Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  marzo 26 Venerdì calendario

EURO AI MINIMI DAL 2009. I MERCATI PREFERISCONO FRANCHI, DOLLARI E YUAN

L’euro ha toccato il minimo dal maggio 2009. La moneta unica europea ieri è scesa fino a quota 1,3283 contro il dollaro. Il rimbalzo è stato immediato, ma non è bastato a calmare l’ansietà dei mercati sui futuri sviluppi macroeconomici. In serata, si è tornati sotto quota 1,33. Colpa dei timori legati ai debiti sovrani dell’Eurozona, Grecia e Portogallo su tutti. E proprio ieri il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, ha usato toni forti: «Serve un’azione determinata ed efficace per garantire la stabilità della zona euro». Ma intanto, Trichet ha deciso di accettare come collaterale di garanzia per i finanziamenti bancari anche titoli di Stato con un rating BBB-, considerati di bassa qualità.
La divisa europea è ancora molto lontana dal livello toccato nel luglio 2008, quando era quasi a 1,60 contro il dollaro. Dopo quel massimo è iniziata una picchiata del cross fino a sfiorare la soglia di 1,25 nell’ultimo trimestre 2008. è iniziata poi una risalita che ha portato l’euro a superare quota 1,50 nell’ultimo periodo 2009. Complice il peggioramento del debito sovrano della Grecia, il cambio ha ricominciato a scendere a favore del biglietto verde.
Fra le cause, il declassamento del giudizio sul Portogallo da parte dell’agenzia di rating Fitch. Sulla scia dell’instabilità dei conti pubblici di Lisbona, i mercati delle valute hanno virato ulteriormente al ribasso, deprezzando l’euro. Il nodo più complicato rimane quello della Grecia. La poca chiarezza sul programma di sostegno comunitario per Atene ha avuto la conseguenza di destabilizzare le fluttuazioni intorno alla moneta unica. E su quest’onda, non sono bastati gli interventi di Trichet. Anche perché l’impressione è che gli investitori stiano abbandonando l’euro per diversificare al meglio i propri portafogli. Per loro l’obiettivo è solo uno: proteggersi dai rischi di un’ulteriore peggioramento.
Le divise scelte come rifugio non sono poche. Su di tutte quella svizzera, ma anche la sterlina non arretra. L’andamento del cambio dell’euro contro il franco svizzero evidenzia come gli investitori istituzionali stiano riprendendo in mano la divisa elvetica. Il livello viaggia intorno a quota 1,427 contro l’euro, il massimo storico. Un punto considerato «abbastanza cruciale» dal presidente e ministro delle Finanze elvetica Doris Leuthard. Se lo spread aumentasse ancora non si esclude che possano esserci ripercussioni nella scelta delle politiche monetarie della Banca nazionale svizzera. Considerato attualmente più solido della moneta europea, il franco sta vivendo un piccolo rally di borsa, attirando più volumi di capitali. Merito della debolezza dell’euro, ma non solo. I mercati stanno reagendo all’andamento congiunturale elvetico. Questo ha risentito in misura minore della crisi subprime, nonostante il sistema bancario svizzero sia stato costretto a pesanti svalutazioni dei suoi protagonisti.
Buone performance sono state registrate anche dalla corona ceca e dal real brasiliano. La prima è stata la moneta protagonista di un apprezzamento del 7 per cento contro l’euro nell’arco degli ultimi 12 mesi. La seconda ha performato ancora meglio, più 20 punti percentuali nello stesso periodo. Inolte, continua il periodo rialzista del peso messicano: è la valuta che più ha guadagnato nel confronto con il dollaro dall’inizio dell’anno, più 4,4 per cento. Lo yen giapponese ha retto, grazie al più 6,7 per cento in un anno nel rapporto diretto con l’euro. Continua invece la potenza del renminbi cinese, frutto di una politica monetaria aggressiva da parte di Pechino. Su questo versante ieri Yang Shengming, economista dell’Accademia cinese delle scienze sociali, ha espresso dubbi sulle accuse degli Stati Uniti rivolte all’attuale livello di cambio, considerato troppo elevato. A un convegno organizzato da UniCredit, Shengming ha ricordato che «considerando la prospettiva interna, il cross è basso, dato che in Cina c’è un basso livello del costo del lavoro e delle risorse». Secondo lui però «c’è in previsione un allineamento, ma non sarà immediato».
Nei mercati valutari resta elevata l’incertezza. Allo stato attuale l’euro risulta essere una delle monete più deboli, secondo le analisi di Bloomberg. E la tendenza di breve periodo è ancora più negativa. Secondo un consensus degli analisti dell’agenzia stampa newyorkese è possibile che si possa nuovamente scendere sotto la soglia di 1,30 contro il dollaro. Se così fosse, il rischio è quello di un’ulteriore indebolimento dell’Eurozona a livello sistemico. E la notizia dell’approvazione del piano congiunto franco-tedesco in aiuto della Grecia, con la collaborazione del Fondo monetario internazionale, non fa altro che gettare ombre sulla stabilità dell’euro.