LAURA ANELLO, La Stampa 24/3/2010, pagina 19, 24 marzo 2010
PALERMO, L’ASSEDIO DEI PRECARI (FOTO SUL COMPUTER DI JDE CARTELLA FOTO 202883)
Pochi giorni fa li avevano chiusi in aula con un catenaccio. Al primo piano, nel cuore del Palazzo municipale, i capigruppo del Comune avevano dovuto battere i pugni e chiamare i commessi per tornare a casa. La sera successiva i sette coraggiosi che si erano presentati in assemblea avevano fatto marcia indietro, scortati dalla polizia in assetto antisommossa. Ieri Alberto Campagna, presidente del consiglio comunale e deputato regionale del Pdl, si è visto recapitare una testa di capretto nella sua segreteria politica, nel cuore di Palermo. Un cadeau accompagnato - come si conviene - da un bigliettino d’auguri firmato ex Pip, sigla che sta per «Piani di inserimento professionale» e che in realtà equivale all’infornata di 3.400 ex detenuti, ex alcolisti, ex tossicodipendenti che negli ultimi 15 giorni hanno paralizzato l’attività del Comune costringendo i politici alla fuga.
Proprio così: le sedute del Consiglio sono state annullate per due volte, nonostante ci sia ancora da approvare il bilancio. I rappresentanti dei partiti si riuniscono in luoghi segreti per sfuggire all’esercito che pretende un posto di lavoro. E che sfila giorno e notte, assediando i palazzi del potere, improvvisando sit-in, bloccando le strade. I capigruppo concordano data e orario delle sedute di nascosto, si tengono in contatto via sms, vanno agli appuntamenti senza auto blu.
Fuori dal bunker, la città risuona degli slogan dei Pip, gli uomini ai quali il Comune aprì le porte nel 2001, alla vigilia delle elezioni che portarono in sella l’attuale sindaco Diego Cammarata. Aspiranti precari, come i «vice sostituti portieri» della Napoli di Così parlò Bellavista. I quali, pagate le cambiali alle urne, adesso vogliono il posto fisso, emuli dei 3.500 Lsu (Lavoratori socialmente utili) che a Palermo sono stati stabilizzati negli ultimi dieci anni mandando a monte i conti, gli organici e le speranze di migliaia di giovani laureati.
«Li abbiamo sottratti al ricatto della politica», ribatteva di recente il sindaco Diego Cammarata a proposito dell’assunzione dei vecchi precari. Adesso tace, nascosto, mentre è la politica a essere finita sotto ricatto. Davide Faraone, del Pd, dice che la democrazia a Palermo è sospesa. Di certo il suo luogo simbolo, il consiglio comunale, è chiuso fino a data da destinarsi. E il presidente ha ricevuto un avvertimento in stile mafioso, sfociato in una denuncia e in un’indagine della Digos.
Il posto ai Pip, quello vero, l’hanno promesso in tanti, a ritmo delle proroghe puntualmente concesse insieme con il sussidio: 620 euro al mese a carico di Pantalone (la Regione siciliana), che con la stabilizzazione lieviterebbero a 820. E pazienza se la Corte dei Conti e i revisori continuano a bacchettare il Comune di Palermo dicendo che deve tagliare, altro che mettersi altra gente sul groppone. Sono 21.886 gli stipendiati tra diretti e indiretti, una robetta da 623 milioni di euro su una spesa corrente di 866 milioni, pagati attraverso fondi statali, regionali e interni. Nel 1998 erano 13.733 e pesavano per 452 milioni.
Una bomba che prima poi sarebbe scoppiata in mano alla politica. Nel 2001, concluso lo stage per tentare un inserimento in enti e società private, i Pip avrebbero dovuto tornarsene a casa. Il commissario straordinario Guglielmo Serio, incaricato di traghettare la città dall’era di Leoluca Orlando alla nuova epoca, assediato da capipopolo ansiosi di intascare voti, firmò per l’inserimento negli uffici del Comune.
Un’altra proroga non gliel’avrebbe negata nessuno se non avessero fiutato che la coperta è diventata corta: l’Amia, la società di gestione dei rifiuti, è al collasso e commissariata, il Comune è sull’orlo del dissesto, i politici di riferimento sono diventati meno sicuri nel rassicurare con una pacca sulla spalla. E allora ecco il colpo d’acceleratore, la richiesta di stabilizzazione attraverso la creazione di una spa, prima che sia troppo tardi e non restino che le ossa da spolpare. L’affare sembrava fatto grazie a Mamma Regione, che stava per assorbire i Pip in un suo carrozzone, la Multiservizi: operazione fallita all’ultimo minuto.
Il governatore Lombardo, con perfida munificenza, ha ripassato la palla al Comune, dopo avere garantito pubblicamente i 36 milioni di euro necessari a pagare gli stipendi per tutto il 2010. I soldi ci sono, insomma, almeno fino a dicembre, ma non c’è burocrate comunale che intenda mettere una firma sopra la stabilizzazione. Ai politici non resta che la fuga con i baffi finti. Fino al prossimo avvertimento.