Raffaello Masci, La Stampa 25/3/2010, pagina 96, 25 marzo 2010
DOMANDE E RISPOSTE: LE FOSSE ARDEATINE
vero che sarà possibile identificare le 12 vittime senza nome delle Fosse Ardeatine?
Potrebbe essere così. Ieri, infatti, il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha detto che «grazie alla tecnologia odierne abbiamo avviato con il Ris la procedura di identificazione dei dodici martiri ancora senza nome. Oggi siamo in condizione di offrire ai familiari di questi scomparsi la possibilità di piangere i propri cari».
Che cosa è stato l’eccidio delle Fosse Ardeatine?
Si tratta del massacro compiuto a Roma dalle truppe naziste di occupazione il 24 marzo 1944, ai danni di 335 civili e militari italiani, come atto di rappresaglia in seguito a un attacco partigiano contro le truppe tedesche avvenuto il giorno prima in via Rasella. Per la sua efferatezza e per l’alto numero di vittime, questo eccidio è diventato l’emblema della ferocia nazista in Italia.
Cosa sono, fisicamente, le Fosse Ardeatine?
Sono delle antiche cave di pozzolana situate lungo la via Ardeatina, che da Roma porta al comune di Ardea, sul litorale. Data la presenza di cavità e gallerie, furono scelte come luogo del massacro, per poter poi occultare agevolmente i cadaveri.
In quale contesto storico maturò il massacro?
Dopo l’armistizio dell’8 settembre e la fuga del re, la città di Roma venne occupata dalle truppe tedesche del feldmaresciallo Albert Kesselring che affidò l’ordine pubblico della città all’ufficiale delle SS Herbert Kappler, noto come il torturatore di via Tasso e come colui che deportò 1023 ebrei romani il 16 ottobre di quell’anno.
Come andarono le cose, più precisamente?
Il 23 marzo 1944 ebbe luogo l’attacco contro una compagnia delle SS che aveva sede in via Rasella (nei pressi della centralissima piazza Barberini), ad opera di un gruppo di partigiani. Una bomba a miccia fu collocata su un carretto per la raccolta della spazzatura e fu fatta esplodere. Rimasero uccisi 31 militari tedeschi e un altro morì il giorno dopo. L’esplosione uccise anche due passanti italiani, Antonio Chiaretti ed il tredicenne Pietro Zuccheretti.
Fu allora che scattò la rappresaglia?
Il generale Kurt Mälzer comandante della piazza di Roma, accorso sul posto, parlò subito di una rappresaglia durissima e di un ordine che aveva ricevuto in quel senso dallo stesso Hitler. La rappresaglia fu poi quantizzata: 10 ostaggi per ogni tedesco deceduto. Va detto che la convenzione dell’Aia del 1907 non fa un esplicito riferimento alla rappresaglia, ma la Convenzione di Ginevra del 1929, relativa al trattamento dei prigionieri di guerra, fa esplicito divieto (articolo 2) di atti di rappresaglia nei confronti dei prigionieri di guerra. Kappler, che fu incaricato di eseguire il massacro, si giustificò sempre dicendo che aveva obbedito ad un ordine superiore.
Con quali criteri i tedeschi scelsero gli ostaggi da sacrificare?
Non ci furono serie indagini sui veri responsabili, e così, nella scelta delle vittime, furono privilegiati criteri di connessione con la resistenza militare monarchica e i partigiani, e di appartenenza alla religione ebraica, e successivamente, per raggiungere il numero di vittime volute, un certo numero di ostaggi fu poi costituito da reclusi condannati (o in attesa di processo) per delitti di natura non politica. Costoro furono prelevati dal carcere romano di Regina Coeli, dove erano tenuti prigionieri.
Perché il numero degli ostaggi è salito a 335?
L’ordine di esecuzione riguardò 320 persone, poiché inizialmente erano morti 32 soldati tedeschi. Durante la notte successiva all’attacco di via Rasella morì un altro soldato tedesco e Kappler, di sua iniziativa, decise di uccidere altre 10 persone. Erroneamente (si parlò, a guerra conclusa, di ”fretta” nel completare il numero delle vittime) furono aggiunte 5 persone in più nell’elenco ed i tedeschi, per eliminare scomodi testimoni, uccisero anche loro.
Si conoscono i nomi delle persone uccise?
Delle salme identificate (323 su 335) si ricava che circa 39 erano ufficiali, sottufficiali e soldati appartenenti alle formazioni clandestine della Resistenza militare, 52 erano gli aderenti alle formazioni del Partito d’Azione e Giustizia e Libertà, 68 a Bandiera Rossa, un’organizzazione comunista trotzkysta non legata al Cnl, e circa 75 erano semplicemente dei cittadini di religione ebraica. Altri, fino a raggiungere il numero previsto, furono detenuti comuni. I dodici senza nome ora potrebbero avere identità. Tra loro potrebbe esserci anche quello di un soldato tedesco che si sarebbe rifiutato di eseguire l’ordine di fucilazione.