Fabrizio Goria, Il Riformista 25/3/2010, 25 marzo 2010
PER LE BANCHE IL 2010 SAR INCERTO E INSTABILE PESANO LE SOFFERENZE
Dopo i conti di Intesa Sanpaolo e UniCredit, l’occhio degli analisti è sul sistema bancario italiano. Ieri è stata la volta di Mediolanum, artefice di una performance positiva nel corso del 2009. Il 2010 si prospetta ancora difficile per il settore bancario, dopo il biennio nero post crisi subprime. E aumentano le sofferenze lorde di sistema. Per l’Associazione bancaria italiana sono state pari a 60 miliardi di euro a gennaio.
Il gruppo Mediolanum si è reso protagonista di mercato con la presentazione dell’ultimo bilancio. Per lei l’utile netto nel 2009 è stato di 217 milioni di euro, con un aumento del 66 per cento sul valore 2008. Sorprende la raccolta netta, 5,8 miliardi di euro, più 122 per cento rispetto l’esercizio precedente. In aumento anche il risultato del risparmio gestito, quasi 2 miliardi nel 2009. Risultati tendenziali migliori di quelli UniCredit e Intesa Sanpaolo, in attesa di quelli di Monte dei Paschi di Siena. La banca guidata da Alessandro Profumo ha registrato un utile netto consolidato pari a 1,7 miliardi di euro nel 2009, il 57 per cento in meno sul 2008. Per Piazza Cordusio è stata però una performance maggiore a quella prevista dal consensus degli analisti, 1,33 miliardi di euro. Di contro, Intesa Sanpaolo ha avuto un utile netto di 2,8 miliardi di euro, ipotesi che convalida l’idea degli analisti, in aumento del 9,9 per cento rispetto ai 12 mesi precedenti. Per tutte e tre gli istituti di credito in questione, è stato previsto lo stacco di un dividendo agli azionisti.
Tuttavia, l’ultimo bollettino mensile dell’Associazione bancaria italiana (Abi) ha evidenziato che le difficoltà sono ancora molte per il sistema. In ascesa la raccolta in febbraio, 1.977,5 miliardi di euro: sullo stesso periodo del 2009 la variazione è dell’8,41 per cento. Preoccupano le sofferenze lorde. Secondo l’Abi «a gennaio 2010 le sofferenze lorde sono risultate pari a quasi 60 miliardi di euro, circa 850 milioni in più rispetto a fine 2009 e 17,5 miliardi in più rispetto a gennaio 2009». Al netto delle svalutazioni di bilancio, le sofferenze sono state «pari a 33,9 miliardi di euro, circa 2 miliardi in meno rispetto a fine 2009 e 12 miliardi in più rispetto a gennaio 2009».
Rimane elevata l’incertezza. Il sentiment prevalente sui mercati non è positivo. Sebbene le criticità del sistema italiano siano inferiori agli altri, rimangono ancora gli strascichi della crisi subprime. Secondo la società di rating Moody’s, che ha realizzato un report sul nostro sistema, un importante parametro di giudizio è rappresentato dai coefficienti patrimoniali Tier 1 e Core Tier 1. Il primo valuta il rapporto fra il patrimonio di base e le attività ponderate al rischio, il secondo è il Tier 1 al netto degli strumenti ibridi. La media degli istituti di credito italiani è al di sotto della media europea, ma occorre fare un distinguo. A differenza dell’estero, il settore bancario italiano ha giovato in misura minore dell’intervento statale. I Tremonti bond, le obbligazioni sottoscritte e garantite dal Tesoro, sono stati accolti con molti dubbi dal mercato. Tanto che solo pochi operatori hanno optato per la loro emissione. Alla luce di questo, al 31 dicembre Intesa Sanpaolo aveva un Tier 1 dell’8,4 per cento, in aumento dal 7,1 per cento di fine 2008. Incremento anche per il Core Tier 1, passato dal 6,3 al 7,1 per cento. UniCredit ha chiuso il 2009 con un Core Tier di 7,62 punti percentuali, più 104 punti base sul 2008. Ma l’aumento di capitale, completato in febbraio, ha garantito il raggiungimento di quota 8,47 per cento. Il coefficiente Tier 1, sempre dopo la ricapitalizzazione, è pari al 9,49 per cento. Risultati che allineano i due big player italiani al resto d’Europa.
Sul fronte del rating, nel corso del 2009 Moody’s ha declassato il valore di 21 banche su un prospetto di 49. Altre 20 società hanno visto confermare il proprio livello, seppur con previsioni negative. La banca guidata da Giovanni Bazoli ha un giudizio Aa2 nel lungo periodo e Prime 1 nel breve. Analogo il valore per UniCredit, Aa3 nel lungo e Prime 1 nel breve. Anche per Mps, territorio positivo: A1 per il debito di medio-lungo termine e Prime 1 per quello di breve.
Molto simili le opinioni di Standard & Poor’s e Fitch. La prima vede UniCredit stabile (A, A1), come anche Mps (A-, A2), mentre Intesa ha una prospettiva negativa (AA-, A1+). La seconda agenzia penalizza UniCredit con un outlook al ribasso (A, F1) e mantiene il giudizio stabile per Intesa Sanpaolo (AA-, F1+) e Monte dei Paschi (A, F1).
Quello attuale è uno scenario chiaroscurale che riflette le avverse condizioni in cui operano le banche italiane. Questo si riscontra anche nel commento di Moody’s: «I downgrades sono stati determinati principalmente dallo scenario di stress». Ma soprattutto, l’incertezza si riflette negli indicatori di solidità. Dell’intero panel considerato da Moody’s, 14 banche hanno un outlook al ribasso sul Bank financial strenght rating (Bfsr). Tale elemento, indicativo della forza finanziaria, è volto a comprendere la solidità strutturale dell’istituto preso in esame. In Italia solo Intesa Sanpaolo ha un rating Bfsr di B-. La maggior parte del sistema si attesta sul giudizio C, come anche UniCredit. Il rating D, di peggiore qualità, è destinato a otto realtà, per lo più istituti legati al territorio. Solo uno, Banca Italease, ha un Bfsr pari a E+.
Nel complesso, il quadro congiunturale è ancora debole. La scarsa ripresa dei fondamentali economici non aiuta il settore bancario. E il giro di vite sulla finanza potrebbe limitare le operazioni di trading delle banche, una delle fonti primarie per gli utili. Quello che sembra certo è che i livelli ante crisi non siano più raggiungibili.
Fabrizio Goria