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 2010  marzo 27 Sabato calendario

LA CRISI DEI DEBITI SOVRANI TOCCA GLI USA - C’è

qualcosa di nuovo sui mercati finanziari. E non è propriamente un buon segnale. L’ha avvertito persino Wall Street, seppure inconsapevolmente, crescendo appena dello 0,6% in settimana, nonostante lo straripante ottimismo dei suoi operatori. Quel qualcosa di nuovo è il problema dei debiti sovrani che comincia a farsi sentire anche negli Stati Uniti, non solo nei ragionamenti degli economisti, ma per la prima volta nel comportamento dei titoli di stato e delle obbligazioni. Finora a Wall Street è interessato assai poco della crisi greca e delle possibili conseguenze su Portogallo, Spagna o Italia. L’attenzione degli americani s’è concentrata nel coniare acronimi (Piigs o STUPID) con le iniziali dei paesi europei (e della Turchia), senza immaginare che ci sarebbe voluta una "U" in più (come Usa) oltre quella di United Kingdom. Quanto succedeva alla Grecia o all’euro,erano cose europee. Un sondaggio di qualche giorno fa, condotto da Market Forecast Projet su 300 investitori professionisti americani, ha rivelato che il 66% di costoro è convinto che la crisi sul debito greco non avrà un grande impatto sulle borse mondiali. Figuriamoci per quella di New York.
E invece mercoledì e ancora giovedì i rendimenti dei Treasury decennali sono volati verso l’alto, passando dal 3,65% al 3,9% che rappresenta il massimo degli ultimi 10 mesi, allo stesso livello del novembre 2007, quando nessuno s’immaginava una crisi finanziaria di quelle dimensioni e tanto meno una recessione. Si potrebbe pensare che rendimenti in rialzo sono il segnale di un’economia in miglioramento. E difatti s’è sentito qualche operatore sostenere questa tesi: alquanto bizzarra, visto che erano calate le vendite di case nuove e di quelle esistenti, nonostante prezzi in ulteriore calo, che gli ordini di beni durevoli erano cresciuti meno del previsto e che le nuove richiede di sussidio erano sì leggermente inferiori al consenso, ma che a beneficiare dei sussidi erano quasi 100mila disoccupati in più delle stime.
Wall Street ha avvertito solo inconsapevolmente che qualcosa di diverso era nell’aria. Quando mercoledì l’S&P aveva perso un modesto 0,5%, reduce dall’ennesimo massimo relativo toccato il giorno prima, gli operatori avevano addotto le preoccupazioni sul Portogallo, il cui rating sovrano era stato abbassato da Fitch. In sè la spiegazione era pretestuosa, visto che era a tutti noto un declassamento da parte delle varie agenzie: e non a caso, quel giorno, lo spread dei titoli di stato portoghesi era semmai sceso rispetto al bund. Ma era inconsciamente vera, perché sul mercato obbligazionario Usa stavano salendo i rendimenti dei titoli di stato, al punto che quelli decennali hanno per la prima volta superato il tasso swap decennale (quello praticato alla clientela corporate di miglior livello). Come a significare che c’è più rischio in un Treasury che in un bond emesso da General Electric.
 una assurdità, ma il fatto che ancora ieri il tasso swap fosse di 7-8 centesimi inferiore a quello del titolo di stato decennale, complici anche due emissioni non accolte entusiasticamente dal mercato, sta a significare che le preoccupazioni sui debiti sovrani europei hanno cominciato a trasferirsi negli Usa. Ci sono abbondanti motivi che giustificano il fenomeno. Il rapporto tra debito pubblico ufficialmente dichiarato ( 12.606 miliardi $) e Pil è oggi pari all’87,2%. Ma aggiungendo i 6.264 miliardi di debiti in carico alle agenzie (Fannie Mae, Freddie Mac che sono interamente controllate dallo stato) si arriva a un rosso complessivo di 18.870 miliardi: ossia al 130,6% del Pil. Le finanze Usa sarebbero in condizioni peggiori di quelle dei paesi identificati dal gentile acronimo di piigs. Secondo Bill Gross, il maggior rischio insito nei Treasury finirà per contagiare anche i bond societari, al punto da far dichiarare al fondatore di Pimco che le azioni potrebbero addirittura far meglio delle obbligazioni per qualche mese. Ed è tutto dire per uno che da tempo non crede alle borse.
In settimana l’S&P ha guadagnato lo 0,6% (+0,9% il Nasdaq) e lo Stoxx l’1,3% (+2,3% Francoforte, +1,7% Milano, +1,6% Parigi, +0,9% Londra).