Varie, 24 marzo 2010
Tags : Giuseppe Uva
Uva Giuseppe
• Caravate (Varese) 17 giugno 1965, Varese 14 giugno 2008 • « tra settembre 2007 e gennaio 2008 che potrebbe nascondersi la ragione della notte di violenza che ha ucciso a 43 anni Giuseppe Uva. Una notte ancora avvolta nel mistero di troppe domande senza risposta. Pino, come lo ricordano i suoi amici di Varese, ormai lo raccontava spesso in giro. Ad Alberto, che era con lui la notte tra 13 e il 14 giugno 2008, quando eccitati dall’alcol, dopo un tour da un bar all’altro, chiudono via Dandolo con le transenne lasciate sul marciapiede per la Festa dei ciliegi. A Renato P., l’amico di una vita e collega di cantiere. A Enza N., che è stata la sua donna e sua confidente. Della relazione con la moglie di un carabiniere si sa a Varese, e Pino ne è un po’ orgoglioso, un po’ pentito. ”Ogni volta che i carabinieri ci vedevano ci fermavano - ricorda Renato - Ci lasciavano andare, poi Pino diceva: ”Prima o poi devo morire’”. [...] quasi due anni dalla sua morte in una notte piena di misteri, i ricordi degli amici arrivano in procura. Dal settembre 2009 c’è un fascicolo contro ignoti, aperto su richiesta della famiglia. Che chiede la riesumazione della salma e un’altra autopsia. Un’altra verità. [...] Di calci e pugni in strada, di due ore di pestaggi al Radiomobile di via Saffi, Alberto Biggiogero aveva parlato il 15 giugno 2008, senza essere mai interrogato. Mette a verbale le minacce dei carabinieri, l’inseguimento con le sirene, le urla: ”Uva, proprio te cercavo questa notte, questa non te la faccio passare liscia, te la faccio pagare”. [...] che ci fanno sei poliziotti in una caserma dei carabinieri? Perché dalle 3 alle 5, la città resta senza volanti in strada? [...] Sono le ore in cui Alberto Biggiogero è seduto su una panca della caserma. Vede il ”via vai di carabinieri e di poliziotti”. Sente ”le urla di Giuseppe che echeggiano per la caserma e i colpi dal rumore sordo”. Chiama il 118. ”Stanno massacrando un ragazzo” dice all’operatore, che chiama in caserma per avere conferma. ”No, sono due ubriachi - rispondono - ora gli togliamo i cellulari”. Nelle relazioni di servizio si parla di ”atti di autolesionismo”, di ”improvvisa testata contro l’armadio di ferro”, di un uomo che ”continua a picchiare volontariamente il capo al suolo”. Altra contraddizione: se c’è autolesionismo perché si rifiuta il soccorso medico? Perché si aspettano le 5 per il ricovero? Domande senza risposta. Che nemmeno l’autopsia sa dare. Il posto di polizia dell’ospedale lamenta ”di non aver avuto la scheda con la ricezione da parte dell’obitorio del cadavere”. E il dirigente scrive di aver potuto visionare ”molto frettolosamente la salma, perché l’istituto chiudeva alle 12”. Ma individua ”il naso con ecchimosi, così per il collo fino al dorso, di cui non viene fatta menzione nel verbale medico di accettazione”. Testimonianza coincidente con quello che vede Lucia Uva, sorella di Pino. ”Il corpo senza slip, i pantaloni con macchie rosse, tracce di sangue dall’ano”. [...]» (Sandro De Riccardis, ”la Repubblica” 24/3/2010).