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 2010  marzo 26 Venerdì calendario

L’ACCUSA DEL NEW YORK TIMES «RATZINGER COPRI’ PRETE PEDOFILO»

Secondo il New York Times, il cardinale Joseph Ratzinger sapeva e non agì. Anche il cardinale Tarcisio Bertone sapeva, abbozzò un’azione, ma poi fece marcia indietro.
C’era un orco con la tonaca nella diocesi cattolica di Milwaukee, nel Wisconsin. Aveva abusato sessualmente per oltre 30 anni di centinaia di bambini, molti di loro portatori di handicap. Eppure, sostiene il quotidiano newyorkese, di fronte agli allarmi scritti, sia pur tardivi, di un arcivescovo del Mid-West, il futuro Papa (allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede) e il futuro segretario di Stato (allora suo vice) scelsero di non agire, lasciando l’accusato al suo posto.
Forte dei documenti forniti dagli avvocati di alcune vittime, la ricostruzione del Times esplode nel cuore dello scandalo dei preti pedofili, suggerendo per la prima volta esplicitamente una responsabilità del soglio pontificio e aprendo nuovi interrogativi, che mettono il Vaticano ancora più sulla difensiva.
Dal 1950 al 1974, il reverendo Lawrence Murphy lavorò alla St. John’s School, un noto istituto cattolico del Wisconsin per bambini non udenti. Ma nessuno, né le autorità ecclesiastiche, né la polizia, né le procure federali gli chiese mai conto delle sue malefatte a dispetto di denunce, richieste di aiuto, segnalazioni. Tre vescovi di Milwaukee in successione furono informati degli abusi sessuali di Murphy, messi in guardia da psicologi e medici sulla sua pericolosità, ma non lo denunciarono, né presero provvedimenti disciplinari. Nel 1974, ormai diventato imbarazzante, l’arcivescovo William Cousins lo rimosse dalla scuola, trasferendolo discretamente nella diocesi di Superior, dove per altri 24 anni il reverendo pedofilo continuò a lavorare indisturbato con i ragazzi in parrocchie, scuole e anche in un carcere minorile.
Murphy morì nel 1998. E solo due anni prima un altro vescovo di Milwaukee, Rembert Weakland, si era finalmente preso la briga d’investire del caso la Curia romana. Anche lui in ritardo: Weakland infatti sapeva dal 1993.
Ma due lettere di Weakland al cardinale Ratzinger non ricevettero risposta. Solo 8 mesi dopo monsignor Bertone, numero due dell’ex Inquisizione, ordinò ai vescovi del Wisconsin d’istruire segretamente un processo canonico, che avrebbe potuto portare alla destituzione di Murphy. Ma un anno dopo lo stesso Bertone ordinò di fermare il procedimento, spiegando che il reverendo si era nel frattempo pentito in una lettera a Ratzinger, era in cattiva salute e comunque i reati erano troppo lontani nel tempo. Il cardinale consigliò invece che a Murphy venissero applicate «misure pastorali, mirate a riparare lo scandalo e restaurare la giustizia».
Le carte pubblicate dal New York Times raccontano che a nulla valsero le insistenze dei vescovi americani. «Lo scandalo non può essere riparato senza un processo giudiziario», scrisse a Bertone monsignor Raphael Fliss, il prelato che aveva istruito il caso. E in un incontro romano con l’allora vice di Ratzinger, l’arcivescovo Weakland lo informò che Murphy non nutriva alcun senso di rimorso, né sembrava realizzare la gravità enorme dei suoi misfatti.
«Un tipico pedofilo», ricordò il pastore di Milwaukee, era stata la conclusione dei tre psichiatri che lo avevano visitato. Il cardinal Bertone fu irremovibile. Per lui non c’erano «elementi sufficienti per fare un processo». Il suo suggerimento fu che a Murphy fosse proibito di dir messa fuori dalla sua diocesi e venisse imposto un ritiro spirituale, per verificarne il reale pentimento: in caso contrario avrebbe potuto essere privato del ministero.
A fornire le carte al Times sono stati Jeff Anderson e Mike Finnegan, i legali di 5 uomini abusati da Murphy, che hanno portato in Tribunale la diocesi di Milwaukee. Sono loro le testimonianze sulle imprese del reverendo, sempre pronto a denudarli e toccarli nel suo ufficio, in confessionale, nella sua auto, nelle gite, nella casa estiva di sua madre, nei loro dormitori. Aveva modi dolci e comprensivi: «Era sempre gentile e amichevole. Sapevo che quello che faceva era male. Ma non riuscivo a credere fosse una persona cattiva», ha raccontato Arthur Budisnki, che Murphy molestò sessualmente per la prima volta nel 1960 durante la confessione. Aveva 12 anni. La stessa età del suo amico Gary Smith, al quale andò pure peggio. Murphy gli mise le mani addosso almeno 50 volte: «Quando andai via da St. John ero pieno di rabbia e disgusto». Oggi di anni ne hanno entrambi 61 e gli ultimi tre decenni li hanno spesi a gridare al lupo, anche distribuendo volantini in cattedrale, senza che nessuno desse loro retta. Ora la loro denuncia risuona nel mondo e preoccupa Roma.
Paolo Valentino