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 2010  marzo 24 Mercoledì calendario

LA GUERRA CHE NESSUNO PUO’ VINCERE

Vi ricordate quei parenti molesti che ci chiedevano se volevamo più bene a mamma o a papà, mentre loro erano lì accanto, sorridenti ma anche preoccupati? Quando si parla di scienza e religione, si ha sempre questa sgradevole sensazione: sei costretto a scegliere fra due alternative che senti, in realtà, non necessariamente alternative. E, anzi, in qualunque modo rispondi, la risposta sarà comunque quella sbagliata.
Thomas Dixon in «Scienza e religione», Codice Edizioni, racconta la storia di come siamo arrivati a credere che o si sta dalla parte della scienza o dalla parte della religione. Certo, soprattutto in un Paese come il nostro, ignorante di scienza e di religione (se pochi hanno letto Galileo ancora meno sono quelli che hanno letto i Vangeli), l’urgenza della presa di posizione politica costringe a scegliere un campo, e tanto peggio per i nostri dubbi. Ma - racconta Dixon - non sempre è andata così e non è necessario che vada sempre così.
Se esiste una religione materialista, nel senso che rimane attaccata al mondo naturale, così come fa la scienza, questa è proprio il cristianesimo: «Tornare alla credenza più tradizionale sulla resurrezione corporea è per un certo verso - spiega provocatoriamente - un’elegante soluzione religiosa al problema di come dare risposta all’avanzamento delle neuroscienze».
Le neuroscienze, come la filosofia ha sempre saputo, sostengono che non può esistere pensiero senza cervello, cioè, per usare una parola un po’ usurata, l’anima senza il corpo. E così il cristianesimo spiega che nel tempo che verrà - in paradiso - godremo di nuovo della pienezza del vivere. Sfrondato dell’apparato teologico, il messaggio è semplice: non c’è vita e pensiero senza un corpo. E non esiste scienziato cognitivo che possa obiettare. In questi termini le battaglie contro la religione sembrano curiose, se non semplicemente sbagliate, se non fosse che tanti uomini di fede raccontano un cristianesimo - per rimanere all’esempio - lontano da quello che si legge nei Vangeli. Ma, appunto, chi li legge i Vangeli?
Allo stesso tempo Dixon è impietoso con chi vuole trasformare la religione in una specie di scienza senza però averne il metodo. Si pensi alla questione del creazionismo (l’autore mostra come la posta in gioco, negli Usa, non è tanto una nuova biologia quanto il controllo della scuola), vale a dire l’idea che l’evoluzionismo sia falso. L’equivoco, qui, consiste nello scambiare la religione per una forma di spiegazione dei fenomeni naturali ed è evidente che l’assunto non funziona, ma non perché le spiegazioni religiose non siano abbastanza buone: semplicemente perché non sono tali.
Un altro esempio che Dixon analizza è quello degli stravaganti tentativi di analizzare scientificamente i miracoli. La scienza è proprio l’atteggiamento di chi non crede che esistano miracoli e, quindi, è evidente che per un ricercatore questi eventi non possano manifestarsi. Ma dovrebbe essere anche evidente che voler dimostrare in laboratorio i miracoli è egualmente insensato, se si ha a cuore l’idea di miracolo. La prudenza della Chiesa dovrebbe essere rivelatrice: l’ultimo miracolo accertato e riconosciuto dalle autorità religiose a Lourdes risale al 1952 e fu un caso di improvvisa guarigione da asma e artrite.
Ma, forse, il punto più spiazzante del saggio ci ricorda come «scienza e religione hanno un punto in comune nella relazione fra ciò che è osservabile e ciò che non lo è». Certo, il modo in cui parlano di ciò che non è osservabile è radicalmente diverso (e quello della scienza è spesso più utile per le nostre esistenze, come dimostra la medicina), ma si tratta comunque di «imprese umane», mosse dalle stesse paure e dalle stesse speranze. Ecco perché non c’è bisogno di sostituire all’ingombrante dio delle religioni il dio della tecnica e della scienza, che rischia di diventare altrettanto ostile. Per quanto possa essere difficile ammetterlo, abbiamo bisogno tanto della scienza quanto di quella tensione verso il futuro che solo la religione sa mettere in movimento.