Isabella Della Valle, Plus24 27/3/2010;, 27 marzo 2010
«MI INTERESSA PHILLIPS»
(*per vedere domande e risposte aprire il frammento, l’intervistato è Alberto Albertini, 61 anni, laureato alla Bocconi, ha iniziato la sua attività presso lo Studio Albertini, uno dei principali operatori della Borsa di Milano. Divenuto agente di cambio nel 1979, ha ricoperto tale carica fino alla creazione di Albertini & C. Sim, primaria società di intermediazione finanziaria nella quale ha avuto come partner grandi banche internazionali e della quale è stato amministratore delegato fino al 2001. stato membro del Consiglio di Borsa, presidente di Assosim, consigliere del CedBorsa e fino al 2007 consigliere indipendente di Sia Spa. Dopo aver separato la attività di Private Banking dalle altre di intermediazione finanziaria precendentemente condotte con Albertini C.
Sim, nel 2001 ha realizzato la partnership con il gruppo Syz & C. dando vita, assieme a GianPaolo Gamba e a Ernesto Marelli, al gruppo Albertini Syz. Oggi è ad di Banca Albertini Syz & C. e di Albertini Syz Investimenti Alternativi Sgr.) - Un eventuale piano di salvataggio per paesi in difficoltà come la Grecia (ma non solo) sarà sufficiente a far si che queste situazioni possano non ripetersi più in futuro? Ci sono le condizioni?
Credo che il trovare il modo di "punire", anche per futura memoria, chi si mette nelle condizioni di dover essere salvato, debba andare di pari passo con la ricerca del modo migliore per salvarlo. Mi pare che oggi ci si concentri sul primo aspetto, che è un tema di politica europea estremamente arduo da risolvere, e meno sul secondo. Confido in una soluzione ma ho il timore che finirà per essere trovata in un momento di emergenza, quando non c’è più tempo per ragionare con il buon senso e con una visione che superi l’immediato e crei garanzie per il futuro.
Le economie anglosassoni non stanno attraversando un buon periodo: i conti dell’Inghilterra sono quelli che sono, ma anche per gli Usa la situazione è complessa. Come pensa possa impattare questa situazione sui mercati?
In questo momento i conti sono, come dice lei, "quelli che sono" per tutti i paesi, anglosassoni e non, salvo quelli che hanno una forte spinta interna a voler crescere per recuperare distacchi storici. Su questo piano, i Paesi "maturi" non potranno, per definizione, competere. Potranno però assecondare la corsa degli altri mettendo a frutto i "primati", in termini di know how e di posizionamento, che ancora hanno. Qui ci sarà la vera competizione e i mercati sapranno premiare, o punire, paesi ed aziende di conseguenza.
I paesi emergenti non hanno problemi di debito, hanno dei tassi di crescita di tutto rispetto e i loro listini azionari continuano a viaggiare a ritmi sostenuti. Lei che idea si è fatto? Non teme ci sia una sopravalutazione?
I soldi vanno dove c’è crescita o dove si presume vi possa essere e le masse alla ricerca di remunerazione sono oggi, con i tassi prossimi allo zero, molto elevate. Se ci convinciamo che l’unica opportunità è rappresentata dai paesi emergenti lo sviluppo di una bolla è possibile, forse inevitabile. In realtà, per quanto ho detto prima, le opportunità ci sono anche altrove e il mercato darà la possibilità di selezionare e diversificare. I gestori, oggi, hanno una grande responsabilità: dovranno saper distinguere, evitando di farsi trascinare dalle mode.
Quali sono le incognite che la spaventano oggi rispetto al passato?
La grande incognita è come e quando si arriverà a un nuovo equilibrio monetario mondiale. Gli squilibri fra i paesi nel mondo ci sono sempre stati, ma mai così ampi, in rapida crescita e su molti fronti. Squilibri fra situazioni debitorie e creditorie, flussi commerciali e flussi d’investimento. Ma vi sono squilibri che nascono da grandi differenze di cultura e di modi di vita. La moneta, veicolo della fiducia fra Paesi e fra uomini, è nel mezzo. Il suo governo, un tempo retto da poche Banche centrali di omogenea estrazione culturale, è oggi reso più complesso dall’importanza raggiunta non solo da "nuovi" paesi ma anche da nuovi attori sui mercati. Il sistema appare non più adeguato, forse è il concetto stesso di moneta che va rivisto!
Quale tipo di approccio sta adottando negli investimenti?
Passata la fase più acuta della crisi greca, da febbraio abbiamo iniziato a incrementare la quota in azioni e altri strumenti a rischio, incoraggiati da una volatilità dei mercati assai contenuta, da risultati societari mediamente superiori alle attese e da dati macro che confermano la ripresa economica in atto, sia pur molto differenziata fra aree geografiche. La nostra esposizione, tuttavia, resta sotto i benchmark, in attesa di una migliore visibilità su temi nevralgici quali la correzione dei deficit statali e la ripresa dell’occupazione.
Ha individuato dei temi particolarmente interessanti, anche se di lungo termine?
Nelle nostre scelte partiamo da due considerazioni. La prima è che la fase di ripresa in atto accentua, rispetto al passato, i differenziali di crescita fra macro-aree del mondo. La seconda è che in una discontinuità, quale è quella creata dalla più profonda recessione dal dopo guerra, la tecnologia, non solo quella informatica, può essere il catalizzatore di una nuova ripresa. I nostri portafogli sono stati pertanto orientati verso le aree geografiche del mondo economicamente più dinamiche e verso titoli dell’it, dell’ingegneria avanzata, del pharma.
Come valuta questo status di osservati speciali degli hedge fund (soprattutto negli Usa)?
Gli hedge fund sono indubbiamente attori degni di una sorveglianza speciale, ma lo sono ancor più quelle Banche che di fatto usano le stesse tecniche, operando in proprio grazie ai loro "capienti" bilanci. Occorre poi aggiungere che i fondi hedge non sono da considerarsi rischiosi tutti nella stessa misura. L’attenzione dovrebbe concentrarsi su quelli che per dimensioni, strategia, tipologia degli strumenti su cui operano e uso della leva, possono rappresentare un rischio "sistemico". Comunque il tema, a mio giudizio, non si esaurisce qui: alla radice vi è il fatto che vi sono ancora oggi molti importanti mercati non regolamentati. Mercati, magari, il cui andamento è in grado di condizionare la politica monetaria o creditizia di un Paese. Rendendoli trasparenti e controllabili nei loro flussi ridurremo forse le possibilità di profitto degli hedge fund ma renderemo questi ultimi meno esposti alle crisi e quindi più sicuri per i sottoscrittori e per il sistema finanziario.
Mi potrebbe indicare le aziende che a suo giudizio hanno più valore e perché?
In Italia, Campari , in virtù delle ulteriori conferme di un solido trend di crescita profittevole, Intesa Risparmio in vista di una ripresa di redditività dell’attività bancaria tradizionale e Recordati , che combina solidità finanziaria, elevata redditività operativa e bassi multipli contenuti. In Olanda Philips,
sempre più proficuamente concentrata su apparecchi elettronici a uso medicale e sull’illuminotecnica. In Francia, SanofiAventis : ci attendiamo un flusso di notizie positive sul lancio di nuovi prodotti. Negli Usa consideriamo interessanti Cisco Systems e Fedex , la prima per cogliere l’attesa ripresa degli investimenti in tecnologia informatica, che dal 2002 hanno accumulato un ampio divario negativo rispetto al loro trend di lungo periodo, e la seconda per trarre vantaggio dalla ripresa in atto dei commerci mondiali, dopo il forte calo dello scorso anno.