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 2010  marzo 28 Domenica calendario

«NON FACCIA IL NAPOLETANO». LA CASSAZIONE: DIRLO E’ LECITO

Già la sentenza, in sé, lascia perplessi: si può dire «ma non fare il napoletano», anche dentro un’aula di giustizia, senza essere denigratori. Ma dopo, a leggere la motivazione della Corte di Cassazione, non pochi napoletani più o meno illustri sono insorti, sconvolti.
E’ stato un magistrato a pronunciare quella frase: «non fare il napoletano». E lo ha detto rivolto ad un testimone, dentro un’aula del tribunale di Parma. Perché? Semplice: il teste, campano, stava spiegando le ragioni della signora Ignazia S., 43 anni, e lo stava facendo con un po’ di giri di parole. Troppi, evidentemente, secondo il giudice. Che non ha esitato: si è rivolto a tutti i testimoni chiedendo di ottimizzare tempi e risultati delle domande e delle risposte. Chiedendo, in sostanza, di sbrigarsi. Inutilmente.
Il teste campano non ha raccolto l’invito. Ha continuato a parlare e parlare e parlare. Ed il magistrato non ce l’ha fatta più: ha tirato fuori quella frase. « Legittima » , non esita a scrivere la quinta sezione penale della Cassazione nella sua sentenza ( la 11618).
Dettagliando, poi, nella motivazione: «Riguardo al termine "napoletano" nessun intento denigratorio era ravvisabile, dal momento che il riferimento si inquadrava nel tentativo di convincere il teste a non essere evasivo».
La prima a protestare con veemenza contro la sentenza è stata Alessandra Mussolini, napoletana, candidata nel consiglio regionale della Campania per il Pdl. Inviperita. Non ha dubbi: «Quell’espressione è offensiva eccome», dice.
Poi spiega: «Fermo restando che, è ovvio, non esiste il "vulnus" nella parola in sé. E’ il modo in cui essa è associata che lo rende offensivo. Se si pensa poi che il termine è stato pronunciato dentro un’aula di giustizia...». Furioso anche Nino D’Angelo, noto cantautore napoletano. Esplode, letteralmente: «Se qualcuno dà ame del napoletano in quel senso, io me lo mangio». E’ dopo che D’Angelo argomenta.
Dice: «Siamo davanti ad un altro esempio che dimostra come questo Paese sia sempre più contro i meridionali. E dire che i primi ad insegnare rispetto dovrebbero essere proprio i magistrati. In questa maniera, invece, si calpesta la storia di un’intera città».
Pure la napoletanissima Marisa Laurito ha sofferto nel sentire le decisioni degli ermellini di Piazza Cavour. «E’ una brutta abitudine quella di etichettare gli italiani a seconda della provenienza», dice l’attrice sostenendo che, è ovvio, in quella maniera il giudice ha affibbiato ai napoletani l’etichetta dei «perditempo». Ma Marisa Laurito è pronta anche ad un’autocritica: «Certamente quel giudice ha sbagliato. D’altra parte è anche vero che Napoli fa sempre parlare molto di sé. A volte in maniera decisamente eccessiva».
Alessandra Arachi