Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 26/03/2010, 26 marzo 2010
CASO MARRAZZO, CHIESTO L’ARRESTO DEL CARABINIERE
Richiesta di arresto per omicidio volontario e cessione di stupefacenti. I magistrati della Procura di Roma formalizzano le accuse contro il maresciallo dei carabinieri Nicola Testini e lo accusano di aver ucciso il pusher del «caso Marrazzo» con una dose di cocaina «tagliata» con eroina. Uno «speedball» letale che Gianguerino Cafasso consumò mentre era insieme alla sua fidanzata, il transessuale ventinovenne Adriano Da Motta in una stanza dell’hotel Romulus di Roma dove poi fu trovato morto. Per questo chiedono al giudice che il militare già arrestato per aver ricattato l’allora presidente della Regione, ma rimesso in libertà dopo un mese dal tribunale del Riesame, venga portato nuovamente in carcere.
L’inchiesta entra dunque in una fase cruciale. Ma sono numerosi i misteri ancora da chiarire, tanto che ieri gli investigatori del Ros hanno perquisito lo studio dell’avvocato Marco Cinquegrana, difensore di Cafasso, alla ricerca del video integrale di 12 minuti che i carabinieri girarono con un telefonino per incastrare Piero Marrazzo mentre era in compagnia del viado Natalie.
A Regina Coeli sono ancora detenuti gli altri due carabinieri accusati del ricatto, Luciano Simeone e Carlo Tagliente, entrambi erano in servizio alla Compagnia Trionfale, lì dove anche Testini lavorava ed era il loro superiore diretto. Furono proprio loro a far irruzione nell’appartamento di Natalie il pomeriggio del 3 luglio scorso. «Cafasso era un nostro confidente, ci aveva avvisati di un festino, ma non sapevamo che c’era Marrazzo», ha ribadito durante gli ultimi interrogatori Simeone.
I magistrati non gli credono, ritengono che il blitz sia stato pianificato proprio per incastrare il governatore. La convinzione dell’accusa è che i militari’ probabilmente con la complicità di colleghi che non sono stati ancora individuati – sfruttassero le informazioni ottenute dai transessuali per spillare soldi a chi frequentava gli appartamenti di via Gradoli e via due Ponti. Testini – che per un periodo avrebbe avuto a sua volta una relazione con un viado della zona – dovrà anche chiarire dove prendesse la droga che poi spacciava a Cafasso e forse anche ad altri.
stato Jennifer a ricostruire gli incontri tra i due per la cessione delle dosi e le sue dichiarazioni appaiono confortate dai riscontri tecnici effettuati dagli investigatori. Sono stati proprio gli specialisti dell’Arma – grazie all’esame dei tabulati telefonici – a rintracciare centinaia di telefonate a partire dal 2005. La prova di un legame stretto che si salda con il ricatto a Marrazzo, ma poi evidentemente si rompe quando, dice l’accusa, Cafasso viene prima minacciato e poi ucciso da Testini.
Il pusher è il primo a cercare di vendere il video del governatore: a metà del luglio scorso, attraverso l’avvocato Cinquegrana, contatta due giornaliste del quotidiano Libero; mostra le immagini in un motel solitamente frequentato dai tre carabinieri; poi chiede 500.000 euro. La trattativa non si conclude e neanche un mese dopo sono gli stessi militari a mettere il video in vendita.
Cafasso viene estromesso ed è in quel momento che, secondo i magistrati, il rapporto con Testini si incrina. Il pusher sparisce dalla circolazione per un po’, ma quando torna a Roma i contatti riprendono. l’inizio di settembre. La trattativa per la vendita del video sembra entrata nella fase conclusiva. Forse Cafasso rivendica una parte del compenso, è possibile che minacci Testini di rivelare l’esistenza del ricatto politico. La sera dell’11 i due si vedono nel parcheggio della Rai a Saxa Rubra. Il carabiniere consegna lo «speedball» letale. «Io assaggiai la droga ma era amara e non la presi – racconta Jennifer – invece Rino la sniffò e poi si mise a dormire». Cafasso muore all’alba del giorno dopo. «Ucciso perché diventato testimone scomodo», sostengono adesso in Procura.
Fiorenza Sarzanini