Antonello Guerrera, Il Riformista 28/3/2010, 28 marzo 2010
LA REPUBBLICA DI ALBIONE E LO SCALFARI D’INGHILTERRA
In principio furono ”gli europei del sud”. Poi è toccato a un’ex spia del Kgb, oggi miliardaria. Ancora una volta una mano straniera prende per mano il quotidiano inglese The Independent per trascinarlo fuori dalle mostruose cripte dei debiti. Per la sua nuova creatura, il tycoon Alexander Lebedev ha elargito la bellezza di una misera sterlina al megagruppo editoriale Independent News and Media, che aveva appena annunciato per il 2009 perdite pari a 31,4 milioni di euro. Cifra enorme che adesso, insieme agli altri debiti pari a oltre un miliardo di euro, andrà sul groppone del nuovo proprietario. Lebedev bissa così l’acquisto del pomeridiano londinese gratuito Evening Standard, incamerato poco più di un anno fa e anch’esso clamorosamente per un pound, che lo aveva reso il primo oligarca del suo Paese a possedere una testata britannica.
Nonostante la sua esperienza con il free-press, tuttavia, i maligni d’Oltremanica nutrono più di un dubbio in Lebedev, la cui figura cool e apparentemente libertaria (Anna Politkovskaja lavorava per un suo giornale) resta ancora criptica sotto diversi punti di vista: politici, putiniani e soprattutto gestionali. Cosa diventerà mai adesso l’Independent? Rischierà l’azzardo di diventare gratis come lo Standard - proprio mentre Murdoch annuncia il sito del Times a pagamento? Ma, supposizioni a parte, i dubbi nei confronti del miliardario russo sono tendenzialmente simili a quelli alla fine degli anni Ottanta, quando l’Independent aveva avviato un intenso rapporto con l’«europeo del Sud» ”Repubblica”. Che si è perpetrato, negli anni, in una comunione di intenti, quote e dinamiche.
L’’Independent” nasce il 7 ottobre del 1986 sotto l’egida della Newspaper Publishing. L’idea è di tre giornalisti esiliati del Daily Telegraph: Matthew Symonds, Stephen Glover e soprattutto Andreas Whittam Smith. Quest’ultimo sarà una figura centrale, nonché accentratrice, della testata. Whittam Smith, infatti, incarnerà non poche analogie (oltre a un rapporto piuttosto stretto) con il padre di Repubblica Eugenio Scalfari. Entrambi fondatori-direttori di testate storiche nei rispettivi Paesi (l’italiano per venti anni fino all’abdicazione in favore di Ezio Mauro nel 1996, l’inglese per sette intensissimi anni fino al 1993). Entrambi ideatori di una voce fresca del giornalismo contro matusalemme e poteri forti che plasmano plasticamente le proprie società: Repubblica contro il monopensiero centrista, l’immobilismo dei giornali dell’epoca e le ”chiese” cattolica e comunista, l’Independent contro i miliardari Rupert Murdoch e Conrad Black, rispettivamente in possesso dei quotidiani più conservatori Times e Daily Telegraph che mettono a dura prova sindacati e classe operaia britannici durante l’era della Thatcher.
Proprio lo scenario politico dei tempi mette in evidenza un altro comune filo ”rosso” tra Independent e Repubblica. Entrambi nascono per svegliare una sinistra all’epoca ineleggibile e in profonda crisi. Scalfari e il compagno d’avventura Carlo Caracciolo, nella morsa tra Psi e Pci, si appellano a sentimenti laicisti, antifascisti e progressisti. Whittam Smith fa più o meno lo stesso: sfida a sinistra il Guardian dell’operaia Manchester, prova a stimolare una base laburista in coma profondo e, come il contraltare italiano, si rivolge prima a quella sinistra un po’ radical, un po’ liberal (ma sempre moderata), e poi alla gioventù-rigurgito dei figli dei fiori. In questo modo, l’ Independent diventa così di moda tra i giovani che in alcuni locali e strade è quasi un vezzo portarlo sotto il braccio.
La testata di Whittam Smith inanella una serie di successi notevoli per essere un quotidiano giovanissimo. La verve è tutta nelle fondamenta etiche poste dai suoi fondatori: nomen omen evidente, l’obiettivo principale della testata è quello di perseguire una viscerale indipendenza editoriale attraverso il semplice guadagno e quote societarie limitate per tutti al 15 per cento. Una causa imprescindibile per Whittam Smith che, non a caso, prenderà decisamente le difese di Scalfari durante la ”guerra di Segrate” e la tentata scalata berlusconiana a Repubblica.
Trovata casa a City Road (zona nord-est di Londra), nei primi anni di vita l’Independent randella volentieri Times e Telegraph grazie a una grafica fresca, analisi argute e a un prezzo più basso della concorrenza. Nel gennaio 1990, arriva in edicola anche la versione domenicale Independent On Sunday, diretta dal co-fondatore Glover. E sempre nello stesso anno, il giornale di Whittam Smith raggiunge la più alta tiratura di sempre: 423mila copie. A conferma del suo successo, è proprio il 3 novembre del 1988 che si consuma un altro patto d’inchiostro tra Independent e Repubblica: Andreas Whittam-Smith, Eugenio Scalfari, Juan Luis Cebriana del País e Dieter Schroeder, direttore della tedesca Süddeutsche Zeitung, firmano a Londra un accordo di cooperazione editoriale per regolare condivisione di risorse (corrispondenti, inviati, collaboratori), supplementi, iniziative editoriali, articoli di interesse comune. Addirittura Whittam Smith parla in loco della potenziale pubblicazione di un quotidiano in comune. E, nel febbraio 1990, dichiara raggiante in un’intervista (ovviamente) a Repubblica: «Il nostro segreto è trasparenza, indipendenza e qualità». Sembra il trionfo per l’Independent.
Non sarà così, non solo perché in questo modo il giornale si renderà paradossalmente meno indipendente, ma soprattutto perché agli albori degli anni Novanta il mercato editoriale entra in crisi, diversi giornali lanciati alla fine del decennio precedente chiudono baracca (come il Sunday Correspondent) e l’Independent non sfugge al vortice, perdendo progressivamente qualità e decine e decine di migliaia di copie vendute. A questo punto, Repubblica non può esimersi dall’aiutare un alter ego in difficoltà. E così il quotidiano di Scalfari e il País, subito ribattezzati dagli anglofili più sospettosi ”gli europei del Sud”, arrivano ciascuno a rilevare il 18,6 per cento delle azioni per cercare di risollevare le sorti dell’Independent. Viene ribattezzata dal Corriere della Sera la «scalata di De Benedetti».
Poi però, in una strenua battaglia per la sopravvivenza, Whittam Smith pensa (male) di comprare e poi sbarazzarsi di un concorrente della domenica, ovvero il settimanale Observer. Che però, nel 1993, viene rilevato dal Guardian che infligge un altro duro colpo all’”Indy”. In seguito allo smacco il politologo Dahren Dahrendorf, a capo della storica società editoriale dell’Independent Newspaper Publishing, si dimette in polemica con la gestione dello Scalfari inglese. Che, accusato da più parti di aver monopolizzato linea e decisioni del giornale (nonostante il suo risibile 7,5 per cento delle azioni), decide di abbandonarne la direzione nello stesso anno – anche se, come Scalfari, tutt’oggi è ancora editorialista di punta.
L’abdicazione di Whittam Smith tuttavia, a differenza di quella di Scalfari, sarà l’inizio di una discesa negli inferi che il vorticoso cambio di direttori (da Ian Hargreaves a Charles Wilson, da Andrew Marr a Rosie Boycott), cambi di sede e formato (ovvero il tabloid a colori definito ”compact” per chiccheria) non riusciranno a fermare. Nel 1998 l’arrivo dell’editore irlandese Tony O’Reilly, che come Lebedev si accolla i debiti (ma ci aggiunge non una, bensì 30 milioni di sterline) non fa sfracelli, anzi macelli, spesso per troppa foga. A poco a poco l’Independent scende alle attuali 180mila copie vendute. E, nel frattempo, si schiera sempre di più a sinistra, dall’opposizione alla guerra in Iraq alle critiche all’occupazione israeliana, sino alla gaffe clamorosa dell’appello per la legalizzazione della cannabis nel 1997. Dieci anni dopo lo stesso Blair, spesso nel mirino della testata, definisce l’ Independent con disprezzo, un ”viewpaper”, e non ”newspaper” (’quotidiano”), perché oramai pingue di immagini e pochi articoli.
Ma nonostante tutto, ciò che gli osservatori hanno criticato nella débâcle della testata è il non aver avuto, in fondo, una chiara ispirazione politica che tenesse salda una valanga di lettori affezionati. Il resto l’hanno fatto Internet, la concorrenza e non poche beghe interne che a poco a poco hanno lacerato la tela intrecciata da Whittam Smith e soci. Nel ”98 una talpa descrisse tragicomicamente la redazione dell’Independent, alle prese con la sostituzione di Marr, come la scena finale delle Iene di Tarantino (nella quale muoiono tutti i protagonisti, ndr). Ma già nel 1993, il fondatore Stephen Glover aveva anticipato in un libro la crisi alla quale sarebbe andato inevitabilmente incontro la sua creatura. Il volume si chiamava paradossalmente Sogni di carta. E ora, le ultime speranze dell’Independent sono affidate a un ”europeo dell’est”.