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 2010  marzo 24 Mercoledì calendario

QUELLA MAGNIFICA OSSESSIONE CHIAMATA



La magnifica ossessione. Ancora ieri, sul Giornale, una lunga intervista di Stefano Lorenzetto all’ex presidente del Senato, ed ex presidente della Rizzoli, Carlo Scognamiglio ricostruiva la vicenda della vendita della Rizzoli (futura Rcs) alla cordata composta da Agnelli, Mediobanca, Montedison e la Mittel di Giovanni Bazoli. Certo, la circostanzaè gustosa – ovvero la decisione di Angelo Rizzoli Jr. di far causa per avere una cifra adeguata dalla svendita dell’impero di famiglia – eppure il fatto che si parli ancora di questa storia dopo 30 anni fa pensare a quanto il Corriere della Sera sia sempre stato «al centro»: al centro dell’interesse come trofeo industriale da possedere, e da utilizzare come pedina nelle partite economiche e politiche del Paese; al centro anche come naturale collocazione politica, cristallizata negli ultimi anni nella formula terzista.
Ma il Corriere è anche «al centro» di sé stesso: è uno dei pochissimi media autorizzati a criticarsi e a commentarsi. Ieri lo ha fatto un editorialista attento come Salvatore Bragantini, in un commento intitolato ”Immobilità e stanchi riti del capitalismo italiano”. Bragantini, ex commissario Consob, collaboratore della Voce.info, editorialista del Corriere dal 1994, se l’è presa con l’immobilismo del nostro capitalismo finanziario: dalla partita per Generali a quella collegata di Mediobanca a quella di Unicredit a – naturalmente – Rcs. Bragantini parla di ”telenovela” riguardo alle nomine nel cda di Rcs Quotidiani. Prima di lui anche Massimo Mucchetti, che sul Corriere ha recentemente espresso osservazioni e critiche a Mediobanca; e prima alle strategie della Fiat e degli Agnelli, intenzionati a spendere denaro per acquistare da Intesa la Fideuram (e non per investirlo nell’auto, proprio mentre si chiedevano e ottenevano gli incentivi, questo stigmatizzava Mucchetti).
Ne nacque un caso, segnalato e commentato da un giornale molto attento agli equilibri dei poteri italici come il Foglio. Ma vi fu anche chi rilevò (Oscar Giannino sul suo blog) che in realtà quello di Mucchetti fosse un warning non alla Fiat, bensì a Intesa. Cioè un altro dei 15 azionisti del Corriere, e una banca: particolare non secondario in una riflessione sul perché il Corriere generi comunque, da cent’anni, aspettative politiche. Sia dall’endorsement prodiano di Paolo Mieli, che dai direttori-politici alla Spadolini, è stato un organo di informazione ma anche un propulsore di linea politica.
In questa fase, però, fase di incertezza, di ricomposizione degli equilibri, il Corriere di Ferruccio De Bortoli deve da una parte fronteggiare i suoi molti azionisti, rivendicare l’autonomia giornalistica e direttoriale, e dall’altra deve partecipare alla ricostruzione di un orizzonte politico, di una forma di milanesità, di rispolvero della borghesia e del suo ruolo: del resto è lo stesso De Bortoli a essere stato indicato in passato come un possibile candidato a palazzo Marino.
Ciò accade in una fase in cui a giocare un ruolo politico sono anche le banche, cui si chiede un ruolo di fiancheggiamento della politica, e anche di supplenza: dall’erogazione dei crediti nella crisi al sostegno dell’impresa alle funzioni svolte dalle Fondazioni bancarie. E così il Corriere sviluppa una dialettica con i suoi azionisti, perchè in fondo nel confronto con le classi dirigenti economiche in questa fase si misura la qualità politica. interessante notare, per esempio, che le banche sono riuscite a traghettare classe dirigente tra la prima e la seconda repubblica (cosa che non è riuscita alla politica), dando continuità a figure come Giovanni Bazoli, Cesare Geronzi, Giuseppe Guzzetti, lo stesso Enrico Salza. Il pezzo di Bragantini di ieri arriva in coincidenza con un’altra notizia riportata dal Corriere, e che riguarda anche in questo caso se stesso: il proscioglimento di Cesare Geronzi, presidente di Mediobanca, primo azionista di Rcs, nel processo Eurolat (la consociata di Cirio poi venduta a Parmalat), proscioglimento che spianerebbe la strada al numero uno di Mediobanca nella mano di risiko più importante, quella per la presidenza delle assicurazioni Generali (ieri giornata fitta di incontri, da Marina Berlusconi a Salvatore Ligresti). Insomma, ancora il Corriere e ancora banche e partecipate.