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 2010  marzo 26 Venerdì calendario

IL MIO PAPA’, EZIO TARANTELLI

La madre non sapeva come dirlo al figlio. Tre giorni prima giocavano insieme a pallone nel parco sotto casa, a Villa Paganini, e tre giorni dopo: «Sai, Luca, c’è una cosa terribile che devi sapere. Papà è morto». Non aveva avuto cuore neppure di spiegargli, subito, che il padre era stato ammazzato dalle Brigate rosse. E non aveva creduto ai suoi occhi e alle sue orecchie quando Luca, stordito, senza piangere, dopo un lunghissimo attimo di silenzio, le aveva risposto qualcosa come: «Dobbiamo andare avanti. Le nostre vite devono continuare».
Davanti alle immagini del film che ha dedicato alla vita del padre, ancora non si spiega quella reazione il giovane storico Luca, figlio dell’economista Ezio Tarantelli caduto proprio venticinque anni fa sotto il piombo brigatista. A metà Anni Ottanta, l’Italia era nel fuoco dello scontro sul taglio della scala mobile, il sistema automatico di adeguamento dei salari all’inflazione che proprio Tarantelli aveva contribuito a riformare e che divise il Paese a metà. «Forse - chiarisce - il colpo che avevo subito era così forte che sul momento ho cercato di rimuovere l’accaduto. Non solo il delitto, ma perfino mio padre. Un padre molto impegnato e molto amato, con cui avevo appena festeggiato il mio tredicesimo compleanno. Poi a poco a poco ho sentito risorgere dentro di me il desiderio di conoscerlo meglio e di ritrovarlo. Anche per questo ho fatto questo documentario, in cui sono andato a cercare tutti i suoi amici per farmi raccontare com’era».
Le prime immagini sono quelle tipiche dei filmini casalinghi della festa di un bimbo di tre-quattro anni. E all’inizio Ezio Tarantelli è guardato con gli occhi stupiti di un adolescente. C’è la famiglia dei nonni, fotografata con gli abiti buffi di un secolo fa. Si vede a tratti la gioventù del padre, negli anni americani di Boston e del Massachusetts, dell’incontro con la madre, Carol Beebe, una splendida ragazza americana che racconta: «Ezio aveva in tasca quarantacinque dollari e voleva restare sei mesi in America. Se non avesse trovato me che gli ho prestato i soldi…». Si piacevano, avevano cominciato a flirtare negli anni della contestazione americana, si sposarono tutt’insieme e festeggiarono con una ventina di amici «e una torta tremenda, comperata al supermercato da un’amica greca», ricorda ancora Carol.
Chi era, com’era Ezio Tarantelli? Un giovane economista dell’infornata che sarebbe diventata dei «Ciampi boys», tutti bravissimi, poliglotti, abituati a correre da un’università all’altra, all’estero, «perché si doveva studiare nei posti migliori». Di questo gruppo, Ezio, giovanissimo, è il più inquieto. Per restare di più in America, al Massachusetts Institute of Technology, usa perfino le ferie matrimoniali. A un certo punto Ciampi gli dice: «Deciditi. Prenditi un anno, se vuoi, ma poi o torni in Banca d’Italia o vai a insegnare».
Così Ezio sceglie di insegnare. A Milano, a Firenze, con quella sua aria da intellettuale che magari gli faceva trascurare di andare in giro con le scarpe scucite e un vecchio pastrano di suo zio. Con quella sua maniera fisica di fare lezione, per cui se doveva spiegare una curva econometrica la disegnava con il corpo e con le mani. E con quella sua lingua inarrestabile che lo faceva parlare ininterrottamente ore e ore. «Una volta - rammenta Luca -, avrò avuto otto anni, e dopo averne sentito parlar per mesi a tavola, mi feci forza e gli chiesi: mi spieghi cos’è l’inflazione?».
Tirava un’aria pesante in Italia a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta. Luca è convinto che «anche un bambino poteva capire che c’era una guerra in corso. Bastava sentire i telegiornali che parlavano solo di delitti e attentati. Forse la cosa che non potevi comprendere era da che parte stavano i buoni e i cattivi». Erano gli anni dell’Italia campione mondiale di calcio, e per i Tarantelli, di lunghe estati a Sabaudia. «Papà non c’era sempre. Ma quando c’era era molto presente». Grande sportivo, nuotatore, Ezio, per insegnare a Luca a nuotare gli sgonfiava a poco a poco i braccioli galleggianti. «Poi un anno si mise in testa di imparare il windsurf. Era instancabile, scivolava e si rialzava, provava mille volte senza arrendersi mai. Ed ogni volta che saliva sulla tavola, noi dalla spiaggia facevamo in coro: cade, cade, cade…».
Sono gli ultimi momenti di spensieratezza di una famiglia «felice, molto molto felice», come assicura Carol, tornando indietro con il pensiero. A rompere quest’atmosfera di serenità arriverà tra poco il commando delle Br. Ma prima, c’è il momento in cui Ezio formula quella che gli sembra la teoria più importante della sua vita. L’Italia, osserva, non può seguitare ad essere un Paese in cui tra disoccupati, sottoccupati, ed emarginati c’è più di un terzo di gente che se la passa malissimo, e anche quelli che hanno un lavoro vedono il proprio salario divorato da un’inflazione che tocca punte del 25 per cento. Di qui l’idea che, quando la spiega, tutti, a partire da sua moglie, gli dicono che è fuori di testa: bisogna fissare una soglia prestabilita per l’inflazione, e regolare di conseguenza la scala mobile.
Va a parlarne con il segretario della Cgil Lama, lui che è vicino al Pci e per qualche anno ha anche avuto la tessera in tasca, ma rimane deluso. Va al Cespe, il centro di ricerche vicino al partito, ma non lo stanno a sentire. Il suo amico Aris Accornero gli dice letteralmente: «Ma sei pazzo?». Alla fine gli unici che lo ascoltano sono Spadolini, che si ricordava della vecchia formula lamalfiana della «politica dei redditi», il capo della Cisl Carniti e Craxi, che s’innamora dell’idea che lo porterà a tagliare la contingenza per decreto. Il 3 maggio 1983 sparano alle gambe a Gino Giugni, il socialista giuslavorista che aveva scritto lo Statuto dei lavoratori. Sinistro avvertimento. Massimo Bordignoni, stretto collaboratore di Tarantelli, lo avvisa: «Se hanno sparato a Giugni, possono sparare anche a te». Pierluigi Ciocca, l’amico dei primi anni in Banca d’Italia, gli raccomanda: «Stai attento». «Ma io non so quanto mio padre si rendesse conto del pericolo», s’interroga ancora Luca, alla fine della sua tragica ricostruzione.
Ezio Tarantelli va incontro alla morte in un giorno qualsiasi. Il giorno del compleanno del figlio in cui per un po’ aveva giocato a calcio, lo avevano visto pensieroso. Aveva detto a Luca e ai suoi amici: «Vi aspetto a casa». Quella mattina del 27 marzo 1985 aveva fatto lezione, era uscito dalla facoltà d’Economia della Sapienza dove ora c’è un’aula a suo nome, era salito in macchina e s’era girato svelto, sentendosi chiamare: «Professore». Andarono a prendere Carol e in macchina, mentre andavano all’ospedale, le comunicarono ch’era morto: diciassette colpi di mitra. E lei dovette dirlo a suo figlio. Due dei tre assassini li hanno presi. Uno, Antonino Fosso, un vero sanguinario, è all’ergastolo. L’altra, Barbara Balzerani, la donna di Mario Moretti al vertice della colonna romana, è uscita da poco. «La settimana scorsa - racconta Luca - ha fatto un recital di poesia. Erri De Luca, lo scrittore che l’ha introdotta, ha detto che a nessuno, neanche a un terrorista, può essere limitata la libertà d’espressione. Ma esiste una limitazione peggiore di questa libertà che chiudere per sempre la bocca a una persona?».