Sebastiano Grasso, Corriere della Sera 27/03/2010, 27 marzo 2010
QUEL MATRIMONIO ALL’IMPROVVISO
Domenica 27 agosto 2006. Mancano pochi minuti alle 21 quando Duilio mi chiama da Venezia. «Che fai domani?», chiede. «Niente di speciale, vado al giornale». «Entro le 12 e 30 puoi essere qui, a Venezia, a Ca’ Farsetti, sede del Comune?». «Non so, credo di sì; perché?». «Mi sposo con Silvia e vorrei che tu fossi uno dei due testimoni». «Ma non potevi dirmelo prima?». «Abbiamo deciso improvvisamente. Siamo venuti da Zurigo a Venezia per trascorrere qualche giorno di vacanza. andata così... Ieri ho parlato con Massimo Cacciari e siamo d’accordo per domani, dopo mezzogiorno. Allora?». Sono un po’ titubante. Poi: «Cerco di prendere un treno di prima mattina...».
Arrivo a Ca’ Farsetti in anticipo di qualche minuto. Duilio e Silvia parlano con il direttore d’orchestra Tito Gotti, l’altro testimone, appena giunto da Bologna; anche lui cooptato il giorno prima. Da una stanza attigua sbuca Cacciari con la fascia tricolore, si mette dietro un tavolo e scartabella alcuni fogli.
Divertìti, gli raccontiamo i tempi della convocazione. «Se me lo dicevi, i testimoni li trovavo qui, senza far venire loro da Milano e Bologna», dice. «Ma io volevo che fossero proprio loro due...», obietta Duilio.
La cerimonia dura pochi minuti. Silvia fa un paio di foto con un apparecchio usa-e-getta; a turno la porge a Gotti e a me per scattarne qualche altra. Poi ci confida di avere circa 40 di febbre. L’ha misurata prima di uscire dall’albergo. L’accompagniamo al Monaco ed entriamo, di fronte, all’Harry’s bar.
Un toast ciascuno, una birra e si fanno le tre del pomeriggio. Gotti ed io prendiamo un vaporetto per la stazione di Santa Lucia. I treni del ritorno hanno una differenza di venti minuti.
Sebastiano Grasso