Glauco Maggi, La Stampa 24/3/2010, pagina 21, 24 marzo 2010
LA CHIOCCIOLINA FA CONCORRENZA A PICASSO
E’ un po’ come l’invenzione dell’acqua calda, ma le trovate più ovvie sono spesso le più geniali. Oggi che il Moma, il Museum of Modern Art di New York, espone come opera d’alto design la chiocciolina - la @ - che miliardi di persone sfiorano ogni giorno sulle tastiere dei computer e dei cellulari, ci si chiede come mai non fosse già lì da tempo, in bacheca.
Il contratto spagnolo
L’ammiravamo tutti, l’avevamo già promossa a brand universale, questa strana «a» con la lunga coda avvolgente. Elegante e ubiqua. Attualissima (ma, non tutti sapevamo, antica). A celebrarla come il simbolo della rivoluzione della posta elettronica (anno 1971, la prima volta in un indirizzo email), e insieme come «geroglifico» gergale moderno di uno scambio commerciale (anno 1536, in una lettera di un mercante italiano e ancora prima in un contratto spagnolo), è stata la intuizione della curatrice del tempio della grafica e dell’immagine, l’italiana Paola Antonelli. Sul sito del museo ha spiegato le ragioni della specialissima «acquisizione», tra giganti come Picasso e Warhol, la prima a non essere costata un centesimo al Moma anche se non è l’unica a non avere un prezzo. Una rivoluzione concettuale, l’ha definita Antonelli, perché il «possesso fisico di un oggetto come requisito per una acquisizione non è più necessario».
La figlia del grano
E’ la storia del simbolo @ a giustificare la scelta di presentarlo al pubblico nello stesso sito che ospita le opere degli artigiani del mobilio scandinavo, le sculture di Carver o i quadri di Hopper. Studiosi dei linguaggi credono che la chiocciolina sia spuntata nel sesto o nel settimo secolo, come evoluzione del latino «ad» (a, verso), per confermarsi poi come simbolo nei contratti commerciali dei veneziani nel sedicesimo secolo: allora simboleggiava l’anfora, un contenitore in terracotta che era diventato una misura standard per certe mercanzie. Traccia di questo uso la si ritrova nello spagnolo attuale, dove la parola «arroba», come viene definita la @ a Madrid, è ancora una unità di misura. Lo è dal lontano 1400, allorché apparve in un documento che accompagnava un carico di grano dalla Castiglia.
Quando inventarono le prime tastiere per le macchine da scrivere della American Underwood Tipewriter, la @ era sempre il simbolo per la «a commerciale», definizione con cui esordì nel 1894 nel primo Dizionario Americano della Stampa e della Legatoria. Da allora non lasciò più la compagnia delle lettere e consonanti più celebri, ma era una cenerentola in attesa del suo scopritore. Standardizzato nel suo stile e nelle sue applicazioni, il simbolo entrò nel 1963 nella lista originale ASCII dei codici per i computer: vi stava come abbreviazione «at» del termine «at the rate of», «al tasso di, al costo di». Ma la gabbia commerciale era sul punto di cedere.
Ci pensò l’ingegnere elettrico Ray Tomlinson, assunto nel 1967 da una high tech company del tempo, la Bolt Beranek and Newman: nel 1971 inventò il primo sistema al mondo di posta elettronica, usando il Model KSR 33 Teletype. La BBN ottenne un contratto con il Pentagono per sviluppare ARPAnet, l’antenato di Internet.
Perché Tomlinson usò la @ per la sua prima e-mail? Il simbolo rappresentava bene il nesso tra il nome dell’utente e l’ente a cui era affiliato. Ma, soprattutto, perché era già lì, sulla tastiera, sottoutilizzato. Da allora è cronaca. Chi impara a leggere oggi conosce la @ prima della a o della zeta, e si stupisce di non trovarla nell’alfabeto.
Protagonista di quell’esperanto digitale che modella e omogeneizza le nostre culture, il simbolo @ si diverte a cambiar pelle nelle lingue del mondo. Chiocciola per noi, è la coda della scimmia per tedeschi, polacchi e sudafricani, la coda del maiale per i norvegesi, un cane per i russi, e il segno del miagolio del gatto per i finlandesi.