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 2010  marzo 23 Martedì calendario

«COSI’ MIO MARITO CHARLES SCHULZ HA RESO POSSIBILE IL SOGNO»

Come si fa a inventare la coperta di Linus? Che poi è la domanda sul segreto della genialità: cosa ci vuole per tirar fuori dal niente una cosa che, dal momento stesso della sua comparsa e ininterrottamente da oltre mezzo secolo, e certamente per chissà quanto ancora, continuerà sempre a essere quella figura retorica granitica, immutabile e perfetta, con buona pace del circostante mutare dei tempi, della società, dei costumi? «Beh, mio marito Sparky è semplicemente riuscito a realizzare il suo sogno: disegnare una comic strip». Una fortuna reciproca: «Da una parte lui ha reso vero un sogno, dall’altra il suo sogno ha reso vero lui».
Naturalmente «Sparky» era Charles Monroe Schulz, il soprannome glielo aveva dato uno zio nel ”22 quando era ancora neonato, prendendolo dal cavallo di un fumetto di allora: andatosene lui il 12 febbraio del 2000 dopo cinquant’anni di Peanuts disegnati senza sosta fino praticamente al suo ultimo giorno di vita, sua moglie Jeannie è arrivata in Italia ieri sera per partecipare alla celebrazione di un decennio di storia in più: «Charlie Brown, i suoi primi sessant’anni». La cerimonia è fissata per le cinque e mezza di domani pomeriggio nell’aula Giorgio Prodi dell’Università di Bologna e il posto d’onore tra i concelebranti accanto alla signora Schulz l’avrà lo stesso Umberto Eco che 45 anni fa, nell’aprile del ”65, tenne a battesimo con un’intervista a Elio Vittorini nonché al direttore-fondatore Oreste del Buono l’esordio italiano di Linus, praticamente il primo sbarco dei Peanuts in Europa dopo che già da un quindicennio dominavano lo spazio-strip dei giornali americani. Sul palco tra gli altri domani anche l’editore Alessandro Dalai nonché il grafico Salvatore Gregorietti, che del Linus italiano disegnò la prima copertina.
Jeannie Schulz, in realtà Jean Forsyth Clyde, in questo caso non parla solo come (seconda) moglie dell’uomo di cui ha diviso gli ultimi 26 anni ma come colei che si è incaricata sin dal primo momento – e più che mai da quando è presidente del Charles M. Schulz Museum and Research Center – di difenderne l’eredità umana e artistica: a cominciare dalla volontà di Sparky, sino ad oggi mai tradita da alcuno, che dopo di lui nessuno mai ridisegnasse anche una sola delle sue creature. «I Peanuts sono stati, anzi sono’ dice ripetendo ciò che da anni ripete da un capo all’altro del mondo’ un fenomeno unico e irripetibile, neppure imitabile se non nella forma "striscia": certamente mai nella straordinaria sostanza».
Che in effetti viene colta immediatamente, all’indomani del loro apparire: in pochi anni Charlie Brown e Snoopy, Linus, Schroeder, Lucy e gli altri sono già ospiti fissi su milleseicento quotidiani in 75 Paesi. «Ci sono studiosi e semiologi’ continua Jeannie quasi schernendosi – che in sei decenni hanno analizzato le ragioni del successo di Charlie Brown molto meglio di quanto potrei mai fare io. Credo che il punto fondamentale sia stata la capacità, direi istintiva, di comunicare la profondità di ogni singolo aspetto della vita con candore e semplicità». Il semiologo Eco, per la verità, lo scriveva già nel ”63 in un articolo che «The New York Review of Books» riprese tradotto nell’85: personaggi in cui ci riconosciamo in quanto «mostri», e più precisamente «mostruosa riduzione infantile di tutte le nevrosi della civiltà industriale» – ma anche di questa post-industriale, e terziaria, e molte altre cose che Schulz nemmeno ha fatto in tempo a vedere – col geniale accorgimento di «esprimerle non direttamente bensì filtrate attraverso l’innocenza dell’infanzia».
Paolo Foschini