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 2010  marzo 27 Sabato calendario

COSI’ CAMBIA GENERALI CON GERONZI IN SELLA

Mediobanca nel segno della stabilità, novità in vista per le Generali. Questo indica da ieri il barometro della finanza italiana, segnalando per i prossimi mesi tempo variabile - non si escludono perturbazioni - sull’asse Milano-Trieste.
Le domande fondamentali che il nuovo scenario pone sono due: Quale differenza farà per le Generali l’arrivo di Geronzi? E che cosa cambierà nei rapporti tra Mediobanca e il Leone, segnati finora di una presa piuttosto salda della prima sul secondo?
Nel caso di un banchiere come Geronzi, che da decenni è abituato a trattare a tu per tu con il potere politico e a mettere le istituzioni che guida al centro delle operazioni di sistema lo sbarco a Trieste si può prevedere proprio leggendo queste coordinate, che da una parte gli consentiranno di porsi come garante della compagnia e dall’altra di farsi sentire su una massa d’urto imponente - 400 miliardi di assets - che la compagnia ha a disposizione. Forse anche per questo chi resta in Mediobanca considera utile - ma per averne la certezza sarà meglio aspettare il 24 aprile - aver limitato le sue deleghe. Certo, Geronzi non pare aver sfruttato appieno queste sue prerogative nei due anni e mezzo trascorsi proprio alla guida di Mediobanca. Ma è anche vero che piazzetta Cuccia è stata l’utile veicolo con cui ha conquistato la presidenza delle Generali, nonché la porta da cui - solo qualche giorno fa - è entrato assieme al fior fiore del capitalismo italiano nella stanza dei bottoni della Rcs Quotidiani che controlla il Corriere della Sera.
Adesso, dunque, si va da una visione catastrofista degli effetti dello sbarco geronziano a Trieste - in sintesi estremizzata il timore che il neopresidente apra le porte alla Mediolanum di Ennio Doris e Silvio Berlusconi, consenta ai francesi di mettere le mani sul patrimonio immobiliare del gruppo, e magari alla fine vari quel «reverse merger» tra Generali e Mediobanca che farebbe inghiottire la controllante dalla controllata - a scenari assai più blandi e rassicuranti. Ad esempio quello in cui il neopresidente spingerà con mano salda lo sviluppo di un Leone che, a detta di quasi tutti i suoi azionisti, pecca di eccessiva prudenza e scarso spirito d’iniziativa. Certo è che il primo scenario qui ipotizzato rischierebbe di scontrarsi immediatamente con la posizione dei soci cosiddetti «privati» che sono scottati dalle minsuvalenze sui loro investimenti e da operazioni dettate da ragioni extraeconomiche come la partecipazione in Telco. E’ il caso della De Agostini e di Del Vecchio, ma anche di un imprenditore come Caltagirone, che pur restando nell’ombra nelle polemiche di questi giorni è vicino a Geronzi e sarà probabilmente tramite tra lui e i due ad della compagnia. Le Generali «sono amministrate molto bene. Se continuano a essere amministrate così per me basta e avanza ed è assolutamente positivo per il Paese», ha commentato ieri il ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
E Mediobanca? L’arrivo di Pagliaro, erede designato di Vincenzo Maranghi, pare riportare l’orologio indietro di quasi un decennio, ma certo piazzetta Cuccia è molto cambiata da quell’epoca: più banca d’affari e meno finanziaria di partecipazioni; più internazionale e meno italocentrica; in fondo anche meno forte nei rapporti con i suoi soci. E Pagliaro, come spiega un grande banchiere che lo conosce da vent’anni «è uno tosto, con la schiena dritta» e non ha certo paura di assumere posizioni impopolari. Anche con Geronzi a Trieste, si presume.