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 2010  marzo 27 Sabato calendario

LA «TOMBA» DI ELISA E’ STATA MANOMESSA

Eccola la tomba di Elisa Claps, tomba grande, il sottotetto della chiesa della Santissima Trinità, grande come la chiesa sottostante, 50 metri quadrati, ai quali si accede da una porticina, sempre aperta. Fango in terra, e polvere ed escrementi dei piccioni, 17 anni di escrementi. Una branda e un materasso sudicio.
Una statua sacra, coperta da un telo. E sul lato che guarda via Pretoria, dove passeggia chi ha soldi e potere a Potenza, il corpo di Elisa. Quel che ne resta dopo questa sepoltura a cielo aperto, dal 12 settembre 1993, quando svanì nel nulla, a 16 anni, al 17 marzo scorso, quando fu ritrovata. Uno scheletro col volto mummificato, braccio destro lungo il corpo e l’altro largo, brandelli della maglia bianca fatta coi ferri dalla mamma, il reggiseno slacciato, l’elastico degli slip, i jeans aperti, gli orecchini, l’orologio, la catenina, le scarpe da ginnastica. E gli occhiali, ripiegati e messi al suo fianco. Per 17 anni, sotto al corpo di Elisa, in chiesa si dicevano messe, soprattutto il parroco per 40 anni, don Mimì Sabia, e assistevano i notabili della città, politici come Emilio Colombo, avvocati, commercianti, anche il papà di Danilo Restivo, il ragazzo indagato dell’omicidio di Elisa: il papà direttore della Biblioteca di Potenza, trapanese.
Sul corpo di Elisa sono state trovate anche alcune tegole, come quelle del tetto. E, accanto, un paio con la parte concava verso l’alto, senza polvere sopra. Come se fossero state spostate da poco. Dalle due donne delle pulizie, Annalisa e Margherita, che hanno ammesso con la squadra mobile di Potenza di aver trovato la povera Elisa a gennaio, tre mesi prima del ritrovamento ufficiale? O spostate da don Vagno, il viceparroco brasiliano che le due donne avvertirono? Stamattina tornano nel sottotetto gli esperti della polizia scientifica di Roma, guidati dalla dottoressa Stefanoni e il medico legale di Bari, Francesco Introna.
Cercheranno impronte. Sia sul corpo della ragazza, sia sulle tegole, sia nell’ambiente gli inquirenti cercano il Dna di Danilo Restivo, tracce che, se provassero una violenza sessuale, potrebbero portare al processo. Restivo all’epoca aveva 21 anni. Ragazzo introverso, con qualche piccolo precedente violento. Quella domenica 12 settembre aveva dato appuntamento in chiesa a Elisa. Voleva farle un regalo e voleva che gli presentasse un’altra ragazza, Paola. Erano le 11.30, don Mimì diceva messa. «Elisa mi disse: "lascia stare Paola". Poi uscì dalla chiesa, se ne andò», testimoniò Danilo. Invece, Elisa seguì qualcuno per tre rampe di scale, più una scala a pioli per arrivare al sottotetto. Sua ultima dimora.
Per il questore di Potenza, Romolo Panico, e per il procuratore di Salerno, Franco Roberti, trovare tracce di Restivo sarebbe l’esito più naturale. Tra l’altro si ricostruirebbe un’inchiesta piena di falle, passata per troppi investigatori. Restivo, per dire, andò a medicarsi in ospedale per un graffio, quella domenica.
Aveva il giaccone macchiato di sangue e la madre disse ai poliziotti che l’aveva già lavato. Restivo si trova a Londra, tenuto discretamente sotto controllo. Ma l’autopsia potrebbe portare anche alla scoperta di altri Dna, riaprendo di colpo il caso.
E c’è il capitolo chiesa. incredibile, dice chi indaga, che non abbia funzionato la catena di comando. Le donne delle pulizie vanno dal viceparroco, lui va dal parroco e il parroco informa il vescovo. Invece, niente. Il vescovo Agostino Superbo, vicepresidente Cei, afferma che il viceparroco don Vagno «ha sottovalutato» il ritrovamento del cadavere. Aggiunge: «Spero nella conversione pasquale dell’assassino». Ieri, durante il precetto pasquale per la polizia, davanti al questore, ha parlato di «chiesa peccatrice».
Andrea Garibaldi