FULVIO MILONE, La Stampa 26/3/2010, pagina 23, 26 marzo 2010
HO GIRATO IO IL VIDEO SU MARRAZZO
Dopo il carabiniere sotto inchiesta per omicidio e che rischia l’arresto nelle prossime ore, eccone un altro che ha cominciato a pentirsi. Come se non bastasse, c’è anche un avvocato sospettato di aver nascosto il video dello scandalo che i magistrati cercano da mesi. Il caso Marrazzo si arricchisce di continui colpi di scena. E’ già nota la nuova accusa mossa a Nicola Testini, maresciallo della compagnia Trionfale, una delle quattro «divise» arrestate nell’inchiesta sui ricatti e sui tentativi di vendita del filmino che ritraeva l’ex Governatore del Lazio con il trans brasiliano Natalie: il carabiniere, nel frattempo scarcerato, è ora indagato anche per l’omicidio del pusher Gianguerino Cafasso. Testini, a questo punto, rischia di tornare in carcere con un’accusa molto più pesante: la procura, infatti avrebbe già chiesto l’arresto per lui. Ma nell’affaire costato la carriera politica a Marrazzo è entrato a pieno titolo un altro personaggio, l’avvocato dello spacciatore ucciso da una dose di eroina «mascherata» con un farmaco da cocaina e ceduta, secondo l’accusa, proprio dal maresciallo Testini. Si tratta di Marco Cinquegrana. L’altra sera, dopo un lungo interrogatorio, i magistrati hanno ordinato una perquisizione nel suo studio. Cercavano la versione integrale del famoso video a luci rosse girato il 3 luglio dell’anno scorso nell’appartamento di Natalie, in via Gradoli. Il filmino non è stato trovato, ma gli esperti ora sono alle prese con l’hard disk di un pc sequestrato all’avvocato, nella speranza di individuarne le tracce.
Ma perché gli inquirenti appuntano i loro sospetti sul legale di Cafasso? Che Cinquegrana abbia in qualche modo preso parte alle trattative per piazzare il video hard, è cosa già nota: lui stesso, durante un interrogatorio, ammise che Cafasso gli aveva chiesto di aiutarlo a individuare dei giornali a cui piazzare il materiale in cambio di una grossa ricompensa. Ma la risposta vera a quella domanda va cercata nelle dichiarazioni fatte due giorni fa da uno dei carabinieri ancora in prigione, Luciano Simeone, che con il suo collega Carlo Tagliente fece irruzione nel monolocale in cui Natalie si tratteneva con Marrazzo. Simeone, provato dalla vita in cella, comincia a collaborare. Ne ha dette di cose, anche importanti. L’altro ieri ha confessato che sono stati lui e Tagliente, con il cellulare di quest’ultimo, a filmare la scena, smantellando la vecchia versione secondo la quale il video era stato girato da Cafasso, e a cui i magistrati non hanno mai creduto. Non solo: avrebbe detto che Cafasso aveva affidato il video al suo avvocato.
Ieri Simeone ha continuato a parlare, raccontando la sua «nuova» verità su quanto accadde il 3 luglio dell’anno scorso in via Gradoli. Ha detto che la cocaina non la portarono lui e il suo collega per incastrare Marrazzo. «La droga - ha detto - c’era già quando facemmo l’irruzione». Se quello che dice Simeone è vero (il che è tutto da verificare), vuol dire che la coca a Natalie la diede Cafasso, che non però si limitò a svolgere il suo lavoro di pusher: secondo i magistrati, infatti, Gianguerino, informato dal trans della presenza di Marrazzo nel monolocale, girò la notizia ai carabinieri infedeli che fecero l’irruzione, e poi tentò di piazzare il video ai giornalisti. Non ci riuscì. Fu estromesso dalle trattative e, forse per questo, venne eliminato: animato dal desiderio di vendetta, sarebbe stato un testimone troppo pericoloso.
Fin qui, la testi dell’accusa. Ma l’indiziato numero uno per la morte di Cafasso, il maresciallo Testini, che rischia di finire in carcere per omicidio, non ci sta. «E’ una cosa assurda, non c’entro nulla con questa storia», fa sapere dal paese natale in provincia di Bari, dove si è rifugiato con la famiglia. La moglie Maria Rosa dice che il carabiniere «è rimasto sconvolto e senza parole» per le nuove accuse contro di lui. «Vogliamo cercare di capire che cosa sta succedendo», dice. Ma gli inquirenti insistono; Testini c’entra eccome in questa storia. Il gip che confermò il suo arresto avvenuto nell’ottobre scorso lo definì «l’organizzatore» di tutta l’«operazione-Marrazzo».