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 2010  marzo 27 Sabato calendario

«IL FICUS E LA LAVA: CONVIVO CON LA FORZA DELLA NATURA»

Si può comprare una casa perché ci si innamora di un albero? Tredici anni fa, la stilista catanese Marella Ferrera aveva allertato parenti e amici: dopo 10 anni in affitto, voleva mettere radici. «Signora, signora! Deve venire subito perché ho trovato la sua casa»: nel settembre 2000, l’hanno chiamata mentre si trovava aMilano per il prêt-à-porter. Zona: Cannizzaro, a 10 chilometri dal centro di Catania e 200 metri dal mare. «Negli anni 60 hanno lottizzato questa zona e fatto costruire questi terribili condomini», racconta. Ma aperto il cancello, è apparso un gigantesco ficus di 250 anni davanti alla casa. «Come se il tempo non fosse passato». Marella si è seduta ai piedi dell’albero e ha deciso di comprarla senza vederla dentro. «Sapevo che era un luogo ferito. Ho pensato: non me ne frega di quello che è, ho la percezione di quello che sarà». Poi ha scoperto che era appartenuta alla famiglia Auteri, commercianti di sete e broccati: una delle figlie andò in sposa a un Biscari, la casata del principe Ignazio V che nel 1700 promosse gli scavi archeologici in Sicilia. Per il restauro, ha arruolato operai specializzati nelle chiese: ci hanno messo 5 anni, tanto era stata stravolta.
Cinquecento metri quadri, circondati da un ettaro di agrumeto, che un tempo era un vigneto. Il piano terra risale al ”700, quello superiore all’800. Marella e il marito Edoardo, un ex dj, hanno scelto di vivere nell’abitazione del «massaro», il contadino che affittava la terra per coltivarla, piuttosto che nel piano «nobile» dei padroni. Le piace stare in mezzo agli alberi, le piace che la casa sia costruita secondo la rotazione della luce solare. All’entrata c’è l’alcova, trasformata in salottino. « naturale che dormissero qui, perché qui arriva la luce all’alba». Ai lati, due porte, dalle quali marito e moglie entravano in spogliatoi separati dove si cambiavano prima di incontrarsi a letto. «Questi due, nudi non si vedevano mai». Nello spazio successivo doveva esserci la cucina: foglie di vite dipinte incorniciano il soffitto a volta. In fondo, c’è il camino. Marella ha buttato giù i muri eretti tra questi spazi per farne un vano unico e a terra ha messo piastrelle antiche in cotto. Da due vetrate senza tende il giardino entra in casa. La cucina è dove un tempo c’era la dispensa, la zona più fresca, a tramontana. La stanza da letto è sul retro. In bagno, un’altra vetrata davanti alla vasca.
Pietra lavica, ceramica, terracotta sono protagoniste in questa casa, realizzata sublimando la materia povera come Marella ha fatto con i suoi abiti sin dal debutto in Alta Moda nel ”93. «La vera forza’ dice’ è avere profonde radici e rami alti». La pietra lavica con cui è riuscita a plasmare corpetti, gonne, bottoni, emerge nella parete del camino e appare nel bagno degli ospiti come roccia pura, residuo della colata del 1669. La ceramica di Caltagirone, celebrata nel famoso abito-scalinata fatto di 90 piastrelle ricamate a mano, è ovunque: dai «tappeti» di maioliche del ”600 e ”700 alla parete del piano cottura. Figlia di sarti, Marella parte dal rigore artigianale ma ama osare. «Il mio maestro Franco Bentivegna – che lavora la terracotta’ dice: "Tu cci’ha parràri cu’i cosi". Devi entrare in sintonia con la materia. una forma d’amore».
Accanto alla parete nera del salotto, ce n’è una bianca, «africana», con tenda in tulle di lino, maschere tribali, cuscini di corteccia sul divano. A terra, una maidda di legno (usata per impastare il pane) diventa un tavolino, e tappeti berberi da tenda sono gettati obliqui sotto i mobili del ”600. In cucina, arredi high tech in acciaio e pezzi antichi. Adiacente alla casa, il palmento dove si faceva il vino è ora stanza del relax, e la mangiatoia trasformata in cucina ospita collezioni d’arte contadina: campanacci, cavagne per la ricotta. Intorno, una campagna animata: tra i 450 mandarini e limoni, vivono due struzzi, galline, gatti, tartarughe e le anatre che hanno divorato il roseto. Dal ficus pende una radice volante. «Ogni tanto, ho la tentazione di staccarla per farci un corpetto».
L’atelier di Marella è nel Museo Biscari, dove il principe teneva reperti antichi e naturali: il restauro ha portato alla luce il pavimento su cui camminò Goethe in visita nel ”700. La stilista non sfila più a Milano per evitare «i condizionamenti commerciali», va a Roma per l’Alta Moda e realizza costumi per il teatro. «Vestire la casa è come fare un abito, fa parte dello stesso progetto – spiega ”. Quando guardo quest’isola, vedo oltre ciò che appare, vedo quello che è stato, che potrebbe essere e comunque è. La mia isola è nuda. Ed è come se si stesse servendo di me per continuare a dire delle cose».
Viviana Mazza