ALBERTO STATERA, la Repubblica 25/3/2010, 25 marzo 2010
PERCH LA LEGA VUOLE LE BANCHE
Un po´ Lenin un po´ Cirino Pomicino, Giancarlo Giorgetti è lo stratega sul campo della Lega Pigliatutto che si prepara ai fasti elettorali del 28 marzo alzando il tiro sulle grandi banche, grimaldello per la realizzazione compiuta della rivoluzione padana. E poi, nelle aspirazioni, dell´Opa nordista sull´Italia intera. «Devono cacciare i soldi», ha proclamato Umberto Bossi presentando a Genova il Quadrilatero del Nord (Veneto,Lombardia,Piemonte e Liguria); «Basta con le one man company bancarie, vigileremo sui soldi dei veneti», ha fatto eco Luca Zaia; e Giulio Tremonti, ispiratore della rivolta delle fondazioni bancarie, che ha già dato dispiaceri in Unicredit a un banchiere tosto come Alessandro Profumo bloccandogli il cosidetto Bancone, ha annunciato: «Se Roberto Cota vincerà in Piemonte saprà far sentire la sua voce dentro il San Paolo».
Unicredit a Milano, poi il San Paolo a Torino, faranno assaggiare il tallone del crescente potere tremontian-leghista.
Giorgetti, segretario nazionale della Lega e presidente della Commissione Bilancio della Camera, grande snodo fin dai tempi di Pomicino della spesa pubblica nazionale, non è un trascinatore di folle né un oratore incendiario.
Ama il basso profilo, non indulge alle ampolle di acqua del Po e all´armamentario folcloristico leghista. Ai fazzoletti verdi preferisce frequentazioni in gessato e conosce a menadito i forzieri del Nord.
Quarantatrè anni, figlio di un pescatore e di un´operaia tessile, laureato alla Bocconi, è nato a Cazzago Brabbia, lo stesso paese del varesotto di Giulio Ponzellini, che fu mentore di Romano Prodi e padre di Massimo, neopresidente della Popolare di Milano, bipartisan virato ora sul verde leghista. Massimo ha scalzato Roberto Mazzotta, ex deputato diccì, garante della finanza post-democristiana, il quale già una volta aveva respinto l´assalto del Carroccio a un istituto che per il peso dei sindacati interni la Banca d´Italia considera un´anomalia del sistema. Sedendo anche al vertice dell´Impregilo - per la serie: dei conflitti d´interesse io me ne infischio - Ponzellini si è proposto come banchiere di riferimento delle opere per l´Expo milanese del 2015 e per i relativi interventi edilizi dei grandi costruttori.
Giorgetti ne è l´interfaccia leghista nel ruolo di plenipotenziario per Expo, Malpensa, Fiera, che esercita grintosamente nel tentare di arginare le truppe formigoniane di Cl e della Compagnia delle Opere.
Ma è sulle fondazioni bancarie che l´uomo di Cazzago Brabbia con Tremonti ha fissato il primo obiettivo strategico del dopo elezioni, quando i numeri delle regionali muteranno gli equilibri Lega-Pdl e almeno una regione italiana, il Veneto, avrà il primo governatore leghista della storia. Creature mostruose eredi delle vecchie casse di risparmio, il loro stesso inventore Giuliano Amato ha soprannominato "Frankenstein" le fondazioni. Giù giù per li rami, in un groviglio di partecipazioni incrociate, arrivano a determinare gli assetti di potere dei cosidetti salotti buoni, normalmente teatri di pessime abitudini, fino a Mediobanca e Generali, in un sistema pseudo-capitalistico governato,quando lo è, da norme medievali. Sono una novantina le fondazioni che avviluppano come una ragnatela il potere bancario, quasi il 70 per cento delle quali nel Quadrilatero del Nord di Bossi. Hanno un patrimonio forse di una cinquantina di miliardi. Si va dalla Cariplo, la più grande del mondo, alla Compagnia San Paolo, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona, alla Cassamarca di Treviso, fino a quelle di Mirandola e di Cupramontana.
Il Carroccio ha 60 deputati, 26 senatori, 9 europarlamentari, 4 ministri, 5 sottosegretari, ma soprattutto centinaia e centinaia di amministratori locali nel nord. Sono loro che controllando il territorio, nuovo mantra della politica italiana, possono accedere all´Alta Banca, quella che favorì mezzo secolo di potere democristiano. Prendiamo, per esempio, la fondazione Cariverona, primo socio di Unicredit con il 5 per cento, dove 22 consiglieri sono nominati da amministratori locali quasi sempre leghisti: quattro li nomina il sindaco di Verona Flavio Tosi, già condannato per incitamento all´odio razziale, altri quattro sono designati da sindaci e presidenti di provincia bossiani, altri ancora dalle Camere di commercio. E così via, fino a condizionare le scelte a cascata.
Nel Veneto resiste ancora la piccola enclave della fondazione Cassamarca di Treviso, governata da tempo immemorabile dall´ottantenne democristiano Dino De Poli, uno degli ultimi residui della finanza bianca. Ma anche lui, che ha diritto di dire la sua su Unicredit, deve fare i conti con il sindaco leghista Giampaolo Gobbo e il suo vice Giancarlo Gentilini, venerate icone leghiste.
Sostenitore piccolo ma deciso di Profumo, De Poli in nome della territorialità ha dovuto vergare pubblicamente in una lettera agli altri azionisti il suo dissenso sul megaprogetto per il porto di Trieste sostenuto da Unicredit, che potrebbe penalizzare il Veneto a favore del Friuli, dove la Lega conta poco rispetto al Pdl. Fredda, dall´alto del suo potere, la risposta di Paolo Biasi, presidente della fondazione Cariverona, impegnato in più significative alchimie politiche. Profumo, del resto, era già stato segnalato da Zaia al pubblico ludibrio nordista per aver sponsorizzato la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020, invece che quella di Venezia.
Dismessa l´epoca artigianale del sottogoverno vorace e pregustando il plebiscito nordista del 28 marzo, il Carroccio rimuove persino il ricordo dell´antica esperienza cialtrona del Credieuronord, la banchetta fallimentare che truffò tante camicie verdi, e punta ora al cielo alto della finanza dei salotti. L´intuizione del Giorgetti pomicinian-leninista matura da anni e nel ministro Tremonti ha trovato la sponda più autorevole e più interessata all´incedere del post-berlusconismo, che lo vedrà tra i candidati con migliori chances per inaugurare la Terza Repubblica.
Correva il 2003, quando Bossi, che prima della malattia inondava le platee di interminabili discorsi, infiammava il popolo del congresso di Assago con queste parole: «Il ministro Tremonti e il nostro Giorgetti hanno messo fine a quella logica che tolse il controllo delle fondazioni agli enti locali. Le fondazioni ritornano al territorio, agli enti locali, ai comuni,alle province.
Io mi auguro che tutti noi sappiamo cosa vuol dire avere il potere finanziario, avere o non avere le banche». Avere le banche significa possedere le chiavi della cassaforte, aprire i forzieri del nord, redistribuirvi le ricchezze del paese, promuovere il riassetto di potere della Galassia nordista per prepararsi al post-Berlusconi, rendendosi protagonisti della nuova stagione alle porte.
Dicono le cronache che mentre Giorgetti presidia l´ormai mitico territorio, Tremonti, assai avaro di parole nella fase declinante del berlusconismo e candidato a prossimo uomo della provvidenza, stia operando con impegno per definire il nuovo patto tra politica e affari, sistemando i tasselli dell´alta finanza post- democristiana per ridisegnare la mappa del potere economico, trovando attenti interlocutori in Giovanni Bazoli, Giuseppe Guzzetti e Fabrizio Palenzona, tutti banchieri ex democristiani.
Mentre Cesare Geronzi incede serafico verso il Leone triestino, ex salotto dei salotti, dove Cesare Merzagora rifiutò tanti anni fa l´approdo non gradito di un palazzinaro legato alla politica come Silvio Berlusconi e che oggi è calcato a piacere da costruttori, brasseur d´affaires e protesi della politica al momento dominante.
Vuoi vedere che il Carroccio si appresta veramente a diventare la nuova diccì della Terza Repubblica, ciò che a Berlusconi non è riuscito nella Seconda? Si attendono lunedì prossimo i numeri delle urne per vedere se a nord la Lega Pigliatutto.