERGIA PULITA
La Cina emerge dalle statistiche come il campione negli investimenti per tecnologie energetiche rinnovabili balzando davanti agli Stati Uniti. Nel 2009 Pechino ha speso 34,6 miliardi di dollari, quasi il doppio di Washington (18,6 miliardi). Nella classifica stilata dai ricercatori del Pew Charitable Trust americano delle cinque nazioni più impegnate su questo fronte seguono la Gran Bretagna (11,2 miliardi), la Spagna (10 miliardi) e il Brasile (7,4 miliardi). Nonostante la recessione globale c’è un costante impegno come mostra la parallela statistica della crescita della capacità installata nell’ultimo quinquennio. Qui il record è della Corea del Sud (+249%) davanti a Cina (+79%), Australia (+40%), Francia (+31%) e India (+31%).
Pechino intende ricavare 30 GigaWatt dalle rinnovabili nel 2020 corrispondenti al 15 per cento dell’intera produzione energetica. L’obiettivo è ambizioso e per questo giudicato dal Financial Times poco credibile. Tuttavia, se le cifre continueranno a crescere con questi ritmi, le promesse lanciate in occasione della inconcludente conferenza di Copenaghen saranno mantenute.
Ma accanto alla Cina virtuosa che sorprende c’è anche un Impero celeste con un’anima nera che continua a crescere. Già nel 2006 le emissioni di anidride carbonica avevano superato quelle degli Stati Uniti e la causa è principalmente legata all’intenso impiego del carbone di cui i cinesi sono i più grandi consumatori e produttori mondiali (40%). Nel 2009 il 68,7 per cento dell’energia è stato ricavato ancora dal carbone il quale alimenterà la quasi totalità delle 360 centrali termoelettriche che il piano energetico prevede di costruire. Dunque anche per questa fonte di cui Pechino non può fare ameno se vuol mantenere il suo ritmo di sviluppo ci sono valori da record.
Al di là dell’impegno ambientale i cinesi ripetono di voler essere i leader nella fabbricazione di nuove tecnologie rinnovabili e nel controllo del mercato relativo. Non a caso Phyllis Cuttino, direttore del Pew, avverte preoccupato: « La competitività degli Stati Uniti è a rischio nell’emergente economia dell’energia pulita». E l’Europa?
Giovanni Caprara