Enrica Granzilli, Il Messaggero 21/3/2010, 21 marzo 2010
LA PRINCIPESSA INDIA: PER SALVARE KABUL DEBELLIAMO I TRAFFICI DI OPPIO E DI ARMI
Un Afghanistan sicuro e con un governo stabile è indispensabile non solo per gli equilibri regionali, ma per la sicurezza mondiale. La nuova strategia di guerra del presidente Obama ha portato il numero complessivo dei militari presenti nel paese a 135.000 uomini. Eppure, nonostante questa presenza massiccia, gli attacchi suicidi talebani di sabato scorso a Kandahar, che hanno causato almeno 35 morti e 60 feriti, hanno dimostrato che il paese è ancora incontrollabile. La rielezione del 2009 del presidente Karzai è stata screditata dalla bassa partecipazione al voto, da intimidazioni ai cittadini e dalle accuse di brogli. L’Afghanistan è nel caos. La pace e un governo democratico sono possibili? Le forze occidentali sono in grado di garantire un maggiore benessere alla popolazione civile?
Lo abbiamo chiesto a India d’Afghanistan, figlia di Amanullah Khan, il re che governò il paese dal 1919 al 1929, lo modernizzò e lo guidò alla piena indipendenza dalla Corona britannica. Fu costretto a fuggire per una rivolta capeggiata dai capi religiosi e sostenuta dall’Inghilterra. Dal 2006 la principessa è ambasciatore per la Cultura e i Diritti Umani dell’Afghanistan presso l’Unione Europea e vice presidente della Fondazione Culturale Mahmud Tarzi, stabilita a Kabul per costruire scuole e centri sanitari con i fondi internazionali.
Principessa, cosa c’è dietro il perdurare della crisi afgana?
«Il problema maggiore è il ”grande gioco” che ancora continua perché c’è un traffico intenso di armi dall’occidente verso i talebani. D’altronde, molti paesi industrializzati producono armi per venderle e per vie dirette o indirette i ribelli le comprano. Ricevono anche soldi dall’Occidente».
Che ruolo ha il business dell’oppio nella guerra?
«E’ l’altro grande problema, la compravendita di oppio, che finanzia la guerriglia talebana. Le coltivazioni sono molto estese e ben visibili anche di notte, i fiori sono alti e hanno colori sgargianti: perché gli americani per scovare Bin Laden hanno bombardato il sud del paese con bombe all’uranio impoverito, che hanno minato il sottosuolo e prodotto nubi tossiche che stanno causando seri problemi di salute e malformazioni ai neonati e agli animali, e non hanno distrutto i campi? Ci sono troppi interessi coinvolti in tutto questo e non è chiaro chi vuole cosa e quali siano le alleanze. L’invasione anche completa del paese non serve se l’Occidente vende armi ai talebani e compra l’oppio».
Come arrivare quindi ad un percorso di pace plausibile se la posta in gioco è così complessa?
«Questa guerra fa comodo a molti e qualcuno si arricchisce, anche i paesi limitrofi, ma certo non la massa della popolazione che è sempre più povera. La pace è un processo che può avvenire solo in tre modi: innanzi tutto bisogna ristabilire l’agricoltura con nuovi pozzi e sistemi di irrigazione, iniziando coltivazioni come quella dello zafferano. Poi bisogna che l’esercito americano, che è il più numeroso, sia costituito da soldati qualificati con un carico di umanità e di valori maggiore, come gli italiani o i belgi, che lo fanno per il salario ma hanno dei principi morali di riferimento più solidi».
La cultura, l’istruzione che parte possono avere?
«Il terzo punto è proprio la cultura: bisogna costruire una classe di insegnanti locali che educhi allo stesso modo bambini e bambine, senza inculcare precetti coranici che non esistono come l’obbligo del velo completo. Il Corano dice espressamente che maschi e femmine devono ricevere un’educazione scolastica pari. A questo dovrebbero servire le truppe occidentali qualificate: per garantire la riforma agraria e l’educazione dei giovani».