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 2010  marzo 24 Mercoledì calendario

IL MATEMATICO RUSSO CHE RIFIUTA SOLDI E PREMI

In Ungheria nelll’82 vince l’oro allle Olimpiadi della matematica, ma rifiuta una borsa di studio per New York. A Madrid nel 2006 non accetta l’equivalente del Nobel per i matematici. I premi non interessano al russo Grigori «Grisha» Perelman, 43 anni, anche se i successi l’hanno imposto all’attenzione del mondo. «I soldi non danno la felicità, ma procurano guai». Non diversamente dall’Eta Beta creato nel 1943 da Bill Walsh e mandato a spasso da Floyd Gottfredson alla ricerca dell’improbabile « Tesoro di Mook», Grigori «Grisha» Perelman non sembra tenere in gran conto i riconoscimenti in denaro per i suoi successi di matematico che l’hanno imposto all’attenzione del mondo intero. Questo russo di quarantatrè anni aveva vinto in Ungheria nel 1982 una medaglia d’oro alle Olimpiadi di matematica e gli era stata offerta una borsa di studi per New York: come un celebre personaggio di Melville, aveva risposto con un garbato ma fermo «preferisco di no». Il suo Gran Rifiuto si è avuto però quando non ha accettato (Madrid 2006) la prestigiosissima Medaglia Fields, quella che tradizionalmente è considerata l’equivalente del Nobel per i matematici. E dire che se l’era davvero meritata. Aveva, infatti, dimostrato (finalmente!) una celebre congettura avanzata nel 1904 dal grandissimo matematico francese Jules-Henri Poincaré. Si trattava di provare che in tre dimensioni un insieme di punti (tecnicamente, una «varietà») è assimilabile a una sfera se e solo se ogni curva tracciata su di esso poteva contrarsi a un punto, in modo continuo e senza strappi. Potrà sembrare una curiosità per addetti ai lavori, ma giustamente la dimostrazione di Grisha è stata definita un vero e proprio «sfondamento» non solo per gli orizzonti nuovi che ha aperto alla matematica pura ma anche per le applicazioni, specie alla fisica. Come spesso accade in matematica (e non solo), una grande svolta è accompagnata da dubbi, sospetti e polemiche. Così, per esempio, Shing-Tu Yau, matematico cinese di Harvard e autore con Eugenio Calabi di un fondamentale teorema che è oggi alla base della celebre e discussa «teoria delle stringhe», aveva rivendicato la rilevanza dei contributi di alcuni altri importanti matematici cinesi, provocando una comprensibile reazione di Perelman. Ma questa amarezza (non nuova nella storia della scienza: quante dispute per la priorità di una scoperta non hanno turbato l’apparentemente tranquilla comunità dei ricercatori!) non è forse sufficiente a spiegare la ritrosia di questo singolare campione dell’Istituto Steklov di San Pietroburgo (da cui peraltro Grisha si era dimesso nel 2005). Il fatto è che il nostro eroe sembra davvero incarnare un doppio cliché: quello dell’uomo russo, impetuoso, passionale e persino autodistruttivo, e quello del matematico distratto, stravagante che non esita a scegliere di vestirsi senza cura, guardandosi bene dal rispondere alle email e alle richieste di intervista. Se si aggiunge la barba alla Rasputin, c’è proprio il ritratto di uno di quei singolari «nemici» che Walsh e Gottfredson fanno incontrare a Eta Beta nei territori dell’ormai disciolta Unione Sovietica. Ma per Grisha «la soluzione di un problema è già un premio sufficiente». Ora è l’Istituto di matematica Cray di Cambridge (Usa) che gli vuole elargire ben un milione di dollari! Perelman ha risposto che «ci penserà». Come un matematico dell’età romantica, egli sembra ancora convinto che si lavora soprattutto per la «gloria dello spirito umano». Ma la sua decisione metterà alla prova il vecchio detto di Cervantes: «Un buon nome è meglio della ricchezza».
Giulio Giorello