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 2010  marzo 25 Giovedì calendario

«HO PAP TERRONE E MOGLIE GIUDICE MA METTO D’ACCORDO BOSSI E SILVIO»


«Dicono di sì». Roberto Cota non si sbilancia se gli chiedi se sarà lui a vincere la partita del Piemonte. Ma, dietro la scrivania del suo studio da penalista a Novara, sfodera il sorriso a trentasei denti di chi si sente la vittoria in tasca. La scaramanzia leghista e l’austerità sabauda lo inducono comunque a un ottimismo col contagocce: «Spira un vento positivo». Dev’esserne convinto anche il Senatur, che ha già assunto toni da padrone del Nord emettendo editti implacabili anche (e soprattutto) contro gli alleati. La scorsa settimana ha osato persino incenerire il Celeste: «La Lombardia è in crisi, ne abbiamo le scatole piene di una Regione che non decolla». E ha incitato esplicitamente a votare Lega: «Una croce sul guerriero vuol dire un voto perché finalmente in Lombardia il Consiglio metta le ali». Roberto Formigoni per un giorno ha abbozzato. Poi è sbottato: «Bossi non è documentato, la situazione in Lombardia non è affatto così». Subito dopo è partita la falange leghista guidata da Matteo Salvini all’assalto della poltrona del sindaco di Milano, Letizia Moratti.
La Lega ha lanciato l’Opa sul Nord senza neanche aspettare l’esito delle Regionali?
«Chi di noi si è candidato sta facendo del suo meglio per vincere le elezioni. Cosa c’è di strano?». Bossi è già oltre. Ha mollato una tale sberla a Formigoni che ha steso anche Berlusconi.
«Non so se Bossi abbia detto veramente quello che riportano i giornali». Le solite invenzioni dei giornalisti, insomma. «A volte succede. Giovedì sera, nella riunione a Genova cui partecipavamo io, Zaia, Formigoni e Biasotti, Formigoni ha rivendicato i meriti della Regione Lombardia per la sanità. E Bossi ha detto: ” vero, ma perché c’è un assessore della Lega”». Quindi conferma che ormai tra PdL e Lega è guerra. «L’altra sera Bossi non appariva in contrasto con Formigoni, poi ciascuno ha tirato acqua al suo mulino».
Chissà chi ha ragione secondo lei.
«Ha ragione Bossi. La classe dirigente leghista è la migliore in assoluto». Formigoni ha assicurato che in Lombardia non avverrà il sorpasso della Lega sul PdL. In Piemonte? «Io non do i numeri. Quello che so è che in Piemonte la Lega volerà il più in alto possibile».
Se ci fosse un sorpasso della Lega sul PdL sia in Veneto che in Piemonte, non può negare che i rapporti di forza nel governo cambierebbero. «Si rafforzerebbe il governo».
Lei chiude tutti i comizi con lo slogan ”Piemont liber”. Se vincerete sia lei che Zaia e la Lega diventerà partito di maggioranza al Nord, disseppellirete
l’ascia della secessione?
«Le Regioni del Nord hanno bisogno di fare blocco e stringere accordi tra di loro per gestire insieme i problemi comuni, come le infrastrutture. Questo è il senso del ”quadrilatero del Nord”, l’accordo sottoscritto a Genova tra Piemonte, Liguria, Lombardia e Veneto, che serve anche a far pesare di più politicamente la voce del Nord».
 stato Bossi, proprio in quell’occasione, a dire: «La Padania si farà». «Ma la Padania c’è già, per questo la Lega cresce. Sono gli altri ad aver fatto sempre finta che non esistesse».
Ha chiesto una contropartita in caso di sconfitta?
«No».
Eppure nella Lega molti pensano che lei si sia imborghesito e che preferirebbe fare il ministro a Roma più che il governatore al Nord. «Non è nei miei progetti».
Non è vero che ha chiesto di andare all’Agricoltura al posto di Zaia? «No. La sfida nella mia Regione parte da lontano. La prima volta che Bossi mi disse ”un giorno sarai tu il governatore del Piemonte” fu nel 2000. E quando si è trattato di scegliere le candidature per queste Regionali, la mia discesa in campo era nell’aria. Me l’ha chiesto con insistenza anche il PdL per mesi. Bossi mi ha chiamato nel suo ufficio e mi ha detto: ”Roberto, ma tu sei sicuro di voler fare il candidato alla presidenza del Piemonte? Perché, sai, io conto molto su di te come capogruppo”. Lui non era mica tanto d’accordo».
E lei?
«Gli ho risposto: ”Umberto, io sento di doverlo fare perché per me viene prima il Piemonte”. E lui ha detto: ”Allora vai”. Io avrei potuto starmene tranquillamente a fare il capogruppo, che è molto più bello e formativo che fare il ministro».
Ma alla fine all’Agricoltura chi ci andrà? Bossi ha detto che ci resterà Zaia, ma non è credibile. « Bossi che decide». Lei è l’unico candidato polenton-terrone della storia della Lega.
«Mio padre nacque a San Severo in Puglia, ma io sono nato qui a Novara». Si vergogna delle sue origini pugliesi o ne va fiero? «Vado fiero di mio padre che 60 anni fa è venuto qui, dove ha fatto l’esame da procuratore e sono 50 anni che fa l’avvocato, anche adesso che ne ha 75. appena uscito per fare un’udienza. Mio padre ormai è un novarese doc, mentre mia madre è piemontese da dieci generazioni».
Secondo Mario Borghezio lei «incarna la sintesi perfetta tra il piemontese doc e quello immigrato». «Io penso di avere appeal nei confronti di tutti, perché la Lega è molto votata al Nord anche dai meridionali».
Che rapporto ha con il terrone che c’è in lei?
«Buono. Non soffro di crisi d’identità».
Il ricordo più remoto della sua infanzia a Galliate?
«A due anni e due mesi sbattei il labbro contro lo spigolo del letto dei miei genitori e dovettero mettermi i punti».
Le sue passioni giovanili?
«A sei anni è scattata la passione per il basket, che è durata fino ai 18, quando è scoppiata quella per le moto». Università con la media del 29 e laurea con 110 e lode: un secchione.
«No. Al liceo andavo così e così, anche se non sono mai stato rimandato. All’università mi è scattata una molla. Ma non è che studiassi tanto. Procedura penale l’ho preparata in sette giorni e ho preso 30 e lode. E l’esame da procuratore l’ho superato a Torino al primo colpo, anche se facevo già l’assessore qui a Novara».
L’assistente che la seguiva nella preparazione della tesi era la sua futura moglie. «La conobbi così. Io prendevo la tesi un po’ sotto gamba perché lei era un’assistente alle prime armi e in me era già esplosa la passione per la Lega. Quindi cercavo di sfangarla. Finché un giorno lei non mi richiamò all’ordine: ”Guardi che, se lei non sistema la sua tesi, non l’ammettiamo alla prossima sessione di laurea».
E lei le mandò una pianta con un biglietto: «All’assistente più simpatica». Captatio benevolentiae o ci stava già provando? «Ci stavo già provando. Anche se ci siamo fidanzati dopo sei anni. E poi c’abbiamo messo altri nove anni a sposarci».
Non si può dire che abbiate bruciato le tappe.
«Però il nostro è un matrimonio felice e abbiamo una bellissima bimba di due anni, Elisabetta». C’èri ma sta male la sua consorte quando Berlusconi ha detto: ”L’unico difetto di Cota è di avere una moglie magistrato”?
«Ma ha aggiunto che è una persona per bene. Quando ci siamo sposati, poiché mia moglie lavorava al tribunale di Verbania e io e mio padre facevamo gli avvocati nel distretto di Corte d’Appello di Torino, era sorta una questione di incompatibilità. Mentre molti glissano in questi casi, lei ha chiesto il trasferimento al tribunale dei minori di Milano». Sua moglie come reagisce quando Berlusconi attacca i magistrati, come ha rifatto l’altro ieri al Lingotto?
«Quello che mi dice mia moglie sono affari nostri».
E lei cosa pensa della magistratura?
«Di certi magistrati penso benissimo. Di altri meno. La politicizzazione di parte della magistratura le toglie autorevolezza alla magistratura stessa. Il fatto che oggi si debba fare qualcosa è sotto gli occhi di tutti. Il problema dei pm è che devono essere veramente una parte del processo e che oggi c’è una oggettiva commistione fra giudici e pm».
La riforma della giustizia è una priorità?
«Si deve fare perchè è necessaria».
Da 1 a 10 quanta voglia aveva sabato di partecipare alla manifestazione del PdL a Roma? «Tanta, perché è stata una grande opportunità per dare compattezza alla coalizione e motivare la gente ad andare a votare». Da leghista non le ha creato imbarazzo pronunciare il ”credo” berlusconiano assieme a tutti gli altri candidati governatori? «Non era un giuramento, ma un impegno e su quei punti la pensiamo tutti allo stesso modo. Tanto che la sera prima della manifestazione sugli stessi temi abbiamo sottoscritto un patto tra Piemonte, Liguria, Lombardia e Veneto».
Che idea si è fatto del pasticcio delle liste nel Lazio?
«Bisogna stare attenti quando si depositano, io per anni sono andato a dormire con le liste. Quest’anno per la prima volta ho delegato qualcun altro. Ma ho affidato le liste a un deputato. Però quello che è successo a Roma lo trovo incredibile. Se uno arriva nei locali del tribunale entro l’ora stabilita è a posto». Qualcuno ha cercato di fare il furbo con lei in Piemonte presentandosi alle Regionali con il suo cognome.
«Si è presentata una falsa lista Cota che è stata prima esclusa dal tribunale e poi riammessa dalla Corte d’Appello. Devo ringraziare i giudici del Tar se questo qui non l’ha fatta franca».
Che idea si è fatto dell’inchiesta della procura di Trani su Berlusconi e le sue presunte pressioni sull’Agcom per stoppare Annozero? «Questa vicenda mi ricorda il film ”Le vite degli altri” sullo spionaggio della Stasi. Ma lì eravamo nella Germania dell’Est. Lo capisce anche un bambino che è tutta una montatura. Cosa avrebbe fatto di male Berlusconi? Uno, certo, deve stare attento a parlare al telefono. Ma è possibile che in questo Paese un cittadino venga intercettato in barba alle disposizioni di legge e che, indipendentemente dal fatto che venga accertato un reato, le sue conversazioni siano sbattute sui giornali, compresa la parte privata? Bisogna approvare al più presto la legge che vieta severamente la pubblicazione delle intercettazioni introducendo sanzioni».
 grazie a un giornale che lei si innamorò di Bossi.
«Votavo per lui dal 1987. Sono il più vecchio della generazione di quelli che hanno sempre votato solo Lega. Nel ”90 lessi quest’articolo su Panorama e dissi: ”Adesso basta. Vado”».
La sua investitura è avvenuta nel sottoscala di un bar. «Il bar ”Otello” di Novara. Andai lì con il mio amico Giorgio Ferrari e l’Otello ci sussurrò: ”Sì sì, per la Lega. Ma andate nel sottoscala, sennò perdo i clienti”. Abbiamo fatto un paio d’incontri lì, e poi ci demmo appuntamento nella sede della Lega, in periferia di Novara. Da quel giorno iniziai a mangiare pane e Lega».
Il suo primo incontro con Bossi?
«La prima volta che Bossi venne a Novara, nel ”91. Io facevo la gavetta. Andammo con altri della Lega ad aspettarlo. Lui ci caricò tutti sulla sua Citroën rossa, e noi, dai sedili di dietro, gli indicavamo la strada». Il rapporto tra voi si saldò nel ”99, quando scoppiò il caso di Domenico Comino, il segretario del Piemonte cacciato dalla Lega, che lei sostituì.
«Bossi mi telefonava tutte le notti. La mattina mi chiedevo: mi avrà chiamato o l’ho sognato? Lui mi dava tutti gli ordini e io puntualmente sbagliavo qualcosa. Poi non mi sono fatto più prendere alla sprovvista: block notes sul comodino e non ho più fatto errori».
E in breve tempo lei riuscì a scalzare Matteo Brigandì, diventando l’avvocato di fiducia del Senatur. «Brigandì è ancora il suo avvocato di fiducia. Ogni tanto Bossi mi chiede consiglio. Ma una volta è stato lui a farmi vincere un processo in cui difendevo delle persone per un reato di opinione, suggerendomi la linea difensiva».
Lei è diventato più intimo di Bossi di tanti leghisti storici e gli è stato molto vicino durante la malattia. Che rapporto ha Bossi con la fede? « già difficile parlare della propria fede, figuriamoci di quella altrui. Quello che posso dirle è che nel cortile di casa sua c’è una Madonnina di legno. Tutte le volte che esce, lui l’accarezza».
Che rapporto ha lei con il suo conterraneo Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano? «Ottimo». Vero che Bertone le ha detto che la sosterrà in campagna elettorale?
«Quello che ci siamo detti non lo rivelerei mai».
Dica la verità, sotto sotto lei è convinto che il Papa simpatizzi per la Lega. «Di una sola cosa sono convinto: la Lega difende le radici cristiane e i valori cattolici».
Ma il partito dei cattolici per antonomasia ha scelto Mercedes Bresso del Pd. «Dire che l’Udc è il partito dei cattolici è offensivo per i cattolici, che non sono il 3%. Oggi purtroppo l’Udc è contro i valori cattolici, perché non può appoggiare Mercedes Bresso, che è la sorella di Emma Bonino».
Perché i cattolici dovrebbero appoggiare la Lega che è stata spesso criticata dai vescovi per la sua politica sull’immigrazione e ha persino proposto di rivedere il Concordato?
«Quella sul Concordato non è la posizione della Lega, ma di uno storico che ha scritto un editoriale sulla Padania. Può essere che qualche vescovo abbia preso posizione contro la Lega, ma non la Chiesa. Quanto all’immigrazione, ricordo che la Chiesa ha organizzato le missioni, che sono una straordinaria forma di aiuto agli extracomunitari, ma a casa loro».
Lei da governatore avrebbe dato il via libera alla commercializzazione della RU486? «Avrei fatto di tutto per impedirlo e nell’ambito delle mie possibilità farò di tutto per contrastare l’aborto: protocolli per chiedere il ricovero per la somministrazione della pillola abortiva e per affiancare associazioni pro-vita alle strutture ospedaliere. Proprio su questi punti ho sottoscritto un patto con alcune associazioni cattoliche e di volontariato».
Hanno fatto bene i vescovi a intervenire in modo così forte in campagna elettorale sul tema dell’aborto? «Se la Cei non parla di difesa della vita e della famiglia, di che cosa dovrebbe parlare? Inoltre, la sanità è una materia di competenza regionale e il ruolo di presidente della Regione è particolarmente delicato. Le posizioni della Bonino e della Bresso non possono passare inosservate».
Condivide l’ultima proposta di Fini della cittadinanza breve per i figli degli immigrati? «Le norme sulla cittadinanza ci sono già e sono equilibrate. Sono contrario a qualsiasi allargamento delle maglie della cittadinanza perchè sarebbe come mettere una potente calamita per attrarre nuovi immigrati».
Gliel’ha detto a Fini quello che pensa sulla sua politica dell’immigrazione? «Tante e tante volte. Ridiamo perché lui sa che io sono durissimo sulla cittadinanza. A volte cerca una sponda in altri leghisti, perché sa che con me non attacca».
Secondo lei cos’ha in mente di fare Fini con ”Generazione Italia”? « una cosa che riguarda le logiche interne al PdL. A noi leghisti interessa che venga fatto il federalismo e che il governo mantenga la linea».
Ma la nuova creatura di Fini non rischia proprio di minare il governo? «Fino a questo momento Berlusconi ha tenuto ben salde le redini. Ma io non penso che Fini voglia fare qualcosa dall’altra parte. L’ha sempre escluso, perché sarebbe la sua fine».