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 2010  marzo 23 Martedì calendario

QUANDO CARLO CATTANEO DISSE A GARIBALDI "DIFENDIAMO LA NAZIONE" - VARESE

Provate a immaginare. Garibaldi che chiede a Cattaneo di occuparsi delle ferrovie del Sud. E Cattaneo che gli risponde "no, grazie". Ora pensate a Garibaldi che concede l´appalto per la costruzione della stessa rete di trasporti alla società di due banchieri livornesi. Che però Cavour considera maneggioni e furfanti: e dunque per niente affidabili. Garibaldi mette in mezzo Cattaneo, lo prega di conciliare: ma non è cosa. Infatti la commessa, alla fine, va alla Società Vittorio Emanuele, a capitale per lo più francese.
Sarebbe una storia perfetta nell´Italia di oggi. Invece siamo nel 1860, a un anno dalla proclamazione del Regno (Vittorio Emanuele re, Cavour confermato alla guida del governo). tutto vergato a penna e calamaio in un carteggio tra Carlo Cattaneo e Giuseppe Garibaldi. Due delle tante lettere e manoscritti inediti raccolti dal neonato "Centro internazionale insubrico Carlo Cattaneo e Giulio Preti", fondato nella sede dell´università degli studi dell´Insubria e diretto dal professor Fabio Minazzi, ordinario di filosofia teoretica.
Il centro, fortemente voluto dal rettore Renzo Dionigi, ha aperto il suo archivio a Repubblica. Vi sono contenuti diverse centinaia di documenti e autografi di alcune grandi personalità della storia europea del XIX e XX secolo, la maggior parte delle quali riconducibili a Cattaneo. Patriota, politico, filosofo, scrittore lombardo. Una delle voci principali della riflessione italiana dell´800. Il materiale proviene dalla raccolta privata dell´avvocato Guido Bersellini, ex partigiano discendente degli editori "Capolago" - la famiglia di tipografi elvetici che stampò alcune pubblicazioni di Cattaneo nei suoi vent´anni di esilio volontario a Castagnola, oggi Lugano. «Con 267 testi solo suoi, gli scritti, molti dei quali mai pubblicati, ci consentono di ricostruire con maggior rigore la figura e il pensiero di Cattaneo razionalista critico neoilluminista - spiega Fabio Minazzi - . Lui era repubblicano, democratico e federalista».
Già. E qui sorge la domanda: e se Carlo Cattaneo non fosse (solo) quel pioniere del federalismo spinto che la Lega, dai primi anni ´90, ha eletto a icona resettando ogni altra possibile declinazione del suo pensiero? L´idea che sia stato un po´ tirato per la giacca viene leggendo le sue parole. Per esempio quando, ormai rassegnato a veder «consegnar questo regno all´inevitabile Cavour», e dunque al centralismo dei Savoia, sempre al «dittatore Garibaldi» Cattaneo suggerisce di difendere i suoi sostenitori repubblicani.
Ricordando, peraltro, l´obiettivo democratico federalista strategico di «Venezia e Roma!». «Va riaffermata una verità storica: Cattaneo era prima di tutto favorevole all´unità della nazione - dice Daniele Marantelli, deputato varesino del Pd, «uomo in trincea» in quanto unico politico non leghista presente nella fondazione "Carlo Cattaneo", che riunisce lo stato maggiore del Carroccio e di cui è presidente onorario Umberto Bossi - . In lui non si trovano venature separatiste, perché è stato un teorico della libertà e della difesa dei diritti dal basso». Ci sono, certo, gli scritti nei quali il «lombardo» consegna al futuro presidente del Consiglio dei ministri, Francesco Crispi, il messaggio «ogni fratello padrone a casa sua» (ripreso dal gettonato slogan leghista «padroni a casa nostra»). Ma ci sono anche quelli ad alto tasso "unitario", nei quali Cattaneo esprime tutta la sua adesione all´unità d´Italia, dalle Alpi alla Sicilia. E, soprattutto, la ferma contrarietà alla monarchia.