Alessandra Mangiarotti, Corriere della Sera 27/03/2010, 27 marzo 2010
LA SETTA DEGLI INSONNI
Anche questa notte l’uomo senza sonno s’è ritrovato «sdraiato su un materasso di chiodi». Ha osservato impotente «il tarlo del non riposo strisciare dalle sue gambe irrequiete all’orologio senza lancette», quindi «rimbalzare dal soffitto alla sua anima stanca». S’è lasciato dietro il letto e ha guardato nel buio metropolitano oltre la finestra: «Solo stornelli, come me animali senza giorno e notte, che cantano come fosse l’alba». L’uomo senza sonno non è uno, sono tanti. E la loro voce diventa una sul web, dove si ripetono e si sovrappongono racconti di notti bianche. una tribù che conta tra i suoi adepti un italiano su tre: quelli che non s’addormentano mai, quelli che nel letto portano il lavoro, i rumori e le luci della città ma non trovano requie, quelli che s’assopiscono ma poi si risvegliano a notte fonda, quelli che credono di dormire e invece non riposano mai, quelli che potrebbero farlo ma non vogliono.
Su Facebook gli affiliati alla «Setta degli insonni» hanno fatto proprie le parole di Titta Di Girolamo (l’attore Toni Servillo) nel film Le conseguenze dell’amore di Sorrentino: «Esiste nel mondo una specie di clan del quale fanno parte uomini e donne, di tutte le estrazioni sociali, di tutte le età, razze e religioni. la setta degli insonni. E io ne faccio parte, da dieci anni». Isabella Ricci, ne fa parte da quattro. Cita Chagall e scrive: «Anche stanotte ho provato a sognare di dormire: niente!». Come lei Emanuela De Matteis, il capo: «Io sono variabile, a volte nulla, a volte 13 ore, a volte mi sveglio con gli incubi». Vittoria: «Io quando dormo non me ne accorgo, quando mi sveglio mi sembra di non aver mai dormito». Simone: «Io soffro di uno strano tipo d’insonnia: preferisco dormire la mattina e andarmene a letto alle 5».
I numeri del centro di medicina del sonno del San Raffaele di Milano dicono che la notte è un’ossessione per il 15% degli italiani: gli «insonni veri», quelli che pur avendo il tempo e il luogo non riescono a dormire. Ma al loro fianco c’è un altro 15% di nuovi adepti: i «privati di sonno», quelli che per scelta cercano di occupare il tempo del riposo con altro, divertimento, lavoro, chat. Agli uni e agli altri vanno poi aggiunti i «gufi e pseudo-gufi»: quelli che per innato bioritmo o per moda fanno sempre tardi. Certifica il direttore Luigi Ferini-Strambi: «I primi sono in aumento ma il trend è lo stesso da dieci anni, i terzi sono un mix di fisiologico, cattive abitudini e tendenza, i secondi (la vera novità) sono in vera impennata». Risultato: «Un italiano su tre fa parte ormai della tribù di quelli che dormono male». Una tribù internazionale con le sue «1.001 notti insonni», ha titolato l’Herald Tribune raccontando la storia degli adepti americani: il 40% ha problemi di insonnia, con un 15% di cronici. «Dormite, gente», s’è fatto così testimonial del buon sonno Bill Clinton dopo essere passato, per ragioni di salute, dalle quattro alle «almeno sette» ore di riposo. Meglio va in Francia dove gli insonni veri sono 4 milioni (il 9%) ma dove gli esperti, scrive Le Monde, chiedono al governo il riconoscimento della medicina del sonno e un investimento sulla prevenzione dall’età scolare. «Più attenzione al sonno come per il cibo», concordano dal San Raffaele.
La tribù vanta membri illustri capostipiti delle tante forme di non sonno: dal dio della mitologia mesopotamica Enlil (insonne per il rumore degli uomini) al re sumero Gilgamesh (nato troppo energico per dormire), da Franz Kafka (nel 1910 scriveva: «21 luglio: non posso dormire. Solo sogni e niente sonno. 2 ottobre: Notte insonne. Già la terza di fila») a Honoré de Balzac (per il quale la notte era lavoro). E poi ancora Macbeth, con il suo delirio di potere, e Achab, con la sua ossessione: Moby Dick. Non basta però aver passato qualche notte in bianco e custodire come una reliquia il dvd dell’Uomo senza sonno di Anderson per poter dire: «Io faccio parte della tribù». L’iniziazione alla setta ha regole codificate: «Disturbi per almeno tre volte a settimana, per almeno un mese. Con conseguenze sulla vita del giorno dopo», dicono gli esperti. Ecco così che la setta sul web lancia un tam tam di regole di sopravvivenza, titoli di libri (l’ultimo arrivato in Italia di consigli ne dà 50). Camomilla. Valeriana. Fiori di Bach. Melatonina. Cerotti. Agopuntura. Diari del sonno. Posizioni aiuta-sonno (ognuno ha la sua ideale, ma ne cambiamo sei all’ora). Yoga (i filmati sulla pagina della «Setta degli insonni»). Quindi riproduzioni del frangersi delle onde o del cinguettio degli uccelli (scaricabili da portali dedicati in alternativa a radio personalizzate). Perché ogni adepto costa (fino all’1% del Pil di un Paese, dicono dal Canada: 27,6 giorni di mancata produttività l’anno, quasi 4,5 d’assenza dal lavoro) ma allo stesso tempo spende (negli Usa 24 miliardi l’anno in prodotti e servizi per il sonno).
Ma ci sono rimedi che non hanno prezzo, i più preziosi per i nuovi insonni: malati di rumination (ossessionati dal lavoro), fedeli al comandamento «sempre connessi», animali di città senza buio e silenzio, privati del sonno per scelta. «In 15 anni’ dice Ferini-Strambi’ abbiamo perso in media un’ora, arrivando a dormire 6,15 ore a notte». Alla manager culturale Evelina Christillin ne bastano cinque: «Esco da teatro a mezzanotte, alle 5 sono già in piedi a fare ginnastica». Poi ci sono le volte in cui «il cervello non smette di girare»: «E allora, due goccine due di Lexotan...». Affiliato al club delle cinque ore anche il sociologo Franco Ferrarotti che dice: «Funzioniamo h24, senza distinzione tra giorno e notte. E il lavoro vero lo si fa solo rubando ore al sonno». L’unica soluzione resta così quella di imporsi qualche regola di vita: orari regolari, niente caffè dal pomeriggio, niente rumori e luci forti (tv e computer inibiscono il rilascio di melatonina) da un’ora prima di coricarsi. E soprattutto: staccare davvero la spina. Perché, come dice l’antropologo Matthew Wolf-Meyer, «se una società non può riposarsi, come può dormire?».
Alessandra Mangiarotti