ENRICO SISTI, la Repubblica 23/3/201, 23 marzo 2010
QUEI CAMPIONI FINITI IN MANETTE COS IL CALCIO PERSE L´INNOCENZA - C´è
un´ape arancione, all´altezza della partenza dei 100 metri, che aspetta sul tartan lucido dell´Olimpico. Due ragazzoni con la borsa identica ci saltano sopra come se fossero due bombole del gas. Si chiamano Mauro Della Martira e Luciano Zecchini. Qualcuno, molto bene informato, li sta accompagnando a Regina Coeli. Accanto all´insolito mezzo, il pubblico fradicio di pioggia che ha appena visto la Roma battere 4-0 il Perugia in una giornata talmente grigia da pensare che il cielo non sia mai esistito, può scorgere anche un taxi giallo e una 128 della polizia, tanto per rendere la scena ancor più surreale. In tribuna non si capisce quasi niente. Poco dopo a "90° Minuto" Paolo Valenti rimanda le immagini e spiega, in parte, qualcosa di inspiegabile: stanno arrestando il calcio italiano. Pressappoco come nei sogni, avrebbe scritto Buzzati, ma peggio.
Cominciò così, agli occhi della gente comune, in un buio 23 marzo di trent´anni fa, non poi così lontano per consistenza e per natura intrinseca, il romanzo criminale del pallone nostrano. Quel giorno scuro scuro, in cui si perse ogni innocenza pedatoria, ogni presunta verginità di cross, rigori, gol, parate, vennero arrestati dodici giocatori per un mostruoso, e fin lì taciuto (dalla Federcalcio) giro di scommesse, di accordi, di assegni volanti e di partite truccate. Come a Roma la polizia e la finanza, coordinate dal comandante Nanula, irruppero a San Siro, Marassi, all´Adriatico di Pescara, al Partenio di Avellino e alla Favorita di Palermo. Pellegrini, Girardi, Cacciatori, Giordano, Manfredonia, Wilson, Merlo, Albertosi, Morini e Magherini, accompagnati dal presidente del Milan Felice Colombo, finirono in manette. Il tredicesimo, Casarsa, chiamò il giorno dopo da un telefono a gettoni di Piazza Esedra, a Roma, e si consegnò portando però dietro un certificato: «Sindrome depressiva». Evitò la prigione. Della Martira, prima di accomodarsi sul motofurgone, chiese ai gendarmi di potersi almeno fare la doccia. Gli venne concesso.
Tutto era noto. Tracce di pastetta portavano all´anno precedente. I vertici federali cercarono finché fu possibile di non rendere pubblica la peste proprio nell´anno degli Europei. Ma il 1 marzo, con un esposto alla Procura di Roma, il truffatore Massimo Cruciani, travestito da truffato (ed era entrambe le cose), tolse il coperchio dalla pentola del fetido minestrone e sputò il rospo, i mille rospi: «Sono ormai completamente rovinato eppure vivo ancora nel terrore di minacce e rappresaglie».
Cruciani si dichiara vittima di un colossale raggiro ordito dai suoi sodali, i laziali Wilson, Manfredonia, Cacciatori e Giordano, conosciuti al ristorante "Le Lampare" di proprietà di Alvaro Trinca, cui lui fornisce frutta e verdura. I laziali lo spingono a più riprese a scommettere clandestinamente su alcune partite garantendo la buona riuscita del misfatto. Non accade, non sempre, e Cruciani finisce sul lastrico. Indagano la Federcalcio e la magistratura ordinaria, con i pm Monsurrò e Roselli. I calciatori ingabbiati restano in isolamento per undici giorni. La domenica successiva all´arresto chiedono ai superiori una radio per ascoltare "Tutto il calcio". Fuori c´è l´Italia mascherata di promesse ma senza vero benessere. Per capire: sono i mesi in cui impazza Totò Cutugno, che ha appena vinto Sanremo con la tremenda "Solo noi". Si discute se boicottare o meno le Olimpiadi di Mosca. Lo stipendio medio di un calciatore è di 8 milioni al mese, quello di un operaio di 600 mila.
E´ un rosario di eventi si agganciano armoniosamente, ma senza logica. Corrono voci sempre più estreme. A fine marzo Montesi, altro laziale (infortunato all´epoca degli arresti) spiffera tutto a "Repubblica", dice che Wilson gli ha offerto 6 milioni prima del match col Milan del 6 gennaio, ma poi ritratta. Si sparge la notizia del fermo di Gianni Rivera. Smentita. Il calcio si sta squagliando. Col passare dei giorni si trasforma in un rivolo di acqua sporca e comincia a defluire in una fogna grazie alle cattive amicizie di chi lo anima, amicizie composte da trafficanti, imbroglioni piccoli e grandi, lacché, parassiti, che come locuste passano e distruggono pensando di concludere ogni giorno l´affare della loro vita (Cruciani lamenterà un buco di 300 milioni). La fragile psiche di molti dei protagonisti in campo, malati di soldi, fa il resto. Vengono coinvolti decine di altri campioni, fra cui il peggio messo, ad un certo punto, è proprioPaolo Rossi, reo anche di vivere nel guasto spogliatoio del Perugia di quei tempi. Rimane impigliato anche Dossena.
Il primo e indimenticabile scandalo scommesse, col suo coté di gangster de´ noantri, approda a due gradi di giudizio sportivo. La Caf modifica di poco le decisioni della Disciplinare: Milan e Lazio in B, Avellino, Bologna, Perugia -5 l´anno successivo. Cinque anni e sei mesi Pellegrini, cinque a Cacciatori e Della Martira, quattro ad Albertosi, tre e sei mesi a Magherini, tre a Wilson, Manfredonia, Giordano, Savoldi, due a Rossi. Poi gli altri. Inibizione a vita per Colombo. L´ecatombe, prevista, spinge alla riapertura delle frontiere. Ma non basta. Gli Europei, prima della sentenza, finiscono in un disastro. Bearzot non può disporre di Rossi e di Giordano. A dicembre, per mancanza di una legge che considerasse reato il truccare le partite, la magistratura assolve tutti perché il fatto non sussiste. Nell´82, dopo la vittoria mondiale, amnistia per tutti. Ma è solo la prima puntata della grande truffa.