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 2010  marzo 21 Domenica calendario

I COLORI DELLA MUSICA

Lavora ascoltando musica, dalla classica alla sinfonica, dal jazz al folk. E mentre ascolta dipinge. Così le opere di Danilo Maestosi nascono dalle emozioni suscitate dai suoni. Sono una quarantina, quelle che l’artista, già noto come giornalista del «Messaggero» e dedito alla pittura dal 1999, ha scelto per la mostra intitolata «Concerto-sconcerto» aperta nella Sala del Giubileo al Complesso del Vittoriano fino al 5 aprile (via San Pietro in Carcere, ingresso gratuito). Un universo creativo che mescola musica e memoria, in composizioni ricche di colori e di segni, espresse con un miscuglio di tecniche su tavola, tempere e oli, catrami e smalti.
«Le opere - scrive Carmine Siniscalco nel catalogo edito da Gangemi - sono ciascuna dedicata ad una composizione musicale, dalla sinfonia al jazz, dalla melodia alla cacofonia: la nota diventa qui pennellata, l’accordo una velatura, l’allegro un rutilante vortice di colori, l’adagio una solenne campitura, il requiem un drammatico mosaico di neri falciati da lampi luminosi, il pezzo folk un inseguirsi di vernici vivaci e ballerine, la messa un’offerta sacrale della tavolozza». La pittura, per Maestosi, che da giornalista si è occupato a lungo di archeologia, «è come uno scavo archeologico. Sostiene che bisogna «arrivare nel profondo per tirar fuori il sangue, l’irrisolto». Lavora in un piccolo garage adibito a studio, ingombro di tele, pennelli, legni, carte e annebbiato dal fumo di mille sigarette. Un vecchio registratore spara note a tutto volume, mentre l’artista spalma i suoi colori sulla tela e pian piano prendono forma gorghi di colore che si inabissano in vuoti ingannevoli, o figure in evoluzione che assomigliano ai voli degli storni nel cielo d’autunno, o campiture verticali come formazioni calcaree sulle pareti di grotte segrete. Certe volte appaiono paesaggi di pianeti sconosciuti, o grovigli di nastri che potrebbero nascondere corpi di alieni. Altre volte prevale la leggerezza dell’azzurro e ghirigori scuri l’attraversano come scie lasciate da una imbarcazione impazzita. Quando invece sono i colori solari a invadere la superficie - l’oro, il rosso, l’arancio - sembra di osservare quelle immagini che compaiono dietro le palpebre se si stringono forte gli occhi nell’aria dell’estate.
Lauretta Colonnelli