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 2010  marzo 28 Domenica calendario

VORREI SPOSARE NATALIE PORTMAN

«Sono una persona complicata». Non esagera. Bastava interpretare gli indizi, i luoghi scelti per questa intervista diluita in un giorno. Il salotto di una boutique di lusso; il tavolo d’angolo di un ristorante in centro; una stanza d’albergo a cinque stelle. Anche questa è casa, quando si trascorre l’80 per cento delle notti fuori dal proprio letto. «Dov’è casa? difficile rispondere adesso. Finché sono stato sposato era con mia moglie e i miei figli. Ora ho un bellissimo appartamento a Parigi, ma la verità è che non ho nessuna connessione con la città, se escludo i miei bambini, Adele e George».
Daniel Harding parla senza ombra di sconfitta, non gli appartiene. seduto su un divano bianco al quarto piano dell’atelier milanese di Tom Ford, dove tutti lo chiamano per nome: dall’uomo della sicurezza al piano terra, con cui ha scherzato di Inter e Manchester United, la squadra del cuore, al sales assistant che gli ha preparato il tuxedo per le foto. «Vengo a Milano da più di dieci anni. E anche se trascorro molto tempo a Stoccolma per la Swedish Radio Symphony Orchestra, l’Italia è un luogo speciale: provo i sentimenti più vicini a quelli di una famiglia».
Qui da noi, dice, lo adottarono gli «abbadiani» quando il direttore d’orchestra scommise su di lui: un giovane talentuoso di Oxford, talmente sicuro di sé da fare il gran salto, a soli sedici anni, dalla scuola musicale di Manchester all’Orchestra sinfonica di Birmingham, dove Simon Rattle lo scelse come assistente per la sua sfacciata esecuzione del Pierrot Lunaire di Arnold Schönberg. Nel 1996 il passaggio sotto l’ala di Claudio Abbado, allora direttore artistico dei Berliner Philharmoniker. Nel 1998 il debutto sulla scena internazionale, al Festival di Aix-en-Provence, con la Mahler Chamber Orchestra e il Don Giovanni. Harding fece inorridire i critici per la rapidità con cui lo eseguì, il pubblico se ne innamorò. «Oggi non lo rifarei così veloce. Però rivendico il fatto di non essermi ispirato a nessun altro. L’ho eseguito così come l’ho letto».
Milano ha aperto le porte ad Harding nel 2005: lui in fretta e furia era subentrato al maestro Riccardo Muti per la prima alla Scala, presentandosi con l’Idomeneo di Mozart. «Mozart è l’unico compositore che richiamerei in vita, per nessun altro ci sono interpretazioni così differenti. Su di lui ognuno ha la propria idea ed è convinto che sia quella giusta. Se oggi potesse vederci e dirci la sua, credo che ci stupirebbe».
Il rapporto con Milano è maturato negli anni, la città ha cominciato ad assomigliare a una casa. Qualcuno adesso fa il nome di Daniel Harding per una possibile direzione artistica del Piermarini. «La gente ne parla, a me non lo hanno chiesto. Sarebbe un sogno per chiunque, la risposta però è fin troppo naïf: certo che mi piacerebbe. Ma è la cosa giusta per me ora? Non lo saprò finché non me lo proporranno». Resta il legame con le persone. «In Italia non c’è un palazzo, un monumento, una via importante per me. Ci sono gli amici. sapere che qui sono supportato. Che quello che è importante per me è importante anche per loro». Persone legate al mondo della musica, ma non solo. «La famiglia di Paolo Gavazzeni mi è molto vicina. Suo nonno, Gianandrea, era direttore d’orchestra. Il padre, Pino, è per me una figura paterna. Tutta la famiglia mi fa sentire parte di sé. Poi c’è Piero Maranghi. E, anche se ora è scomparsa, è stata quasi una madre Marinella Caimi, amica di Claudio (Abbado, ndr) ». Gli amici scrittori, gli artisti. «Uno di loro è Alessandro Baricco: nel 2008 mi ha pure offerto una parte nel suo film Lezione ventuno. Lui, e Francesco Vezzoli, che ho conosciuto alla cena per il matrimonio di Beatrice Trussardi, sono così diversi tra loro, ma estremamente stimolanti. La nostra conversazione mi fa sempre riflettere, è salutare».
Mentre Harding si lascia fotografare dall’amico Julian Hargreaves per un tempo degno di una primadonna di Hollywood, replica così alla provocazione sul suo narcisismo. «Amare te stesso è un buon punto di partenza per amare qualcun altro». Poi una tappa in albergo, al Four Seasons. «Quando sono in città per pochi giorni vengo sempre qui, cerco comodità e silenzio. Fanno assomigliare il mio viaggio a una vacanza». Buttati sul letto, il computer Mac, uno dei due passaporti inglesi (una necessità per eccesso di timbri), i due telefonini, un Blackberry francese e l’iPhone che contiene appunti, foto, video di un padre normale. «Questo è George che dirige Tanti auguri a te per sua sorella Adele il giorno del compleanno, eravamo al Teatro comunale di Ferrara», racconta mostrando il filmato, dove sembra che il braccio del figlio, guidato dal padre, si stia per staccare: «La mamma si è lamentata, scherzando». Lei è la bellissima violista francese Béatrice Muthelet. «Siamo stati sposati per cinque anni, dopo cinque di fidanzamento. A giugno partorirà una bambina, figlia del nuovo compagno. Mi fa un certo effetto, bello. come se la nostra famiglia si stesse allargando. Mi ha detto che sarà una femmina e mi sono emozionato. Ho già un rapporto speciale con Adele. A gennaio è stata dieci giorni con me a Stoccolma. molto in gamba. Mentre io lavoravo, lei in albergo faceva i compiti, studiava violoncello, costruiva origami. Quando sono libero, quelle cose le facciamo insieme».
Dal Four Seasons si va alla Libera, il ristorante dove Italo, il proprietario, se lo stringe al petto e dice « That’s my kid! », è il mio ragazzo. Qui Harding gioca a elencare le persone famose che vorrebbe incontrare. «Natalie Portman, è bellissima. Ho letto che sta cercando marito. Mi candido». I miti di un «ragazzo» di 34 anni. «Martin Scorsese, un genio. Non avrei mai pensato che Leonardo DiCaprio potesse essere un bravissimo attore finché non l’ho visto recitare per lui. E poi David Beckham, un eroe della mia adolescenza. Roger Federer, un vero sportivo. Obama, naturalmente. E Bill Gates, per l’incredibile generosità e il senso morale. Sarebbe facile per lui essere egoista e invece è tutto il contrario».
Tra un piatto di prosciutto e una focaccia calda, mentre chiede al cameriere Daniele «come sta Jolie?», la figlia, e quello «bene, è a casa che studia», Harding ritorna su quanto sia importante avere buoni maestri. «Io li ho avuti, Rattle prima, Abbado poi. E sono importanti non soltanto per quello che ti insegnano, che è tutto. Ma per le opportunità che ti offrono, vengono ascoltati quando dicono "lui è bravo"». Per Harding il bravo direttore di orchestra ha bisogno di una caratteristica soltanto. «Un enorme carisma, che è qualcosa di difficile da catalogare. Per alcuni è il fisico, per altri una forza interiore o il carattere. Io non sono carino con i miei orchestrali, ma ho sicuramente dentro di me la forza per portarli nel punto esatto che ho in mente». Negli anni ha imparato a dormire due ore prima di ogni concerto (ormai sono cento all’anno). «A 22-23 anni mi venne il panico e stetti male durante una esibizione. Ero spaventato all’idea di condurre. Credo che sia stato un momento di passaggio. Quando sei molto giovane, tutto assomiglia a un gioco. Poi cominci a capire ciò che stai facendo davvero».
Diventare «Sir» per lui non è importante. «Mia mamma però ci terrebbe». La Regina Elisabetta l’ha incontrata tre volte. «Veramente nessuno mai la incontra, ma si viene presentati a lei... successo tre volte e sono sicuro che si ricorda di tutte», ironizza con umorismo alla Monty Python’s Flying Circus, il celebre telefilm inglese. «La prima volta, per il Giubileo, avrei dovuto chiamarla Your Majesty, vostra maestà. Mi sembrava talmente ridicolo che dissi, impastando le parole, good evening, buon pomeriggio».
Le sue letture sono scientifiche: «Richard Dawkins, Daniel J. Levitin, Marcus Chown, Stephen Hawking. magico capire come funziona il cervello. Parliamo di emozioni in modo così ignorante! A me non basta sapere cosa sento, voglio sapere perché. Mi affascina capire che cosa succede nel cervello quando si ascolta una musica particolare, quale reazione produce». L’intervista finisce qui. Arrivano Gaia Trussardi e il fidanzato per unirsi alla cena. Dopo la crema catalana, unica concessione alla dolcezza per questo giovane uomo determinatissimo, Daniel Harding annuncia con noncuranza: «Ah sapete? Ho avuto la nomination ai Grammy». Due giorni dopo lo vincerà.
Elvira Serra