Sergio Romano, Corriere della Sera 27/3/2010, 27 marzo 2010
Nel film «The reader» (A voce alta) si racconta una storia in cui la protagonista che prima lavorava alla Siemens aveva accettato nel 1943 di lavorare per le SS per fare la guardiana
Nel film «The reader» (A voce alta) si racconta una storia in cui la protagonista che prima lavorava alla Siemens aveva accettato nel 1943 di lavorare per le SS per fare la guardiana. Ebbene, lei era analfabeta e amava farsi leggere i libri prima dalle sue detenute poi a guerra finita da un giovane. Anche io sono rimasto stupito che nella Germania nazista vi fosse ancora l’analfabetismo. Il film è stupendo e dovrebbe essere proiettato nelle scuole come fu fatto con «Schindler List». Agostino Ghiglione agostinoghiglione@libero.it Caro Ghiglione, L’ esistenza di analfabeti nella Germania di Hitler non è affatto sorprendente. Secondo la Süddeutsche Zeitung, il grande quotidiano di Monaco di Baviera, vi sarebbero oggi nella Repubblica federale quattro milioni di persone che non sanno neppure scrivere una frase elementare come «io gioco al calcio». Sono uomini e donne che riconoscono le lettere dell’alfabeto, ma non possono leggere un testo o comporre una frase. Secondo Il Sole 24 Ore del 20 marzo (vedi anche Il Foglio di lunedì 22), il fenomeno è confermato e spiegato da altri dati. Sono settantamila i ragazzi che abbandonano le scuole ogni anno ed è più che raddoppiato il numero degli alunni di terza elementare obbligati a ripetere la classe. probabile che ogni grande società moderna, dalle Americhe all’Europa, abbia oggi, indipendentemente dalla sua politica in materia d’istruzione, gli stessi problemi. Il caso di Hanna Schmitz, protagonista del film da lei citato, non fu quindi eccezionale. Straordinario fu invece il fatto che questa giovane donna fosse letteralmente affamata di letteratura e riuscisse orgogliosamente a nascondere il suo handicap. Né le detenute ebree del campo di concentramento in cui prestò servizio né Michael Berg, il giovane amante incontrato in una via di Neustadt dopo la fine della guerra, capirono che Hanna era analfabeta. Questa combinazione di vergogna e di orgoglio ebbe una drammatica influenza sulla sua vita. Quando negli anni Sessanta fu arrestata con altre guardiane del campo e processata, tra l’altro, per l’uccisione di trecento ebrei, Hanna avrebbe potuto provare la propria innocenza. Le sarebbe bastato ammettere il proprio analfabetismo e dimostrare in tal modo che la firma in calce al rapporto sull’esecuzione del massacro non poteva essere sua. Rifiutò di sottoporsi a una prova di scrittura e venne condannata all’ergastolo. Fu questo il momento in cui il giovane amante di Neustadt comprese finalmente il segreto di Hanna. Più tardi Michael continuerà a essere il suo lettore inviandole le registrazioni sonore dei capolavori della letteratura mondiale. E Hanna inventò per se stessa una straordinaria pedagogia. Ascoltò più volte le cassette scrutando il testo del libro per individuare e mandare a mente la grafia di ogni singola parola. E alla fine della sua carcerazione, quando la buona condotta consentiva ormai la riduzione della pena, era finalmente capace di leggere. Ma era troppa orgogliosa e solitaria per tornare nel mondo e si tolse la vita nell’ultimo giorno della prigionia. Anch’io, caro Ghiglione, penso che questo film, tratto dal romanzo di Bernhard Schlink apparso in Italia presso Garzanti, meriti di essere diffuso tra i giovani.