Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  marzo 26 Venerdì calendario

GRECIA, COMPROMESSO MERKEL-SARKOZY

Accordo sulla Grecia, come da copione in salsa franco-tedesca, e pieno rilancio del progetto di un vero governo economico dell’Europa. I leader di Eurolandia hanno definito il meccanismo che, in caso di bisogno e solo come «ultima ratio», permetterà a Atene di ottenere dei «prestiti bilaterali coordinati e volontari» dai paesi dell’area euro, ai quali saranno affiancati finanziamenti «complementari» erogati dal Fondo monetario internazionale. La soluzione «mista» dovrebbe consentire al tesoro ellenico di raccogliere sino a 22 miliardi a miglior mercato, per la maggior parte con singoli contributi decisi all’unanimità. E’ la ricetta con cui si spera di salvare i greci e la moneta unica. Non solo. E’ la mossa che cambia i giochi in tavola e apre la porta ad un più efficace coordinamento strategico.
La trattativa è corsa sul filo fra Parigi e Berlino. Le due principali economie del continente hanno architettato un compromesso che ha accontentato tutti. Ha convinto la cancelliera Merkel a salire sul treno dei prestiti bilaterali e il presidente Sarkozy a rinunciare al veto sull’appoggio di Washington. Il prezzo è stato nel primo caso la promessa di maggior rigore nella gestione finanziaria europea; nel secondo ha pagato il desiderio di ribadire lo spirito di solidarietà comune. «Quando c’è la volontà, si trova la soluzione», ha chiosato il presidente della Commissione, José Barroso.
L’Europa dovrebbe interrogarsi sul perché, nei momenti difficili, sono i due dell’asse franco-tedesco a dare la linea e gli altri venticinque a seguire. Ora, però, il tema è un altro. In un 25 marzo in cui si commemora il Trattato di Roma, i Sedici hanno varato l’atteso piano anticrisi, convinti che le «misure decisive» prese in Grecia dovrebbero consentire di «riguadagnare la fiducia dei mercati». Tuttavia, hanno precisato, Atene «non ha chiesto alcun sostegno finanziario; di conseguenza, non c’è alcuna decisione per attivare il meccanismo».
 la «pistola carica» che voleva il premier Papandreou. Potrebbe servirgli quando dovrà rinnovare i 16 miliardi di debito in scadenza in maggio. Intanto, però, i mercati sanno che non ci sarà default e che Atene sarà in grado di rifinanziarsi. Un terzo dei capitali necessari dovrebbe venire dal Fmi e due terzi dall’Eurozona, ma il presidente della Bce, Jean Claude Trichet, ha confessato di ritenere «che non ci sarà bisogno di attivare il meccanismo», perché la ricetta messa punto riporterà la calma sui mercati. Il francese, nel pomeriggio, aveva espresso dubbi sull’opportunità di ricorrere al Fmi. A fine vertice ha corretto il tiro. «Abbiamo lavorato bene - ha spiegato - conservando la responsabilità politico dell’Eurogruppo».
In futuro, però, la musica dovrà cambiare. «Ci votiamo a promuovere un forte coordinamento delle politiche economiche in Europa», recitano i Sedici pungolati dalla rigorista Merkel. Con questo in mente, si afferma che «il Consiglio europeo migliori la governance Ue». Tutte le procedure di sorveglianza devono essere consolidate e «occorre una cornice robusta per risolvere le crisi». Una task force orizzontale guidata da Van Rompuy dovrà presentare le misure necessarie entro l’anno.
Le conclusioni si aspettano «una partecipazione sulla base delle quote del capitale Bce». L’Italia, che detiene il 12,4% dell’Eurotower, potrebbe impegnare circa 1,5 miliardi. Il premier Berlusconi, soddisfatto per la «soluzione europea», precisa che è presto per i numeri. Sono però «somme che si devono assolutamente spendere anche perché un fallimento della Grecia comporterebbe una perdita di valore dell’euro ben superiore a qualunque cifra prestassimo». La crisi ellenica, ha aggiunto, non ha attinenza col taglio delle tasse che «dipende dall’abbattimento della spesa e dall’eliminazione degli sprechi che inseguiamo da tempo».