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 2010  marzo 24 Mercoledì calendario

PIRELLA, ROMANZIERE DELLA PUBBLICITA’

Quella volta, Emanuele Pirella fece arrabbiare persino Pier Paolo Pasolini e proprio sul «Corriere della Sera». Per via di due slogan che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della pubblicità italiana.
Era il 1973 e il Maglificio di Torino lancia sul mercato nuovi jeans. Li chiama Jesus Jeans: Oliviero Toscani si incarica di fotografare una bella ragazza, sul lato A e sul lato B, e Pirella inventa due headlines di accompagnamento: «Chi mi ama mi segua» e «Non avrai altro jeans all’infuori di me». Il pretore di Palermo Vincenzo Salmeri denuncia Pirella per oltraggio al pudore; il giurì dell’autodisciplina pubblicitaria è costretto a intervenire perché «le due frasi evangeliche offendono il sentimento religioso dei credenti». Pasolini addita quella campagna stampa come sintomo dell’avanzare di un nuovo mondo tecnologico e laico, «di una laicità che non si misura più con la religione».
Che strano destino: nei manuali di pubblicità Pirella viene ricordato soprattutto per questo episodio, lui che è stato il copy italiano che ha fatto dell’eleganza e della cultura il suo timbro distintivo. Lui che era un vero intellettuale prestato alla pubblicità. Chi non ricorda «Chiquita, 10 e lode», «Pirelli. O si odia o si ama», «O così. O Pomì», «Che morbido, è nuovo? No, lavato con Perlana»? La sua pubblicità amava la trasgressione, la rottura del luogo comune, ma l’affrontava sempre con rigore formale, con ironia: «Avete mai fatto l’amore con il sole?» – si chiedeva uno spot del Club Méditerranée – per poi concedere: «Si accettano voyeurs».
Emanuele Pirella era nato a Reggio Emilia (ma lui precisava «Reggio nell’Emilia») nel 1940; si era laureato a Bologna in Lettere moderne. Trasferitosi poco più che ventenne a Milano, con la speranza di entrare in una casa editrice o in un’agenzia di pubblicità, era stato dirottato sulla seconda, su consiglio di Elio Vittorini e Italo Calvino. Nel 1965 entra nell’agenzia Cpv diretta da Gianfranco Livraghi, poi è la volta della Young&Rubicam. Diventa direttore creativo dell’agenzia Italia/Bbdo, fondata con Michele Göttsche e Gianni Muccini. Nel 1981 fonda, sempre con Göttsche, la Pirella Göttsche (oggi Lowe Pirella): tra le numerose trovate si ricordano il veterinario dell’Amaro Averna e l’idea di utilizzare il proprietario dell’azienda, Giovanni Rana, per pubblicizzare i suoi tortellini attraverso raffinate citazioni cinematografiche. Con molti suoi colleghi, da Armando Testa a Marco Mignani, da Maurizio D’Adda a Milka Pogliani, da Giampiero Vigorelli a Pasquale Barbella, da Aldo Biasi a Anna Maria Testa, Gianfranco Moretti, Luca Maroni, Sandro Baldoni e altri ha costituito la generazione dei Mad Men italiani, quando la pubblicità era nel suo pieno sviluppo, industriale e creativo.
La sua vita professionale è stata equamente ripartita tra l’attività di pubblicitario e quella di autore satirico e giornalista. Insieme con Tullio Pericoli, «un caricaturista di splendida ferocia e delicato pittore», ha formato la più celebre coppia della satira di costume, con la deliziosa serie «Tutti da Fulvia sabato sera».
Nella prefazione al libro pubblicato da Garzanti, Oreste del Buono scrive: «Ogni epoca ha la propria Madame Verdurin e Tullio Pericoli (disegni) ed Emanuele Pirella (testi) ci hanno gratificato della nostra Madame nella persona di Fulvia che inesorabilmente ogni sabato sera raduna tutti quelli che, quanto a intellettualità, contano qualcosa e credono di contare di più, quelli che non contano nulla, ma si comportano come se contassero, quelli che forse hanno contato, ma non contano da un pezzo e cominciano addirittura a sospettare di non aver contato mai». Di Pirella, del Buono ci ha forse lasciato la più bella definizione: «Un romanziere di accanito risentimento e micidiale stratega di spericolate campagne pubblicitarie».
Dal 1988 e per più di dieci anni è stato critico televisivo del settimanale «L’Espresso», dove è succeduto a Sergio Saviane. Raffinata, ironica, pungente, la critica di Pirella scavalcava con sicurezza ogni pretesa di rigido inquadramento teorico e privilegiava invece un’analisi «amorosa» di ciò che la tv, creatura polimorfa, diventa nelle mani dei suoi protagonisti. Il suo ideale erano certi programmi di Raitre, ai tempi di Angelo Guglielmi con cui divideva non poche affinità intellettuali.
Col tempo, gli sperimentalismi pubblicitari hanno lasciato il posto a una maggiore consapevolezza, a una più attenta conoscenza del rapporto fra prodotto e consumatore: «Tra committente ed esecutore le campagne vere le fa la gente. Noi abbiamo il compito di prestare l’orecchio e capire i "claim" che la gente borbotta e riscriverli in modo creativo»: "O così. O Pomì" l’ha inventato una casalinga…».
Pirella ha anche fondato un’Accademia della comunicazione «La scuola», in cui ha riunito i migliori professionisti della comunicazione e ha formato una fucina di nuovi tecnici pubblicitari. Ha pubblicato il libro Il copywriter. Mestiere d’arte (Il Saggiatore).
Aldo Grasso