Gigi Moncalvo, Libero 24/3/2010, 24 marzo 2010
«MI SCIPPARONO IL CORRIERE ORA BAZOLI DEVE RISARCIRMI»
Dottor Angelo Rizzoli lei è sorpreso che Carlo Scognamiglio, ex presidente del Senato, ex ministro della Difesa ma soprattutto ex presidente della Rizzoli subito dopo che lei fu costretto a dimettersi, le abbia dato ragione in una intervista e quindi parteggi per la sua causa?
No, perchè lo conosco da tempo, anche se l’ho visto poco in questi ultimi vent’anni. Ma conosco il suo pensiero sulla vicenda. E soprattutto so che lui è a conoscenza o è venuto a conoscenza di molti fatti.
Ad esempio?
Il mancato versamento di capitale (150 miliardi di lire) da parte della Centrale, prima di Roberto Calvi e poi di Giovanni Bazoli. Inoltre è a conoscenza dell’obiettivo del Nuovo Banco Ambrosiano, di abbattere i valori dell’azienda se non addirittura di portarla al fallimento. Ne avevate mai parlato?
In qualche occasione mi aveva espresso queste convinzioni e la sua conoscenza dei fatti essendo stato presidente del gruppo nel 1983 subito dopo le mie dimissioni.
Che cosa può averlo spinto a questa uscita tanto scomoda? Tra l’altro Scognamiglio è legato alla famiglia Agnelli, dato che per qualche anno fu il genero di Suni, la sorella prediletta dell’Avvocato.
Credo anche l’esigenza che venga ristabilita la verità. In questi mesi alcuni giornali, tra cui ”Libero” in prima fila, hanno sviluppato una campagna di stampa per stabilire la verità sullo scandalo della vendita della Rizzoli-Corriere della Sera dopo la mia definitiva assoluzione avvenuta nel febbraio 2009. Andando a rivedere le sentenze passate in giudicato appare evidente che si è trattato di una truffa. Di cui si sono avvantaggiati grandi gruppi finanziari a danno mio. Penso che Scognamiglio abbia voluto dare un contributo alla verità. Altri dovrebbero uscire allo scoperto e dire che Angelo Rizzoli aveva ragione e il Corriere venne svenduto per portarglielo via?
Nella causa civile, che verrà discussa dal 16 giugno, chiameremo molti ex dirigenti del Banco Ambrosiamo che conoscono la verità. A partire dall’aumento di capitale sottoscritto dalla Centrale e poi dirottato verso paradisi fiscali. Ci sono altre persone che conoscono la verità e facevano parte di quel gruppo che nel 1984 acquisì il 50,2% della Rizzoli che faceva capo a me. Molti hanno già parlato, per esempio alcuni esponenti dell’ex gruppo Ferruzzi e ripeteranno quello che sanno davanti al Tribunale. Dopo la nostra intervista di settembre in cui annunciava la richiesta di 650 milioni di risarcimento più il danno morale per averle distrutto 26 anni della vita, Bazoli sul Corriere non rispose sul merito ma accampò altre considerazioni, tipo: «Rizzoli con me ha già perso una causa per diffamazione. Che risponde?
Non è esatto quel che ha detto Bazoli. Io non ho perso nessuna causa per diffamazione. Ho perso una causa civile per danni che avevo intentato nei confronti di Bazoli. In quella causa però non avevo ancora tutti gli elementi di cui dispongo ora. Adesso, per esempio, sappiamo perfettamente quando sono stati pagati i 150 miliardi della Centrale, a chi sono finiti, e attraverso quali operazioni. Nulla è arrivato né a me né alla Rizzoli ma, attraverso l’uso spregiudicato di banche svizzere, quei soldi furono divisi in tre quote che chiamiamo Zirka Company (Zirka anagramma di Rizzoli Capitale), Telada Company e Recioto Company – transitate per la Banca Rotschild di Zurigo e poi depositatio in conti facenti capo a Bruno Tassan Din, Licio Gelli, Umberto Ortolani e presumibilmente Roberto Calvi.
La banda dei grassatori, come la definisce Scognamiglio. Ma che c’entra Bazoli? La Centrale, che poi faceva capo al Nuovo Banco Ambrosiano, ha sempre avuto un debito di 150 miliardi nei confronti della Rizzoli e i soldi, secondo loro, sono serviti o dovevano servire all’aumento di capitale. In realtà sono finiti in tutt’altra direzione. Quindi il debito restava a carico della Centrale che lo ha sempre ignorato accusando me di essermene appropriato.
Per cosa aveva denunciato Bazoli?
Perchè al momento della vendita del 50,2% egli era presidente del Nuovo Banco Ambrosiano, che era il maggior creditore della Rizzoli. Inoltre possedeva la Centrale azionista di minoranza, con il 40%, anche se questa quota non era mai stato pagata. Terzo: Bazoli era contemporaneamente acquirente di azioni Rizzoli attraverso la Mittel, finanziaria bresciana di cui tutt’oggi Bazoli è presidente. In sostanza egli recitava tre parti in commedia, in aperto conflitto d’interesse: creditore, venditore e compratore.
In un libro di Pier Domenico Gallo( direttore generale del Nuovo Banco Ambrosiano tra il 1982 e il 1987) si parla di etica weberiana di Bazoli, e della «inopportunità che la finanziaria da lui presieduta facesse parte del gruppo dei compratori della Rizzoli, essendo il Nuovo Banco il venditore». Il conflitto d’interesse venne aggirato affidando temporaneamente la presidenza della Mittel a Paolo Barile, famoso costituzionalista, per essere poi restituita a Bazoli che la ricopre tuttora. Che ne pensa di questa etica weberiana?
E’ la classica finzione dove si mette una autorevole testa di legno al posto del burattinaio. Che cosa prova nei confronti di Bazoli? Non ho nei confronti di Bazoli né di altri rancori o risentimenti personali. Voglio che venga ristabilita la verità su una truffa che non ha paragoni in Italia. Se fosse accaduto negli Stati Uniti che la proprietà del New York Times venisse venduta in modo illegale e truffaldino, penso che dal Presidente degli Usa alla Corte Suprema tutti se ne sarebbero occupati. In Italia zitti: organi di vigilanza, organi di controllo, Parlamento, grandi giornali. Il secondo punto è che il mio patrimonio e la mia vita sono stati annientati da queste operazioni spregiudicate e scorrette. Chiedo di poter essere risarcito secondo giustizia.
Nel consiglio di Rcs Quotidiani sono entrati personaggi come Cesare Geronzi, lo stesso Bazoli, Montezemolo, Tronchetti. Che cosa sta succedendo? Si preparano forse a questa causa schierando le corazzate?
Non ne ho la più pallida idea anche perchè ho buoni rapporti personali sia con Montezemolo, che Diego Della Valle, Tronchetti, Geronzi. Non credo che si preoccupino della mia vicenda quanto delle spaventose perdite che RCS-Mediagroup che ammontano a circa 130 milioni di euro. Sono 250 miliardi di vecchie lire. Se fosse successo a me, non solo sarei stato incarcerato come sono stato, ma anche fucilato...
La prima udienza si terrà il 16 giugno. Che dicono gli avvocati dopo due rinvii? Che purtroppo la giustizia in Italia è lenta, complessa, farraginosa. Ho dovuto pazientare 26 anni per essere assolto con formula piena, senza indulti o prescrizioni. Dovrò attendere ancora per avere il giusto riconoscimento dei danni ricevuti. Ma sono preparato.
Ci sono stati tentativi o proposte di transazione?
Nessuno si è fatto vivo, né io in questo momento sono disposto a negoziare sulla mia vita. Ricordo questi pochi dati. Tredici mesi di carcere nonostante fossi e sia malato di una grave forma di sclerosi multipla, e questo lo sapevano tutti. Sono stati sequestrati tutti i beni miei e della mia famiglia per essere venduti a prezzo
vile favorendo gli acquirenti. Ho subito la perdita di mio padre morto d’infarto per il mio arresto e il suicidio di mia sorella Isabella, anch’essa perseguitata dalla magistratura che cercava di ottenere informazioni su mie presunte responsabilità. A questo punto aspetto solo che chi ha escogitato questo spaventoso meccanismo persecutorio paghi il conto
La famosa frase che le disse Gianni Agnelli («Dottor Rizzoli, nel mondo degli affari vale la legge della giungla e il più forte mangia il più debole»), viene attribuita da Scognamiglio a Romiti, che «nutriva un sentimento di amicizia verso Rizzoli». Qual è la verità?
La frase mi è stata detta da Agnelli e la cosa più incredibile e preoccupante è che la pronunciò in tono, come dire, perfettamente naturale. Se poi Romiti aveva un sentimento di amicizia nei miei confronti, obiettivamente non lo ha mai dimostrato: con me, e poi con i custodi giudiziari, ha condotto una trattativa inflessibile. La verità è che allora molti pensarono che io in carcere non avrei resistito a lungo, la malattia mi avrebbe sicuramente ucciso, e quindi su questa sporca vicenda sarebbe caduto il silenzio per sempre. Loro speravano nel silenzio di tomba...
Scognamiglio, dopo essere stato alla presidenza della Rizzoli di allora e aver visto i conti, afferma che nel 1984 il gruppo valeva fra 385 e 440 miliardi di lire. Dunque il 50,2% che lei fu costretto a vendere a Bazoli & C. valeva tra i 197 e i 220 miliardi. Invece glielo pagarono solo 9 miliardi? Pochi anni dopo, nel 1985, fu valutato 1000 miliardi, quindi la sua quota valeva almeno 500 miliardi.
Quando parlo di truffa o rapina del secolo dunque non mi sbaglio. I banditi non sono solo quelli che rapinano con la pistola in mano: ci sono anche i ladri in doppiopetto.
Colpisce che il prof. Guatri, che eseguì la perizia contabile per conto del tribunale, valutò il patrimonio attivo della Rizzoli in soli 270 miliardi, tralasciando del tutto l’enorme valore delle testate.
Diciamo che fece una valutazione straordinariamente...prudenziale. Scognamiglio dice che si dimise da presidente del gruppo poiché c’erano «azionisti di maggioranza che sminuivano il valore della casa editrice» per dimostrare che valeva poco e comprarla con quattro soldi. A chi si riferisce Scognamiglio?
Dovete chiederlo a lui.
Lo abbiamo fatto. Al telefono ieri mattina , il prof. Scognamiglio ha precisato che si riferiva ai due azionistichiave, cioè Giovanni Bazoli e Piero Schlesinger, nelle vesti rispettivamente di presidente del Nuovo Banco Ambrosiano e di presidente della Centrale. Schlesinger, che era stato il mio avvocato fino al giorno prima, era il più spietato. Bazoli era, all’apparenza, più umano....
Gigi Moncalvo, Libero 24/3/2010