Varie, 25 marzo 2010
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Moskowitz Irving
• New York (Stati Uniti) 1928. Imprenditore • «[...] ebreo americano di origine polacca [...] sponsorizza i gruppi ultranazionalisti come Ateret Cohanim che comprano palazzi a Gerusalemme Est. Nel 1985 [...] ha acquisito lo Shepherd Hotel, un edificio simbolo per arabi ed ebrei: è stata la residenza di Mohammed Amin al-Husseini, il muftì di Gerusalemme che guidò la rivolta in Palestina e nel 1941 si rifugiò in Germania, dove incontrò Adolf Hitler. [...]» (Daniele Frattini, “Corriere della Sera” 25/3/2010) • «[...] nono di dodici figli, nato a New York e trapiantato — negli affari — tra la California e Miami, dove vive. [...]» (Davide Frattini, “Corriere della Sera” 20/7/2009) • «[...] Nel 1988 acquistò una decadente sala da bingo e oggi è uno degli uomini più ricchi d’America. Amico e finanziatore del premier israeliano Netanyahu [...] smuove da anni i fili della politica mediorientale [...] è un super militante sionista, con due figli praticanti l’ebraismo più ortodosso. È un filantropo molto attivo nel finanziare scuole talmudiche e insediamenti ebraici nel Golan, in Giudea e in Samaria. Ma soprattutto è noto per acquisire palazzi e case nella parte est di Gerusalemme al fine di promuovere la presenza ebraica nei quartieri più contesi della città. [...] La prima volta che il nome di Moskowitz venne ufficialmente legato a Israele fu nel 1960, quando guidò la delegazione di Los Angeles che diede il benvenuto al futuro premier israeliano Menachem Begin. Figlio di poverissimi profughi polacchi, padre di otto figli (di cui due rabbini), ha perso ben centoventi parenti nell’Olocausto. La sorte ha voluto che Moskowitz nascesse a Manhattan, nono di dodici fratelli, costretti dalla crisi del 1929 a trasferirsi a Milwaukee, dove il nonno si guadagnò da vivere vendendo pesce. Dopo aver fatto fortuna come ginecologo e poi come costruttore edile, Moskowitz è stato il pioniere delle cosiddette “strip mall bingo hall”, i supermercati della tombola. Ma invece di accumulare miliardi per spalmarli in attività finanziarie, Moskowitz ha investito nell’unica causa che gli sta veramente a cuore: Israele. Nel 1996 aveva già ispirato l’apertura di un tunnel sotto il Muro del pianto e il quartiere musulmano di Gerusalemme. Nel quartiere arabo di Ras el Amud, a Gerusalemme est, Moskowitz ha poi acquistato cento appartamenti per ebrei. Dalla vendita di una catena di ospedali, “il dottore” ha comprato un edificio in pietra a Gerusalemme, dove ha dato ospitalità al centro ultranazionalista Beit Orot. Poi ha venduto una casa di cura per anziani per comperare lo Sheperd Hotel, subito fuori dalle mura della Città Vecchia, affittandolo poi alla polizia di frontiera israeliana impegnata contro gli arabi durante l’Intifada. È “fiero” d’averlo sottratto al precedente inquilino: il Mufti di Gerusalemme alleato di Hitler nella “soluzione finale del problema ebraico”. [...] Nel 1996, l’anno forte dei suoi investimenti a Gerusalemme, Moskowitz ha donato un milione di dollari all’American Friends of Everest, che si dedica alla rivalutazione di case ebraiche nei quartieri arabi; 576 mila dollari all’American Friends of Ateret Cohanim, un noto seminario di Gerusalemme; 514 mila dollari alla National Council of Young Israel, che organizza inziative pro Israele in America; e così via, fino a vari servizi sociali e a istituzioni di ebrei yemeniti, religiosissimi e poveri. Da allora è stato un fiume di denaro alla destra religiosa. Quando i laburisti di Rabin e Peres congelarono milioni di shekels stanziati dal precedente governo del Likud nei Territori e l’unica forma d’acquisizione legale diventò quella privata, Moskowitz si fece avanti con i suoi miliardi. In questa controversa filantropia oggi lo affianca la figlia Laurie, pronta a prenderne l’eredità. Di una delle sue più note elargizioni ha beneficiato l’istituto Yoni Netanyahu, fratello dell’attuale primo ministro ucciso durante l’operazione antiterrorismo a Entebbe. Durante la prima guerra del Golfo, Moskowitz lanciò l’Operazione Scudo della Torah, recandosi in Israele a offrire sostegno morale ed economico. Si dice che Moskowitz custodisca gelosamente una lettera di David Ben Gurion, in cui il fondatore d’Israele dice: “C’è bisogno di più ebrei nei territori liberati”. Soldi di Moskowitz vanno alla City of David Foundation, dedita alla preservazione della cittadella del re ebreo antica 3.500 anni. A chi gli dice che vuole “giudaizzare” Gerusalemme, Moskowitz risponde così: “Dire che gli ebrei non possono vivere fra gli arabi è razzismo della peggior specie”. Non chiamatelo “estremista”. Il suo, dice, “è un investimento di amore, fede e riaffermazione della visione impartita al popolo ebraico sul monte Sinai”. Gli amici ne parlano come di un “uomo umile”» (“Il Foglio” 18/3/2010).