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 2010  marzo 22 Lunedì calendario

VITA BURASCOSA E SCANDALOSA DI UNA DIVINA CONTROCORRENTE

Il 10 gennaio 2006, in gran segreto a Lugano, sposò il cardiochirurgo Eugenio Quaini, suo compagno da 25 anni. Perché la signora è una che non gliene frega niente, tantomeno delle convenzioni sociali. La notizia delle nozze la dette lei stessa, un paio di mesi dopo, su Vanity Fair, dove tiene la seguitissima rubrica di posta con i lettori C’è Mina per te. Da quel 10 gennaio è a tutti gli effetti Anna Maria Quaini, come prevede la legge svizzera per cui la moglie prende il cognome del marito.
Ma queste sono quisquilie. Anche quel matrimonio e quell’annuncio dato in sordina per essere ripreso e divulgato nel modo più rumoroso possibile, fanno parte del personaggio. Per lei, che ha vissuto la giovinezza a mille all’ora, tra grandi amori e grandi scandali, passioni, sofferenze, innamoramenti e abbandoni, matrimoni burrascosi, l’incontro con Quaini, tranquillo professionista di origine cremonese è stato il corrispettivo nel privato di quanto è stato nella vita pubblica l’abbandono della scena. Scomparire, ripudiare il palcoscenico, la televisione, le interviste per entrare nell’immaginario come una voce distante ma padrona finalmente di se stessa. Ripudiare la vita rutilante, gli amori forsennati, per essere finalmente una persona qualsiasi, che si accompagna con un signore per bene, discreto e fuori dal rutilante mondo dei brillantini. Il non esserci fisicamente era l’unica possibilità per esserci come voleva lei. Un ripudio che nasceva anche dal disgusto per le chiacchiere, per tutto quello che i giornali avevano scritto e detto sulla sua vita privata: la immorale per eccellenza, la trasgressione, il figlio illegittimo e l’accanimento pro o contro la sua figura.
Nel bel mezzo degli anni Sessanta e Settanta, all’apice del successo, Mina era braccata dalla stampa, ammirata, invidiata ma soprattutto giudicata come mai nessuno prima. L’interesse per la sua vita privata fu morboso. Le hanno attribuito flirt con Umberto Orsini, Maurizio Arena, Gian Maria Volontè, ma sono storie presunte. Vera fu la storia d’amore con Walter Chiari, e tutto contribuì ad alimentare il mito del personaggio. La tigre di Cremona sfoggia minigonne vertiginose, è prorompente come la sua voce, ammalia, incanta, affascina e si lascia affascinare. Ha 22 anni quando conosce Corrado Pani, attore di teatro dal nutrito seguito femminile, nota voce radiofonica, uomo di fascino che aveva lavorato anche con Luchino Visconti in Rocco e i suoi fratelli. Tra i due scoppia la passione, ma lui è sposato anche se di fatto separato in casa. La storia diventa subito di dominio pubblico, i giornali si scatenano. Rotocalchi e paparazzi non danno tregua, in quell’Italia degli anni Sessanta dove il divorzio è ancora un miraggio, un sogno vagheggiato dalla maggioranza degli italiani che vorrebbero ma non possono. Mina ha il coraggio di fare, alla luce del sole, quello che tanti altri fanno nell’ombra, solletica l’immaginario e scardina convenzioni sociali e luoghi comuni. Per la sua storia con Pani la polemica raggiunge livelli esagerati, fino a provocare l’intervento delle gerarchie. Perfino padre Virginio Rotondi, noto al grande pubblico per la trasmissione radiofonica sui temi della fede, si inserisce nella vicenda e scambia alcune lettere con Mina. Il tutto ovviamente diviene di dominio pubblico, spiattellato sui giornali. Non c’erano le intercettazioni, ma lo sputtanamento pubblico era praticato con lo stesso gusto.
Mina però è oltre. Quando il 18 aprile 1963 nasce Massimiliano, il figlio della colpa, il figlio illegittimo, Mina diventa la «ragazza madre d’Italia». Con l’arrivo di «Paciughino» (così lo chiamano in famiglia) viene cacciata dalla Rai. Una lunga quarantena, che divide l’Italia in due fazioni: la borghesia perbenista ufficialmente stigmatizza mentre l’altra parte della borghesia sottobanco approva.
In un’intervista a Playboy dei primi anni Settanta, quando i venti della rivoluzione sessuale soffiavano già con forza, Mina ricorderà: «Il massimo è stata una foto su Epoca, dove io ridevo con Corrado con il mio pancione, tranquilla, e sotto scritto: ”Cosa avrà da ridere?”. Me la ricorderò tutta la vita una cosa del genere. Me ne hanno tirate addosso delle badilate e la gente non si è lasciata condizionare da questo fatto, l’ha superato». Dopo la nascita di Paciughino, Mina ritorna alla Bussola delle Focette e il pubblico della Versilia non lascia un biglietto invenduto. Il successo nonostante tutto, suggella Mina come icona della emancipazione. Lei è una pietra miliare dell’evoluzione del costume italico. La gente sta dalla sua parte. Racconterà: «Mai vista una serie così di regali da tutta Italia, di lettere. ”Stai tranquilla”, per la strada mi dicevano ”Non ti devi preoccupare”».
Ma la storia con Pani dura poco. Entra in crisi dopo la nascita di Massimiliano: lei è un siluro lanciato verso il successo, concerti, televisione, spettacoli. I due si vedono poco e nella vita di lei compare un altro uomo, Augusto Martelli, suo arrangiatore e compagno con il quale visse fino agli inizi degli anni Settanta. Il loro matrimonio viene più volte annunciato dai giornali, si parla di loro nelle rubriche dei pettegolezzi, ma non sarà mai celebrato. Perché nella vita sentimentale della cantante sbucherà all’improvviso un giornalista romano di 29 anni, Virgilio Crocco, che il 6 febbraio 1970 accompagna un collega amico di Mina ad ascoltare un concerto a Terni. In camerino è vero colpo di fulmine, ancora più inaspettato perché la diva odia i giornalisti. Quindici giorni dopo i due si sposano, a Trevignano, sul lago di Bracciano. Raccontano le cronache: «Mina con dei capelli rossi e occhialoni gialli, porta dei pantaloni svasati cammello, golf girocollo, cappotto lungo beige con cintura, stivali gialli. Virgilio con i capelli spettinati è senza giacca, camicia rosa, cravatta blu, pullover beige e pantaloni neri. Come testimoni il ginecologo di Mina il dittor Umberto Mileti, l’autista-segretario Sergio Palmieri con la moglie e il professor Gabriele Murceu, amico della sposo. Una bottiglia di spumante, la lettura degli articoli del Codice e il sindaco, il ragionier Antonio Luciani, li proclama marito e moglie».
C’è tutta l’Italia degli anni Settanta in questo racconto e c’è tutta Mina, la donna che canta di donne illuse e fragili e abbandonate. Tutto il contrario di come è lei. Anche il matrimonio con Crocco è una cometa, dura pochi mesi, il tempo sufficiente però a produrre un’altra creatura. Benedetta nasce l’11 novembre 1971 alla Mangiagalli di Milano, all’ottavo mese con parto cesareo. Mina è sola quella notte, Crocco si è già inabissato e morirà due anni dopo investito da un pirata della strada in America.
Parole, parole, parole, canta Mina. «Le rose e i violini questa sera raccontali a un’altra» canta con la saggezza della disillusione. La stessa che traspare negli interventi di costume su La Stampa e nelle risposte ai lettori di Vanity Fair. Quando rincuora la malcapitata: «Hai avuto la sfortuna di incocciare in un cretino, un maleducato che non merita una sola delle tue lacrime». Forza, avanti così. Il resto sono solo parole, parole, parole.