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 2010  marzo 27 Sabato calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 29 MARZO 2010

Un «sisma mediatico di inaudite proporzioni» (Michele Santoro), un «lugubre carro di Tespi» (Silvio Berlusconi alludendo più che all’antica Grecia al teatro ambulante creato su ispirazione del MinCulpop sotto il regime fascista): questa è stata a seconda dei punti di vista Raiperunanotte, in scena giovedì al Paladozza di Bologna e trasmessa da Sky Tg24, Current, Rainews24 (in parte), decine di emittenti locali, siti internet. L’evento, condotto da Santoro, ha sostanzialmente concluso la vicenda dei programmi tv (Annozero, Ballarò, Porta a porta ecc.) soppressi dal cda Rai durante la campagna elettorale per le regionali. [1]

Sugli ascolti di Raiperunanotte circolano numeri molto diversi. Santoro ha parlato di 13% di share, la Rai lo ha ridimensionato al 6%. [2] Il conduttore di Annozero: «Ho il quadro da fonti Rai non sospette: la stima pessimistica dell’Auditel ci dà tra il 12 e il 13 per cento. Contando solo quelli davanti a un televisore, fa oltre tre milioni di persone. Quattro punti in più rispetto alla giornata media di Rai2. Sky ha fatto uno share del 6%, come una partita di Coppa dei campioni. Una emittente locale come Telelombardia ha avuto una media di 300 mila, tre volte l’ascolto di Rai2 in quella regione». [3]

Tra il 10,6% e l’11,4%, è questo l’ascolto di Raiperunanotte secondo il Sole-24 Ore. Francesco Siliato della società specializzata Studio Frasi: «Un dato straordinario». [4] Contestare i dati web è più difficile. Virginia Piccolillo: «Santoro parla di 10 milioni di richieste di accesso (il quinto record al mondo, il primo in Italia)». [2] Santoro: «Tra tutti i siti che trasmettevano in streaming i contatti contemporanei sono stati più di trecentomila. Penso si possa dire che ora c’è una tivù su Internet. stato il più grande evento in Rete di tutta Europa». [3]

Al centro delle attenzioni di Raiperunanotte con tanto di ricostruzione drammatizzata delle sue telefonate così come apparirebbero nelle intercettazioni di Trani, venerdì Mauro Masi, direttore generale dalla Rai, ha mandato una lettera formale al presidente del cda Paolo Garimberti e ai consiglieri per chiedere una riunione ad hoc e straordinaria sulla situazione complessiva «legata al signor Michele Santoro». [5] Viale Mazzini dovrebbe cioè valutare se i comportamenti del conduttore danneggiano o meno «la credibilità dell’azienda». [6]

In parole povere, è partito l’attacco finale a Santoro. Goffredo De Marchis: «Obiettivo: la risoluzione del contratto. Ovvero, la cacciata dalla Rai. la posizione muscolare caldeggiata da Silvio Berlusconi e condivisa, non a caso, dal viceministro delle Comunicazioni Paolo Romani. anche il modo per mostrare al premier che la Rai non sta con le mani in mano». [6] Bruno Vespa, il più illustre fra i colleghi del fronte anti-Santoro: «Vediamo se la Rai è ancora un’azienda o un posto in cui si gioca a ”liberi tutti”». Santoro: «Con me la Rai ha già perso due cause milionarie, mi auguro che non sprechi altro denaro pubblico». [3]

Da venerdì gli avvocati dell’ufficio legale Rai sono a caccia di violazioni degli obblighi contrattuali eventualmente consumate a Bologna dall’anchorman. De Marchis: «Si verifica il rispetto dell’esclusiva, si spulciano ospiti e maestranze per capire se qualcuno ha partecipato allo show pagato in quella giornata dalla Rai. Se la squadra santoriana ha usato telefonini aziendali. Si dà persino la caccia all’autista che ha accompagnato Santoro al Paladozza (risulta che il giornalista abbia noleggiato la macchina a sue spese)». Romani: «Santoro avrà fatto qualche errore giovedì notte? Temo di no». [3]

«Noi siamo della Rai» ha specificato venerdì il conduttore di Annozero auspicando la valorizzazione di «questa ricchezza e questo potenziale». Francesco Borgonovo: «Comodo, molto comodo. Santoro, Travaglio e soci hanno fatto di tutto per colpire l’azienda. Hanno presentato la loro manifestazione come ”lo sciopero” di chi paga il canone, sostenendo che se avessero rubato ”almeno il tre per cento” di ascolto alla Rai sarebbe stato ”un successo”. Sono andati in diretta su Sky e su varie emittenti, aggirando par condicio ed esclusive grazie al patrocinio della Federazione nazionale stampa italiana, il sindacato dei giornalisti, che ha presentato il tutto come una manifestazione per i diritti dei lavoratori. In apparenza, sul piano formale sono inattaccabili». [7]

Garimberti ha risposto alla lettera di Masi sul cda straordinario con un interlocutorio «vedremo» che sa tanto di «lascia perdere». De Marchis:
«’E il carattere d’urgenza lo decido io”, ha fatto sapere al dg. Persino nel Pdl si affacciano dubbi sulla strategia ”faccia feroce”. Il consigliere Antonio Verro, vicinissimo al premier, sembra nettamente contrario alla risoluzione del contratto. Non è diventato improvvisamente santoriano, è convinto tuttavia che non si debbano più fare autogol politici a Viale Mazzini. La via più semplice semmai è quella dei paletti: rispetto delle regole aziendali e responsabilità economica di Santoro di fronte alle multe dell’Agcom». [3]

Se Masi vuole andare fino in fondo ha gli strumenti per farlo. De Marchis: «Non serve un consiglio straordinario (la lettera di venerdì serve soprattutto a far lievitare il dossier contro Annozero). Già mercoledì il direttore generale può prendere di petto l’argomento nella sua consueta relazione al cda. Sempre lui può proporre la risoluzione del contratto e chiedere ai consiglieri un voto. Con quali elementi e quali possibilità di successo? I consiglieri del Pd difendono Santoro. ”Con lui i muscoli non servono - dice Nino Rizzo Nervo -. Se lo cacciano un giudice lo rimanda in onda dopo 20 giorni”». [3]

«La Rai non è più servizio pubblico, è diventata una tv commerciale, non credo si possa continuare così se vuole ancora che gli italiani paghino il canone» ha detto venerdì Berlusconi. [8] Gad Lerner: «Non condivido la retorica del servizio pubblico. Il problema non è Annozero come intende Berlusconi, ma non tutti i programmi della Rai sono servizio pubblico. E non tutti i programmi delle tv commerciali non lo sono. La verità è che la Rai è già privata, perché è di proprietà di una consorteria, formalmente la commissione parlamentare di Vigilanza, in realtà sedi più appartate dove vengono spartiti gli incarichi da partiti che non sono democratici». [9]

«Non ho visto Santoro. Non fa giornalismo. La sua è fiction e a me la fiction non piace» ha detto Augusto Minzolini, direttore del Tg1. [10] Jacopo Iacoboni: «Tremonti ha informato che lui dormiva, non l’ha visto. surreale che ad annusare qualcosa sia stato invece quel rabdomante di Beppe Grillo. Che però non è tenero con Santoro. Racconta che ”Raiperunanotte è stato il canto del cigno della tv italiana perché per due ore grandi giornalisti hanno parlato di un povero anziano di 74 anni che viene abbandonato da tutti, fa anche tristezza. Hanno parlato di tutto tranne che dei problemi dell’Italia”. Il punto è come, ne hanno parlato. Dove. Il mezzo è il messaggio». [11]

Al di là del giudizio di amici e nemici, la lunga diretta di Santoro & C. è stata un evento storico. Roberto Rao (Udc): «Non siamo tifosi di Santoro e lo spettacolo di Bologna non ci è piaciuto. Tuttavia, i sorprendenti ascolti ottenuti su web, tv locali e su Sky devono far riflettere la politica, passivamente abituata a monitorare i soli media tradizionali: in Italia esiste una rete di informazione alternativa che non si può ignorare». [12] Michele Serra: «Per la prima volta in modo così evidente la gabbia del duopolio è stata clamorosamente scardinata: un’evasione di massa che ha coinvolto giornalisti e artisti a vario titolo ”impubblicabili” - specie in questi giorni di campagna elettorale - sul grande quotidiano dell’etere tradizionale». [13] Lerner: «Raiperunanotte è paragonabile a quanto significato da Twitter in Iran, attraverso cui perfino sotto il regime degli ayatollah sono riusciti a far filtrare informazione e protesta». [9]

Orizzontale, liquida, mutante: giovedì è nata la tv 2.0. Iacoboni: «Non importa ciò che dice, importa come lo dice». [11] Secondo Serra chi ha seguito la serata «ha colto l’eccezionalità, e direi ha provato lo choc, di un luogo televisivo di libertà incondizionata. Una libertà ”scandalosa”, vale a dire non consueta, non normale in un quadro televisivo che ci ha via via abituati alla cautela, all’esitazione, all’autocensura come norma prevalente». [13] Angelo Guglielmi, inventore della tv-verità nell’era Samarcanda: «Sappiamo che Travaglio oggi va in giro per i teatri d’Italia, sempre col tutto esaurito. Sappiamo del boom di mille siti antiberlusconiani. Ma Michele, che è un grande giornalista e organizzatore di cultura, è l’unico che sa cumulare tutte queste nuove opportunità, teoricamente potrebbe persino fottersene della televisione». [11]

Parallelamente a Santoro, alcuni suoi colleghi stanno cercando alternative alla televisione. Stoppato dal cda Rai, Giovanni Floris ha messo in piedi un Ballarò tour, quattro appuntamenti in giro per l’Italia, ed ha goduto dell’ospitalità di repubblica.it. [14] Enrico Mentana ha piazzato sul sito del Corriere della Sera Mentana condicio, vietati in tv liberi sul web. Emilio Gioventù: «Ma a sentire il popolo del web, molto esigente, non sono tutte rose e fiori. L’accusa comune è che i dibattiti trasmessi via web non sono altre che format televisivi. Manca l’interazione, ovvero la possibilità di inviare commenti e messaggi, insomma, di intervenire, ovvero quella libertà che gli internauti si sono sempre presi. Accuse che proprio Mentana prevenne: ”A chi mi fa notare che nel programma c’è poco internet replico che noi intendevamo fare un programma televisivo laddove si può fare”». [15]

I programmi di informazione che adesso torneranno sulle televisioni degli italiani concorrono alla formazione dell’opinione pubblica e sono un riferimento basilare per i cittadini. Giovanni Cesareo: «Ma nella discussione sui programmi soppressi, così come si è svolta, c’è stato qualcosa di più. Si è dato per scontato – sia da parte dei censori sia da parte di coloro che protestavano contro la censura – che la Tv determini nettamente il pensiero e i comportamenti dei cittadini, o quanto meno della loro stragrande maggioranza. In ultima analisi in questo Paese più che con i cittadini si avrebbe a che fare con i... telecittadini. I destini dell’Italia si deciderebbero, per questo, sul video». [16]