GIACOMO GALEAZZI, La Stampa 27/3/2010, pagina 19, 27 marzo 2010
IN CHIESA OMERTA’ E COPERTURE
Denuncia «un’evidente omertà e un silenzio inquietante», esorta a «far chiarezza e stringere il cerchio sui pochi che avevano libertà di movimento alla Santissima Trinità», riconosce che «qualcuno ha abusato della fiducia dei sacerdoti che allora gestivano la chiesa». Quando Elisa Claps scomparve, Ennio Appignanesi era arcivescovo di Potenza e, sul ritrovamento del corpo della ragazza, le sue parole hanno un peso pari alla prudenza e saggezza che tutti in Curia gli riconoscono.
«Vanno distinti i tempi e il grado di responsabilità - spiega monsignor Appignanesi -. A Potenza ho conosciuto gente straordinaria, ma un’ombra pesa sulla città. L’ambiente alla Santissima Trinità era ristretto e qualcuno può essersi infiltrato in parrocchia approfittando della libertà concessa ai gruppi parrocchiali e culturali». Un malessere condiviso anche dall’attuale responsabile della diocesi lucana, Agostino Superbo, vicepresidente Cei ed ex capo dell’Azione Cattolica, secondo il quale «alcuni aspetti meritano un approfondimento, come ho detto al questore». L’impressione è che qualcuno si sia approfittato della fiducia del parroco della Santissima Trinità, don Domenico Sabia, morto due anni fa dopo quattro decenni nei quali ha avuto la responsabilità della chiesa. Osserva Appignanesi: «Per nascondere così un cadavere non basta una persona. Sembra opera di più persone legate tra loro da un vincolo: un’omertà da manuale». E infatti non si è saputo nulla.
Se per diciassette anni il cadavere della ragazza è rimasto nascosto alla Santissima Trinità, evidenzia, «la colpa non è certamente della vigilanza attuale». E, rispetto all’ipotesi che due addette alle pulizie avessero comunicato mesi fa al nuovo parroco la presenza dei resti, l’arcivescovo sottolinea che «se è accaduta una cosa del genere e si è taciuto, siamo di fronte ad un silenzio inquietante». E aggiunge che, però, «l’omertà parte da lontano e pesa sull’intera vicenda». Man mano che emergono dettagli, puntualizza Appignanesi, «il mio dolore aumenta», perché «quella è stata una pagina terribile nella mia vita di vescovo e la parentesi più brutta». Ricorda che era «praticamente all’inizio del mio mandato» e che «da subito percepii sicuramente un clima omertoso, di coperture».
L’arcivescovo si augura che «adesso chi sa parli, si faccia vivo». La cerchia, avverte, si sta restringendo: «Si valuti con attenzione e scrupolo tra le persone che a quel tempo potevano avere libertà di movimento». Infatti, «non a tutti è dato di trasportare una persona o un morto sino al controsoffitto di una chiesa». Collaborare con i magistrati, risalire a eventuali coperture, fuori o dentro la Chiesa, è divenuta una priorità per le gerarchie ecclesiastiche. Nella bufera delle polemiche il caso Claps è divenuto un caso di primaria importanza anche per l’intera Chiesa. In diocesi come in Curia, la parola d’ordine è «fare giustizia e ricostruire la fiducia». Che vengano a galla eventuali complicità di esponenti della Chiesa sarebbe comunque meno dannoso piuttosto che alimentare ulteriormente e far dilagare una sensazione di connivenza e incoerenza con i continui appelli alla legalità rivolti dai vescovi soprattutto nel sud.
Potenza? «Un ambiente untuoso, nel quale contano i favori, gli amici degli amici e la ricerca delle protezioni. Da questo punto di vista è un circolo chiuso nelle classi alte»: lo ha detto il primo rettore dell’Università della Basilicata (dal 1982 al 1994), Cosimo Damiano Fonseca, sul sito pontifex.roma. Nel ricordare che «Potenza, a differenza di Matera, è una città chiusa, non respira», Fonseca ha aggiunto che «prima di ogni concorso universitario mi giungevano casse di raccomandazioni. Dunque non mi meraviglio che in un ambiente tanto chiuso oggi ci sia omertà».
Il questore di Potenza, Romolo Panico, ha confermato che oggi la polizia scientifica farà nuovi esami nel sottotetto della canonica della Santissima Trinità dove lo scorso 17 marzo sono stati trovati i resti di Elisa Claps, la ragazza scomparsa nel 1993. Durante gli esami dovrebbero essere presenti anche i magistrati della procura di Salerno che coordinano le indagini, gli avvocati e i periti di parte, tra cui quelli di Danilo Restivo, l’unico indagato per omicidio, violenza sessuale e occultamento di cadavere.