PAOLO GRISERI, la Repubblica 27/3/2010, 27 marzo 2010
FIAT IN DUE ANNI AL 35% DI CHRYSLER "MA RADICI E CUORE SONO A TORINO" - TORINO
L´immagine è quella che scorre sul grande schermo alle spalle dei vertici del Lingotto: un albero con le radici tricolore. Le parole sono quelle di Luca di Montezemolo: «La nostra storia, le nostre radici e il nostro cuore sono e saranno in Italia». Dunque nessuna fuga oltreoceano perché, come spiega Sergio Marchionne con metafora geometrica, «abbiamo allargato il perimetro per rendere più stabile il baricentro». Nessuno, aggiunge l´ad, accuserebbe i figli di abbandonare l´Italia perché vogliono studiare all´estero. Così nessuno può accusare la Fiat di essere meno italiana perché presto - «entro ventiquattro mesi», garantisce Marchionne - «salirà al 35% in Chrysler». Uno step previsto dagli accordi in tre tranches del 5 per cento in base a precisi obiettivi produttivi e di mercato. La prima arriverà quest´anno con il lancio della 500. La seconda e la terza sono invece legate alla penetrazione sui mercati esteri.
Il discorso sulle radici italiane sta a cuore ai vertici della casa torinese proprio perché gli annunci di riduzione d´organico, a partire da Termini Imerese, avevano suscitato un coro di preoccupazioni sul possibile disimpegno del Lingotto e il conseguente trasferimento del baricentro oltreoceano. Ipotesi già contestata dieci giorni fa da John Elkann e nuovamente smentita ieri. La questione diventa inevitabilmente il perno di un´assemblea degli azionisti calendarizzata troppo presto per poter fornire indicazioni certe sulla prima parte dell´anno «Chiuderemo il primo trimestre in linea con le previsioni», aveva dichiarato due giorni fa Marchionne. Gli azionisti prendono invece atto del fatto che «il 2009 è stato duro e il 2010 si prospetta molto difficile»: questa dichiarazione di Montezemolo raffredda la borsa (-2,21 a 9,75 euro). Anche Marchionne osserva che, finiti gli incentivi, «nel 2010 si attende un crollo del mercato del 15 per cento a livelli che non si vedevano dal 1994» e, soprattutto, «bisognerà aspettare circa quattro anni perché il mercato torni a livelli normali».
In queste condizioni, spiega l´ad, la Fiat continua a impegnarsi a ridurre al minimo gli effetti della crisi sull´occupazione ma «cessare la produzione di auto a Termini è diventato un passo obbligato». Nel merito Marchionne contesta l´accusa di ingratitudine al Lingotto: «Da quando Termini è stato costruito, la Fiat ha investito nell´impianto 552 milioni cui vanno aggiunti altri 250 milioni per progetti non agevolati. Per contro, ha ricevuto 93 milioni di contributo a fondo perduto e 164 milioni di prestiti regolarmente restituiti». E anche oggi «non ci risulta che nessun altro costruttore al mondo si sia dichiarato disposto a cedere ad altri un nuovo impianto per favorire una nuova attività, anche nel caso in cui sia un´impresa a vocazione automobilistica». Quanto alle prospettive degli altri stabilimenti italiani, qualsiasi anticipazione, dice l´ad, è prematura: «Risponderemo il 21 aprile, in occasione dell´investor-day». L´unico annuncio riguarda il fatto che il prossimo modello L0, previsto a Mirafiori, sarà equipaggiato con un motore ibrido (benzina/elettrico).