Francesco Peloso, Il Riformista 25/3/2010, 25 marzo 2010
BREVE MAPPA GEOPOLITICA DELLE DIOCESI CHE CONTANO
Aborto, lavoro, immigrazione, famiglia: le esternazioni delle gerarchie ecclesiastiche su questi temi sono ormai un’abitudine consolidata. Si tratta di questioni considerate, insieme ad altre, ”sensibili” dalla Chiesa. Formalmente i vescovi si limitano a dire quali sono i principi cui si devono richiamare i cattolici al momento del voto, ma spesso va a finire che prendono parte alla contesa politica, un po’ tirati dai giornali, un po’ perché lo vogliono. Così se il pronunciamento dei giorni scorsi del presidente della Cei Angelo Bagnasco, ha riaperto la discussione sulle ”interferenze” ecclesiali nel voto, la geografia politica dell’episcopato italiano è assai diversificata e frastagliata.
A Torino, il cardinale Severino Poletto ha criticato prima l’Udc per aver stretto l’alleanza con Mercedes Bresso, quindi ha lanciato i suoi strali contro lo stesso presidente della Regione colpevole di aver spalancato le porte alla Ru486. anche vero che poi, dalle Olimpiadi all’Ostensione della Sindone, la diocesi ha collaborato positivamente - e lo ha sottolineato lo stesso Poletto - con il Comune retto da Sergio Chiamparino e con la stessa Bresso. Ma, come dire, ”business is business”.
A Milano la Curia è stata sempre critica con il centrodestra, si trattasse del modello Berlusconi o del sindaco Letizia Moratti. I sermoni del cardinale Dionigi Tettamanzi su temi come il degrado morale della politica e l’immigrazione, alla fine hanno provocato l’attacco della Lega Nord, concorrente della Chiesa sul piano dei valori e della conquista del consenso. Ma anche all’interno del Caroccio ci sono sensibilità diverse nel rapporto con il mondo cattolico.
In Veneto la Compagnia delle opere ha espresso le sue simpatie per il candidato leghista del Pdl Luca Zaia che ha ricambiato le attenzioni. A Venezia, non va dimenticato, il Patriarca è il cardinale Angelo Scola, teologo esperto, uomo del dialogo non buonista con l’islam e legato a Cl. Poi i giornali diocesani della regione, con una nota comune, hanno chiesto al futuro governatore, di occuparsi in primo luogo della crisi economica e hanno detto no agli istinti scissionistici.
Tra Firenze e Bolgona, passando per Macerata, si distende la spina dorsale del ruinismo d’antan e del futuro. Monsignor Giuseppe Betori, il cardinale Carlo Caffarra, e monsignor Claudio Giuliodori, rappresentano il paccheto di mischia dei principi non negoziabili: no alle coppie gay, no a chi viola la vita, e i cattolici in politica che non rispettano questa linea si pongono ai margini della Chiesa. Ovvio che da quelle parti i ”cattolici adulti” alla Romano Prodi, tipici del Pd, non vadano per la maggiore.
A Roma, il cardinale vicario Agostino Vallini, nei mesi scorsi ha rivolto alcune critiche all’amministrazione Alemanno in tema di immigrazione e zingari: no alla mano dura e sì a un’accoglienza ragionata, ha detto il porporato. Ma poi, a ridosso del voto regionale, ha diffuso una nota nella quale i temi etici ben scalettati, venivano prima di quelli sociali, quindi concludeva: «I programmi non sono tutti uguali»; la Bonino, insomma era indigeribile per il vicariato.
A Napoli il cardinale Crescenzio Sepe non si pronuncia ufficialmente, al Sud la linea è quella del documento della Cei sul Mezzogiorno: molto sociale, molta attenzione alla criminalità mafiosa e alle sue evoluzioni; la richiesta comune ai vescovi è il ricambio della classe dirigente; qui pulsa il cuore dell’appello alla nascita di una nuova generazione di politici cattolici che prelude già a una qualche nuova formazione politica di centro.
L’arcivescovo di Palermo è anche lui votato ai temi sociali, classificato fra i simpatizzanti dei cattolici di sinistra, monsignor Paolo Romeo si è mobilitato contro la chiusura della Fiat di Termini Imprese. Sulla stessa lunghezza d’onda il suo confratello di Nola, monsignor Beniamino De Palma, sceso in piazza con gli operai di Pomigliano d’Arco.
Ci sono poi una serie di personalità importanti che per ora si trovano in diocesi minori. Fra di loro spicca il nome di monsignor Arrigo Miglio, responsabile problemi sociali della Cei, in prima fila nel rivendicare l’equidistanza alle prossime elezioni della Chiesa e la pari attenzione alle tematiche sociali e bioetiche. Di fatto, insieme al segretario generale dei vescovi, monsignor Mariano Crociata, è uno dei fautori della separazione fra i destini dei cattolici e quelli del centrodestra attuale. Così monsignor Domenico Mogavero, di Mazara del Vallo, responsabile degli affari giuridici della Cei, che pur non ha risparmiato critiche anche al Pd, su immigrazione, moralità del premier e vicenda del caos liste nel Lazio, ha assestato duri colpi al Governo. Infine fra i liberal moderati vanno annoverati anche monsignor Vincenzo Paglia, Comunità di Sant’Egidio e vescovo di Terni, e monsignor Bruno Forte che a settembre, in un messaggio ai giovani per l’inizio dell’anno scolastico, ha sparato qualche bordata all’immoralità dei politici; si era nel pieno della bufera escort-Berlusconi.
Francesco Peloso, Il Riformista 25/3/2010