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 2010  marzo 24 Mercoledì calendario

ISTITUTO DEL RESTAURO, NUOVA «CASA» IN ESTATE

Domani, per la prima volta nella storia del dicastero dei Beni culturali, un ufficiale giudiziario apporrà simbolicamente i sigilli per lo sfratto esecutivo alla sede del prestigioso Istituto superiore per la conservazione e il restauro, ovvero il grande Istituto centrale per il restauro fondato nel 1939 da Cesare Brandi su progetto suo e di Giulio Carlo Argan.
I proprietari dell’immenso stabile di piazza San Francesco di Paola, i Frati Minimi, non hanno voluto in alcun modo accettare le offerte del ministero per un nuovo canone di affitto (250 mila euro l’anno per un triennio). Il risultato è appunto lo sfratto esecutivo, come il «Corriere della Sera» aveva anticipato il 27 gennaio scorso. Evento che segna una storica cesura. Da sempre l’alleanza tra ordini religiosi e ministero dei Beni culturali è stata fortissima. Da domani in poi le cose cambieranno.
Ma per fortuna l’Istituto avrà entro l’estate una nuova, ampia casa. In base a un accordo sottoscritto il 10 marzo, dopo una lunga trattativa tra le organizzazioni sindacali (soprattutto la Uil-Beni culturali guidata da Gianfranco Cerasoli) e il ministro Sandro Bondi, il segretario generale del dicastero Roberto Cecchi (personaggio chiave del faticoso accordo, nella foto) e il direttore generale per il personale Antonia Recchia si è stabilito che l’Istituto avrà sede definitiva nel meraviglioso complesso del San Michele a Porta Portese, nel corpo di fabbrica che va dall’antico Cortile dei Ragazzi sino alla facciata del Fontana su Porta Portese. Lì, un tempo, c’era la vecchia dogana fluviale dello Stato Pontificio.
Una parte degli uffici dell’Istituto è già lì. Entro l’inizio dell’estate, assicura il direttore dell’Istituto Gisella Capponi, il trasloco (200 mila euro di spesa) si concluderà. Occorreranno un paio di mesi lavorativi per trasportare i delicatissimi macchinari da via Cavour al San Michele. Si annuncia insomma un trasloco irripetibile nella sua complessità. Occorrerà smontare il microscopio a scansione che consente di studiare la stratigrafia di un’opera d’arte. Per non parlare dello sterminato archivio fotografico di 150 mila immagini pronto ad andare online (con testimonianze di restauri scattate a partire dal 1942, secondo la modernissima intuizione di Cesare Brandi).
Paolo Conti